Calabria, ecco come la massomafia di stato ha messo le mani sulla sanità (di Fabio Menin)

La sanità calabrese è commissariata ormai da più di dieci anni. Perché? Per vari motivi, ma allo stato interessa un motivo innanzi tutto: il debito sanitario. 3,5 miliardi di euro di debito tra le varie province calabresi che sono soldi che non si sa dove siano finiti.

E qui comincia il bello: sì, perché come diceva Falcone per arrivare alla mafia basta seguire il percorso dei soldi. Ma che diamine… pure nella sanità in Calabria ci sono i mafiosi?  Vediamo di capirci meglio.

E’ acclarato da relazioni e indagini dello stato e del ministero della salute che medicine e servizi che in altre regioni hanno un costo “x” ben preciso e fisso, in Calabria invece hanno un costo variabile di parecchio superiore alla media italiana. Chi fa queste spese? I medici e il personale nelle corsie, e nelle farmacie ospedaliere, i primari forse, ma tutto passa sotto la mano di cosiddetti direttori generali i quali a loro volta stanno sotto i commissari nominati dal governo (che si interfacciano con la regione gestore delle strutture ospedaliere). Riassumendo: negli ospedali in Calabria la regione ha il potere di gestire le medicine, gli atti di servizio, i turni e tutto quanto accade dentro, e il governo tramite il commissario ha il potere di controllare ed eventualmente correggere quanto accade.

Ebbene, in questi anni in cui vari commissari di governo si sono succeduti nelle varie Asl calabresi (che sono 5 come le province) non ho visto nessun primario, operatore, o responsabile sanitario che sia stato rimosso dal suo incarico, o sospeso da chi aveva il compito di controllare ciò che avviene nelle corsie e negli ospedali e nelle direzioni sanitarie. Altrettanto non ho visto nessun direttore sanitario perdere il posto o essere mandato in pensione anzitempo a seguito dei tanti scandali avvenuti in varie Asl.  I commissari si cambiano solo nei periodi di elezioni, quindi in stretta relazione con la politica.

Quindi questo vuol dire che nelle strutture sanitarie calabresi c’è una struttura di potere che nessuno finora a è riuscito a scalfire e che è evidentemente responsabile del buco di 3.5 miliardi di € delle finanze sanitarie regionali. Dove sono finiti questi soldi?  Io dico che se medici, infermieri, operatori sanitari sono stati di fatto nominati per via politica, o perlomeno col consenso politico, la politica regionale (e locale spesso) ha la responsabilità della gestione di questi soldi. Naturalmente non possiamo escludere che proprio una buona parte di quel personale sanitario nominato per via politica collabori a questa allegra gestione dei fondi.

Questa si chiama: MAFIA della sanita’!

Perché scomodare il nome di MAFIA per queste vicende? Perché sono centri di potere legati a politica e massoneria che si avvalgono di metodi illegali o comunque poco leciti per prolungare affari più o meno loschi e perpetuare inefficienze del sistema sanitario. Che cosa importa se un infermiere o anche un medico timbra il cartellino e poi va a fare la spesa o al bar e nelle corsie non si fa vedere? Che cosa importa se un direttore sanitario autorizza spese assolutamente fuori controllo? A chi importa se un primario non riesce a produrre risultati sanitari di buon livello e i pazienti devono emigrare? Il tutto poi ha dei risvolti direttamente politici, perché alle elezioni, dai traffici sanitari provengono molti voti che poi vanno a candidati di dubbia moralità politica.  Queste ed altre illegalità o inefficienze sono alla base del deficit sanitario calabrese, insieme ai soldi che la regione paga alle altre regioni italiane perché i suoi cittadini possano curarsi, visto che in Calabria pare spesso non sia possibile. Ora siccome l’80% della spesa regionale calabrese è assorbito dalla sanità appare piuttosto logico pensare che di questa torta la mafia, che ha solidissimi appoggi in regione, riesca ad intercettare una bella fetta a cui dobbiamo aggiungere anche  i quattrini incassati dalle sanità delle altre regioni.

E’ un sistema quindi ben collegato tra ndrangheta, massoneria e politica che nella sostanza controlla anche la politica e la gestione della sanità calabrese. Non sarà certo questo striminzito intervento di denuncia che cambierà le cose, ma a tutti coloro che dall’alto della loro cattedra universitaria hanno gli strumenti per dare numeri e cifre per provare ciò che affermo in questo articolo e non li usano, mi rivolgo per dire che anziché candidarsi alle elezioni politiche regionali o locali, farebbero meglio a fare il proprio dovere  di analisi, studio e se occorre denuncia dell’illegalità che alberga anche nelle istituzioni sanitarie della nostra Calabria. Speriamo che ci sia qualcuno di buona volontà e coraggio che se la senta una volta tanto di andare controcorrente e di usare gli strumenti a disposizione nelle istituzioni (compresa la magistratura) per correggere una stortura che ormai ha dell’incredibile, perché da tanto tempo si ripete a danno della salute dei calabresi.