Calabria. Concessioni demaniali, tutta la debolezza (o paura?) della politica

di Saverio Di Giorno

Tutta la debolezza (o forse la paura?) della classe politica locale e regionale emerge nella questione delle concessioni demaniali marittime. La volontà è quella di prorogare ancora. A tutti. A tutti i costi. Ma perché c’è tutta questa preoccupazione?

Perché il demanio significa affari e sugli affari non si mette mano. Essendo il demanio uno degli aspetti principali dell’amministrazione è naturale che sui permessi, sulle concessioni si costruiscano interessi e investimenti. Interessi che fanno a capo a noti locali o non precisate società, che si mantengono su pressioni, pacchetti di voti o addirittura possibile corruzione direttamente. È questo almeno quello che sembra da un audio che avevamo ottenuto in una ricerca sulla costa alto tirrenica e che resta a disposizione delle autorità che volessero approfondire.

Link à https://www.youtube.com/watch?v=QD0bCfdw4P0

Ma le autorità vogliono prorogare. Il Consiglio di Stato recependo la tirata di orecchie dell’Unione Europea aveva detto che le proroghe delle concessioni demaniali sarebbero state illegittime. In sostanza, il massimo organo della giustizia amministrativa italiana sosteneva la necessità rifare tutte le procedure di gara per le concessioni demaniali. Il governo ovviamente ha fatto finta di non sentire e non si è fatto trovare pronto alla scadenza (2023). In Calabria, i beni demaniali sono gestiti dai comuni i quali hanno pensato bene di adottare ugualmente le proroghe per le concessioni demaniali. La scusante è che “solo il 33% delle aree demaniali disponibili è occupato da concessioni.” E dal momento che non c’è scarsità della risorsa naturale, non si applicherebbe l’articolo 12 della direttiva europea. Troppo importanti per la stabilità economica. Tradotto: panico. Se ne riparla nel 2025. Questa è la motivazione di Scalea che segue a ruota praticamente quasi tutti i comuni calabresi.

Poco importa se l’Italia ha una percentuale bassissima di spiagge libere confronto ad altri paesi europei, se bisognerebbe procedere (per ragioni di redistribuzione, di equità e di ambiente) alla liberazione degli spazi naturali. Ma non solo questo dovrebbe spingere la politica ad accelerare invece che a rimandare. Il demanio dovrebbe essere rivoltato come un calzino per andare a verificare e rompere eventualmente i potentati locali.

Ce ne siamo occupati a più riprese anche su Scalea. I racconti pervenuti raccontavano di situazioni di vero e proprio riciclaggio e di pressione attraverso giri di prestanomi di società (ora russe ora con più soci) sugli imprenditori locali perché gli introiti rimanessero tra pochi. (Qui l’articolo – https://www.iacchite.blog/scalea-indagini-su-oltre-50-concessioni-demaniali-irregolari-bisogna-colpire-gli-imprenditori-a-capo-delle-bande/  ) Ancora, era emersa dagli archivi un’indagine della Guardia di Finanza su oltre 50 concessioni non a regola? Sono ancora così? E si prorogheranno anche queste?

C’è anche di peggio. Nel corso delle ricerche su tutta la costa (da Scilla a Scalea passando per Bonifati, Diamante ecc.) erano emersi interessi dei clan locali, possibili casi di conflitti di interesse con gli amministratori o addirittura ingerenze che sembrano tanto assomigliare a corruzione per sistemare le situazioni (https://www.iacchite.blog/praia-scalea-diamante-e-bonifati-il-demanio-come-il-paese-dei-balocchi-di-saverio-di-giorno/)

Di tutto questo la magistratura pare non essersi interessata … e ad oggi nemmeno la politica. Evidentemente il clima di terrore rende… Eccome se rende…