Calabria, il delirio di Furgiuele sul reddito di cittadinanza

“Tra quelli che percepiscono il Reddito di Cittadinanza ci sono un sacco di papponi e furbetti, cosa non più tollerabile alla luce del fatto che il privilegio a costoro glielo pagano gli italiani onesti. Difendere il RdC è un disonore perché è voto di scambio”. A pronunciare queste aberranti parole il deputato leghista Domenico Furgiuele, uomo di punta del salvinismo massomafioso militante in Calabria.

La prima considerazione rispetto alle dichiarazioni di questo ambiguo personaggio che da sempre si muove in equilibrio sul filo del lecito e dell’illecito insieme al suo influente suocero (http://www.iacchite.blog/politiche-2022-furgiuele-e-le-aziende-di-famiglia/), è questa: cosa c’è di strano se i poveri votano chi li aiuta? Forse Furgiuele non ha mai sofferto la povertà, quella vera, fatta di rinunce e privazioni, di sconforto e disperazione, perché a differenza di chi vive nella miseria (che in Occidente non vuol dire morire letteralmente di fame, un piatto di pasta c’è per tutti, quello che manca sono i servizi essenziali ai cittadini che non ce la fanno: sanità, istruzione, trasporti, servizi sociali, caro vita, e soprattutto il lavoro, tutte prestazioni a pagamento) il deputato leghista eletto con i voti della ‘ndrangheta, ha avuto la “fortuna” di affiliarsi sempre insieme al suo influente suocero ad un potente imprenditore legato ai clan della Piana impegnato a saccheggiare appalti pubblici utilizzando la minaccia e la corruzione. L’influente suocero si chiama Salvatore Mazzei, e tra l’altro è finito in carcere per una condanna per estorsione. Ed è stato destinatario di un sequestro in quanto «imprenditore di riferimento dei clan», come ha scritto la procura guidata da Nicola Gratteri. Scusate se è poco.

Furgiuele accusa i percettori del RdC di essere dei parassiti sociali che campano sulle spalle dei cittadini onesti, una affermazione senza capo né coda che detta da lui aggiunge la beffa al danno: una famiglia mafiosa che parla di onestà e legalità. Il solito paradosso calabro. E poi parla proprio lui che ha fatto i soldi utilizzando la società (fittizia) del suocero mafioso (sentenza definitiva), Terina, di cui è stato socio fino alla sua elezione alla Camera. La Terina, lo ricordiamo a Furgiuele, ha infatti, tramite l’affitto del ramo d’azienda, incamerato commesse della Cogema di Mazzei: il suocero, con l’aiuto dei clan, dopo aver imposto con le minacce e la corruzione alla pubblica amministrazione l’affidamento di appalti pubblici alla sua azienda, li girava al genero che provvedeva a ripulire “l’appalto”, e condurre i lavori, operazione che gli è valsa la richiesta di rinvio a giudizio di per il reato di turbativa d’asta. Ma questo Furgiuele l’onesto non lo dice nel suo delirante comunicato contro chi non ce la fa ad affrontare economicamente la vita di tutti i giorni.

E ancora: il nome di Domenico Furgiuele è uscito anche nell’inchiesta sull’omicidio di Davide Fortuna. Dice di lui uno dei killer, dopo essersi pentito: “Io e i miei complici, dopo l’omicidio, siamo stati graditi ospiti di Furgiuele all’hotel Phelipe, di proprietà del suocero“. Ecco, lui ospitava assassini nel suo hotel, e i parassiti delinquenti sono i percettori del RdC. Questa purtroppo è la situazione, a parlare di legalità e politiche sociali, personaggi borderline che non hanno nessuna dignità e senso dello stato. E, in questo caso, non si può neanche dire che il bue dà del cornuto all’asino, perché non solo non c’è l’asino, ma se proprio vogliamo dirla tutta le corna (intese come orpello mafioso) ce l’ha solo lui.