BORSELLI, IL “REINGEGNERE” DEL 118 CHE COMPIE 30 ANNI… SENZA MANCO UNA CONDIZIONALE
Il 118 ieri ha compiuto trent’anni. Se li avesse fatti di galera, oggi starebbe chiedendo i permessi premio. Invece no: torta, microfoni, buffet e pacche sulle spalle. Noi di Iacchite’ lo avevamo detto. Avevamo anticipato tutto. E infatti c’eravamo.
Vi risparmiamo le solite menate tra vecchi volponi dell’emergenza-urgenza calabrese, quelli con le panze così piene “ca pàranu pallùni”, quelli che raccontano il passato come se fosse stato il Vietnam e oggi mangiano come se fosse un matrimonio lucano di tre giorni. Talmente “abbùtti” che quasi quasi… un cridìanu aru dijùnu.
E avevamo anticipato pure un’altra cosa: tolta Cosenza (e Catanzaro, con molta indulgenza), nel resto della Calabria il 118 viaggia ancora con ambulanze che sembrano ex voto. Due ceri al posto dei lampeggianti, sirena a pompetta tipo clacson della Balilla, nelle versioni premium. In quelle base, la sirena è direttamente il paziente che urla. Tecnologia immersiva, signori!
ENTRA LUI : IL RAS DEL 118 COSENTINO, IL MEDICO VOLANTE
Ed è proprio per questo scenario da Medioevo avanzato che viene dato il microfono al Ras del 118 cosentino, il medico volante, l’uomo che non invecchia mai: Riccardo Borselli. Appena gli astanti capiscono che sta per parlare, partono scene di panico degne di un film catastrofico:
1. Un infermiere tenta la fuga fingendo un arresto cardiaco, ma viene rianimato troppo in fretta. 2. Un autista inciampa sul buffet e finisce dentro una vaschetta di cous cous solidale. 3. Due dirigenti si incastrano tra loro cercando di applaudire preventivamente. 4. Un vecchio volontario si segna tre volte e chiede l’estrema unzione. 5. Un microfono cade da solo. Per legittima difesa. Poi Borselli parla. E lì parte la fantascienza… in 8 punti.
1. IL 112: IL TRIANGOLO DELLE BERMUDA DEL SOCCORSO
“Abbiamo reingegnerizzato l’intero sistema in 5 mesi, attivando il 112”. Reingegnerizzato. Non si sa se in italiano, ma sicuramente in calabrese operativo significa: aggiungere un passaggio inutile tra chi chiama e chi deve correre. In una regione con un territorio difficile e strade mulattiere, dove perdere minuti equivale a perdere vite, il 112 serve a una cosa sola: a perdere tempo con eleganza nordica. Tu chiami disperato, ti rispondono gentili, ti chiedono nome, cognome, codice fiscale, gruppo sanguigno, segno zodiacale… e intanto il paziente si organizza il funerale.
2. LA LOMBARDIA, QUESTA BENEFATTRICE DISINTERESSATA (bott’e chiùmmu…)
“Abbiamo lavorato con la grande Regione Lombardia”. Sì. La Lombardia. Quella che ci ha venduto “casciòtte” spacciate per ambulanze a peso d’oro, tecnologie già obsolete e sistemi che funzionano solo a Bergamo con la fibra ottica e i marciapiedi dritti. Qui invece li monti, li fai funzionare ancora coi criceti sulla ruota e diventano purmùni ccùre rote. Polmoni con le ruote. Senza aria. Un affare imperdibile. Per loro…
3. LE ASSUNZIONI: TANTI , MA PEGGIO
“200 autisti e 200 infermieri, numeri che non si vedevano dai primi anni”. Vero.
Ma la verità è che quando si era in pochi si lavorava meglio, anche se si stava peggio. Come faceva elegantemente notare il grande dottore Febbraio. E comunque 200 non sono abbastanza, visto che si deve ricorrere ai privati per occupare una postazione in più… senza neanche riuscirci. Oggi sono in tanti, bravi operativi ma dispersi, mal coordinati, sopratutto demotivati e spesso mandati dove servono meno.
Un esercito senza bussola.
4. I MEDICI CHE NON VOGLIONO VENIRE. CHISSÀ PERCHÉ…
Qui Borselli quasi piange e fa lo gnòrri (finge di non sapere, di non ricordare…):
“I medici non scelgono questi servizi. Oggi ne abbiamo 46, quasi tutti vicino alla pensione”. Che tenero. Peccato dimentichi di dire una cosetta da nulla: l’ultimo concorso serio, quello dove i medici parteciparono in massa, fu un capolavoro di “mùelici” (imbrogli). Chi segue IACCHITE’, ricorderà che ci siamo occupati del caso in quattro puntate.
