Calabria, faida tra magistrati: la genesi

Capirci qualcosa resta difficile. Cosa sta realmente accadendo all’interno della magistratura calabrese si può solo ipotizzare. L’unica certezza è, così come vi avevamo già raccontato, che la faida tra magistrati in Calabria è concreta, e a tutt’oggi in atto. Questo è pacifico per tutti. Le indiscrezioni giornalistiche de Il Fatto Quotidiano – dallo scontro tra il dottor Lupacchini e il dottor Gratteri davanti al CSM, alla “notizia” dell’iscrizione nel registro degli indagati presso la procura di Salerno di 15 magistrati calabresi per reati che vanno dalla corruzione, alla fuga di notizie, fino alla collusione con la ‘ndrangheta – confermano quello che noi avevamo già annunciato. E lo avevamo scritto perché noi, a differenza degli altri, avevamo le prove dell’esistenza di questa faida: “tutta la redazione” è stata ascoltata come persona informata sui fatti dai pm di Salerno, in merito proprio all’operato di diversi magistrati di Cosenza, Catanzaro e Castrovillari. Ore e ore di domande sulle tante “notizie di reato” che nel corso di questi anni abbiamo scritto sulle numerose malefatte che si sono consumate all’interno della procura cittadina e non solo.

L’impressione, derivante da questi “interrogatori”, è stata quella che i pm di Salerno cercassero, attraverso domande faziose, di addossare le responsabilità di questa faida ad alcuni magistrati indagati e oggetto delle domande, piuttosto che ad altri sempre indagati e quasi mai oggetto di domanda. In poche e chiare parole: le domande miravano ad avere risposte accusatorie nei confronti di un determinato magistrato, con la sola finalità di “scagionarne” un altro. Impressione che è stata confermata dalla celerità con la quale i pm di Salerno si sono adoperati per far arrivare a giudizio, ad esempio, il dottor Facciolla, attuale procuratore capo di Castrovillari, oggetto di molte domande a noi rivolte. Mentre per tutti gli altri vige il silenzio. Si dirà: le indagini sugli altri magistrati sono complesse e meritano notevoli approfondimenti, e per questo ci vuole tempo, e ci sta, ma è anche vero che spesso questo “allungare il brodo” è l’anticamera, solo ed esclusivamente quando si tratta di magistrati che hanno importanti amici degli amici, dell’archiviazione. E la procura di Salerno è campione d’Italia nell’archiviazione di procedimenti a carico di magistrati calabresi.

Ritornando alla faida: tutto nasce da una serie di nostri articoli dove raccontiamo delle continue tensioni tra l’allora pm della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni (oggi procuratore capo di Paola) e l’aggiunto Vincenzo Luberto. Uno scontro dovuto alla differente visione, tra i due, sulla necessità di intervenire, o meno, sul “Sistema Cosenza”. Da un lato il dottor Bruni pronto a dar seguito, con l’operazione “Sistema Cosenza” alle altre due operazioni, eseguite dal suo ufficio a Castrolibero e Rende, dove risultano coinvolti l’attuale consigliere regionale Orlandino Greco e l’ex sindaco di Rende Sandro Principe. Operazioni messe in atto anche grazie alla collaborazione di diversi pentiti tra cui Adolfo Foggetti, famosi i suoi verbali non solo per i contenuti ma per la loro facile reperibilità. Foggetti racconta storie di voto di scambio e affari tra le cosche cosentine e i politici locali e fa i nomi di: Occhiuto, Manna, Paolini, Principe, Greco, e sodali di ogni ordine e grado. Ma le sue dichiarazione, all’oggi, sono valse solo per Greco e Principe, Occhiuto Manna e Paolini risultato allo stato immuni da ogni azione giudiziaria, nonostante le dichiarazioni di tanti pentiti; e dall’altro lato l’aggiunto Luberto che fa di tutto per impedire al pm Bruni di mettere in atto l’operazione “Sistema Cosenza”.

Il perché Luberto fosse, ed è ancora, contrario ad un intervento su Cosenza è presto detto: i politici coinvolti nei verbali dei pentiti fanno parte della schiera degli amici degli amici, e l’ordine per Luberto è quello di proteggerli. Non solo, nel caso Occhiuto c’è di più: risulta chiaro un coinvolgimento negli intrallazzi amministrativi del sindaco, della procura cosentina che da tempo copre e insabbia ogni tipo di procedimento a carico di Occhiuto, ed è per questo che Luberto, appoggiato da certa politica, blocca l’intervento di Bruni. Arrestare Occhiuto significa incriminare anche mezza procura cosentina complice, palese, del saccheggio delle casse pubbliche.

Ma non è l’unico motivo che ha indotto Luberto a promuovere una vera e propria guerra a Bruni. Luberto è anche indagato dalla procura di Salerno per aver spifferato notizie riservate a diversi politici, tra cui Enza Bruno Bossio, deputata Pd, e il marito Nicola Adamo, l’eminenza grigia del Pd in Calabria, e sa bene che se mai dovessero “toccare” determinati personaggi politici e determinati magistrati, per lui potrebbe mettersi male. Potrebbero uscire “notizie” su di lui fino ad ora tenute sepolte. Ecco perché difende i magistrati corrotti di Cosenza, perché anche lui è un corrotto. Anche lui come il procuratore capo di Cosenza Spagnuolo si è servito della politica per far carriera e denaro, offrendo in cambio, alla bisogna, coperture e primizie agli amici degli amici.

Il tutto avveniva durante la reggenza dell’allora procuratore capo Lombardo, prossimo alla pensione. Il quale aveva anche annunciato una dura e severa inchiesta sulle tante fughe di notizie, tra cui i famosi verbali di Foggetti, avvenute dai suoi uffici. Ma come al solito all’annuncio non è mai seguito nessun fatto.

Con il pensionamento del dottor Lombardo e l’arrivo, tanto atteso dai calabresi, del dottor Gratteri, tutti speravano in un forte e visibile cambiamento dell’azione giudiziaria della Dda. Tutti si aspettavano, fomentati dalle parole dello stesso Gratteri, una liberatoria “primavera calabra”. Ma come fare ad occuparsi dei corrotti quando in procura è in corso una guerra tra pm?

1- (continua)