Calabria, il saccheggio della sanità: “Ecco come hanno portato la gente a lasciarsi morire”

Da qualche giorno è in distribuzione su tutto il circuito nazionale il libro-manifesto sul saccheggio della sanità calabrese “Tutto pagato!” di Santo Gioffrè (Castelvecchi editore). “Tutto pagato!” è il racconto dell’esperienza di Santo Gioffrè, commissario straordinario dell’Asp di Reggio Calabria nel 2015. Incaricato di ripristinare trasparenza e legalità, si ritrova immerso in un sistema di corruzione, connivenze e truffe milionarie ai danni dello Stato.

Di seguito, uno stralcio dell’introduzione del libro. 

Storia triste di un viaggiatore nel girone dell’Inferno della sanità pubblica calabrese

Ho vissuto all’interno di un apparato che doveva garantire il diritto alla salute, e invece amministrava l’abbandono.

Non ho trovato un sistema da correggere, ma un deserto normativo, contabile e morale. L’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria non era semplicemente inefficiente: era diventata terreno fertile per un’economia parallela, fatta di potere, silenzi e appropriazioni indebite.

In quella terra, nessuno sembrava più distinguere il lecito dall’illegale, l’omissione dalla complicità. Questo è il racconto di ciò che ho vissuto. Giorno dopo giorno, atto dopo atto, minaccia dopo minaccia.

Nel tempo in cui sono stato Commissario Straordinario dell’Asp n.5 di Reggio Calabria, pensavo di aver visto tutto. Lì, la presenza delle forze politiche sfuma nell’evanescenza, per mancanza di ansia di riscatto sociale e coscienza critica, così ogni pur minima incursione diventa un’invasione che si fa Stato.

Nei cinque mesi in cui sono stato Commissario Straordinario dell’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria, (dal 31 marzo al 4 settembre 2015), il decennale meccanismo della rapina alle finanze dell’Ente aveva assunto, ormai, i connotati di una normalità esasperata e disarmante.

In quel ruolo, non ho incontrato la consueta immagine della ‘ndrangheta con la faccia feroce e la lupara, ma un ampio apparato di potere, intento, sistematicamente, a saccheggiare le finanze pubbliche dell’Asp. Approfittavano del fatto che l’Ente era stato privato di sistemi certi di controllo, sia delle entrate sia delle uscite, di contabilità e di bilanci consolidati e approvati.

Gli apparati di vigilanza del sistema Italia, nonostante la sua elefantiaca struttura burocratico-giuridica, erano totalmente latitanti.

I Poteri che si materializzarono davanti a me avevano il volto orgoglioso dei colletti bianchi: gentili massoni, spocchiosi fornitori di beni e servizi all’Azienda Sanitaria, ricchissimi proprietari di case di cura private, potenti ed espertissimi avvocati, padroni di moderni laboratori d’analisi, blasonati studi di diagnostica per immagini, potentissime multinazionali del farmaco, poderose banche di factoring.

Ho visto dipendenti e funzionari infedeli. Così come gli organi di controllo interni, che avevano il compito di accertare e salvaguardare spese e bilanci, ma non conservavano traccia dei dati fiscali e neanche trasmettevano quelli contabili alla Corte Regionale dei Conti della Calabria, creando, di fatto, “un’isola d’impunità”.

Ho visto il volto di uno Stato sfaccettato, deviato, che ha permesso a dei predoni di appropriarsi di enormi risorse pecuniarie pubbliche. Senza che vi fosse alcun controllo legale.

Un sistema creato, voluto e sostenuto, da poteri economico-finanziari, malavitosi e bancari, organizzati in cosche di malaffare, in apparati di strutture segrete.

L’interesse era di sottrarre immense somme nella certezza dell’impunità, con la complicità di chi era delegato al controllo, per poi realizzare un arricchimento spropositato utile anche a finanziare attività economiche e politiche.

Uno sfascio delle finanze pubbliche che ha portato la Sanità Regionale al commissariamento da parte del Governo. Intervento che espropriava la Regione Calabria di un settore fondamentale della sua vita civile e sociale e poneva il Servizio Sanitario Regionale sotto il controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Salute.

È dal 2009 che i calabresi sono intesi come numeri, calcoli di ragioneria e non come persone con il diritto fondamentale di ricevere assistenza sanitaria e farmaci salva-vita. Le durissime regole imposte dal Piano di rientro dal debito sanitario hanno causato una macelleria sociale di proporzioni apocalittiche.

La Regione Calabria è la prima Regione in Europa a non disporre di un sistema Sanitario Pubblico.

Nel 2010, la giunta Scopelliti portò avanti la chiusura di ben diciotto ospedali. Vi fu una conseguente perdita di tremila posti letto. Il successivo blocco delle assunzioni di medici e personale paramedico e infermieristico, ha causato la perdita e la cancellazione di innumerevoli reparti ospedalieri, di servizi di specialistica territoriale e guardie mediche. Oltre ad aver impedito, per sempre, il turnover di medici, infermieri e personale sanitario di supporto.

In Calabria, non abbiamo mai avuto politiche statali di espansione. Non si è mai mirato a rendere efficiente il sistema delle risorse e dei servizi onnicomprensivi.