Curriculum ignorati, requisiti calpestati, punteggi dati “accasàcciu”, professionisti scavalcati da “sbarbatìelli” freschi di laurea, selezionati dalla cricca come al casting di un talent. Dopo di che, grazie al cacchio che i medici disertano. Non è disaffezione. È memoria storica.
E continuando di questo passo, non diventerete attrattivi mancu si vi mintìti ‘ncapu i corne d’e renne ccure lucine russe ca pappicìanu.
5. ELISOCCORSO: VOLARE BASSO
Servizio notturno, nuove gare, 26 siti operativi. Traduzione: altra selezione interna fatta a modo suo. Infermieri senza il requisito base dei 5 anni sui mezzi di soccorso, preferiti a chi l’ambulanza la vive davvero. Primo fra tutti? L’immarcescibile MARCO LARATTA, insieme ai compari “d’aria condizionata della Centrale”.
Quelli che vedono l’ambulanza solo sui monitor o in qualche serie Netflix. C’è chi lavora per vocazione, chi per missione… e poi c’è Marco Laratta, che lavora per accumulo. Prestigio, incarichi, gettoni, indennità: se luccica, lui c’è. Ecco alcuni casi, documentabili solo dalla fisica quantistica.
1. Turno in ambulanza?
Non ci sale mai, ma è pronto a spiegarla meglio di chi ci vive dentro. La vede solo sul monitor della Centrale, però la conosce come Google Maps. Senza traffico.
2. Incarico in elisoccorso senza requisiti?
Nessun problema. I 5 anni sui mezzi li ha “sentiti raccontare”. Vale lo stesso. L’importante è volare, possibilmente sopra gli altri.
3. Emergenza reale sul territorio?
Lì no. Troppo imprevedibile, troppo sudore, zero visibilità. Meglio un incarico astratto, con titolo lungo e compenso certo. L’eroismo va bene, ma non paga a fine mese.
Insomma… c’è chi corre verso il paziente
e chi corre verso l’incarico. Laratta corre benissimo. Ecchisenefrèga degli altri colleghi, quelli idonei sul serio, professionisti sul serio, sempre sul campo e sul pezzo… quelli che non leccano culi e non hanno bisogno della sua “intercessione”! Camìnassiru a Corso Mazzini. A piedi. E senza elicottero! E poi ci si chiede perché anche gli infermieri disertano i concorsi…
6. LE AMBULANZE FANTASMA E LE POSTAZIONI SULLA CARTA
“140 nuove ambulanze e postazioni da 54 a 75”. Ma non erano 90? O nel conto ci sono pure auto, furgoni e bare con le ruote rifilateci dalla Lombardia? E le postazioni?
Molte non operative perché le associazioni private, giustamente, senza soldi e senza convenzioni chiare… u càntanu mìsse! Convenzioni che restano secretate. Cassaforte chiusa, chiave persa. Trasparenza livello talpa cieca.
7. I 24 MINUTI. IL MIRACOLO MATEMATICO
Tempi di risposta: da 30 a 24 minuti e mezzo. Domanda semplice: da quando partono?
Dalla chiamata? Dall’arrivo sotto casa? Dall’ingresso in cucina? Dal momento in cui l’operatore si toglie il giubbotto? Perché, per esempio, per arrivare in codice rosso a Bisignano, Montalto, Luzzi e tutti quei paesini relativamente vicini a Cosenza… meno di 30 minuti (quando l’unica ambulanza più vicina è occupata…) non li fai manco con il teletrasporto. E soprattutto: una parola sulle morti che gridano giustizia?
Serafino Congi. Carlotta La Croce. Anche lì erano 24 minuti?
O qui siamo alla propaganda stile Occhiuto, quello del “va tutto bene” mentre la gente muore?
8. AZIENDA ZERO: TANTO DIGITALE, TANTI SOLDI PUBBLICI EVAPORATI, ZERO OPERATIVITÀ
Il gran finale: Azienda Zero. Un baraccone senza dipendenti, pochi dirigenti, molto caviale e zero risultati. Gandolfo Miserendino annuncia trionfante la digitalizzazione delle cartelle cliniche… dopo circa 3 anni. Fantastico. Così i calabresi possono morire meglio, più organizzati, guardando la cartella sul PC mentre aspettano un’ambulanza che non arriva.
Insomma… questo non è un anniversario. È una messa cantata dell’ipocrisia, celebrata mentre la sanità calabrese resta un’emergenza cronica, strutturale, voluta e difesa. E se Borselli ringrazia tutti. I Calabresi no. I Calabresi guardano, ricordano e soprattutto hanno imparato a distinguere la realtà dai proclami. Perché qui in Calabria non servono altri microfoni. Serve vergogna e voglia di cambiare davvero, e quelle non le “reingegnerizzi” in cinque mesi.