Questa è, da sempre, solo terra di emigrazione. Qui, permanentemente e ineluttabilmente, il Potere si è manifestato scoraggiando i contadini a continuare a coltivare le terre: favorendo di fatto lo spopolamento e la perdita dei processi di scolarizzazione e culturali; ha permesso la crescita di un mostro sanguinario e funzionale: la ‘ndrangheta che, accumulando  ingentissimi capitali e ricchezze attraverso il controllo locale, nazionale e internazionale delle attività illecite, è divenuta la più potente e, in concreto, tollerata organizzazione criminale-economica al mondo. Questa organizzazione difficilmente verrà sconfitta perché parte integrante del processo di riciclaggio di capitali, che vengono ripuliti attraverso vari investimenti sul mercato mondiale, rendendoli poi disponibili a un sistema corrotto, economico finanziario, che è poi lo stesso che determina gli assetti politici sia nazionali sia internazionali.

La ‘ndrangheta è funzionale all’ incapacità dello Stato di aggredire le ineguaglianze esistenti tra Regioni in Italia ed è, di fatto, elemento intrinseco alle distorte logiche che hanno portato a giustificare l’Autonomia differenziata.

La Calabria ancora esiste solo perché è funzionale allo sviluppo e al mantenimento del sistema produttivo del Nord. Proprio per questo, è condannata all’agonia perpetua, alla perdita di ogni identità antropologica. Ogni anno paga, per emigrazione sanitaria, 330 milioni di euro al Nord. Sei miliardi in venti anni. Contribuendo a finanziare tutte le politiche di investimenti ed espansione in funzione al miglioramento dei loro sistemi sanitari.

È un combinato disposto che ha condotto alla catastrofe sociale e sanitaria la Calabria. Sono convinto, sempre di più, che dal sistema di sfascio e ladroneggio delle Asp calabresi ne traggano utilità i vari gruppi della politica nazionale.

Il Governo, con quella sua misera sottile, camuffata e mistificatrice propaganda contro la Calabria, prendendo a pretesto le sue deficienze storiche che rasentano la xenofobia, non ha mai inteso intervenire, in modo risolutivo, per adeguare alla normalità questa terra, lasciandola in uno stato perenne di coma. Lo continua a fare pur avendo i mezzi e il potere per interrompere questo stillicidio mortale.

La Calabria, rimanendo dentro i rigori del Piano di rientro dal debito sanitario ha pagato e sta pagando, in termini di accessibilità al diritto alla salute, un prezzo altissimo.

Perché non se ne viene fuori, dopo sedici anni? Perché le Asp non posseggono documenti che comprovino l’estinzione dei debiti? Perché la Calabria deve rimanere un utile bancomat per tutti i bisogni e le esigenze delle varie bande e cosche da bene.

Le Asp calabresi sono tutte senza bilancio. E non sono servite le alchimie e le forzature contabili a cui si sta assistendo in questi ultimi tempi, favorite da leggi ai limiti della costituzionalità, come quella sulla circolarizzazione del debito e lo scudo penale, garantito dal Governo Draghi, sostenuto poi dall’attuale Governo nazionale ai vertici regionali che eseguono le transazioni,  tanto che al primo tentativo di forzatura delle norme europee di contabilità, adottando dei bilanci che appaiono monchi nella certezza e nella ricostruzione del debito, hanno trovato, sempre, le pesanti riserve degli organismi di controllo. Oppure, come nel caso dell’Asp di Reggio Cal che li ha approvati, nel dicembre 2024, rimangono, di fatto, frammentari perché” non necessariamente corredati da documentazione” (Quotidiano del Sud, 3 gennaio 2025). Cioè, si approvano i bilanci, perché così deve essere, permanendo, però, tutte le criticità contabili perché non in grado di fornire la prova dell’estinzione del debito. In questo modo ogni incursione può nascondere un furto.

L’Autonomia differenziata darà il colpo mortale alla Calabria e aumenterà, a dismisura, (oltre a generare uno spaventoso squilibrio sociale, economico e nei servizi essenziali con le altre Regioni d’Italia) le grandi ricchezze delle regioni del Nord, ricchezze derivanti non solo dal loro enorme gettito fiscale, ma, anche, dalla fiscalità nazionale, che continuerà a garantirgli: difesa, sicurezza pubblica, grandi infrastrutture.

E nemmeno la tanto sbandierata realizzazione del cosiddetto Ponte sullo Stretto di Messina, opera inutile, dannosa, devastante e propagandistica, apporterà alcun beneficio a questa terra. Il ponte è pensato, da una parte, come un’eccezionale occasione per andare incontro e soddisfare i feroci e famelici appetiti di guadagno delle multinazionali del settore, ricavandone, in cambio, utile tornaconto politico; dall’altra, sarà usato per imbastire  una sofisticata operazione di distrazione di massa al fine di assopire le proteste che si potrebbero levare, da qui e per tutti gli anni a venire, contro lo stato di abbandono totale, spopolamento e assenza di sanità pubblica, in cui precipiterà la  Calabria in seguito all’Autonomia differenziata.

Di fronte a tutto questo obbrobrio è quasi di intuizione elementare che il Governo, nel suo chiaro intento di mostrare carità compassionevole, si accinge a permettere di avviare, come una grazia, l’iter per portare la Calabria fuori dal Commissariamento, ma non dal Piano di rientro e dalla macelleria sociale che le conseguenze e i rigori del suddetto Piano hanno causato in questi ultimi quindici anni alla nostra terra.

L’atto, che è solo di carità, non porterà alcun cambiamento allo stato delle cose, né le cosche, pur sazie dopo venti anni di ruberie indisturbate, saranno rese inattive.

Ormai, il sistema sanitario calabrese o è a pezzi o è privatizzato. La gente che non può pagarsi i viaggi della speranza.  Non solo non si cura, ma si lascia morire…