Calabria. Il TgCom e le “markette” di Paolo Liguori, uno Straccio di pena

In effetti in mezzo al frastuono le piccolezze sfuggono. E quindi è passato quasi inosservato che ieri Paolo Liguori, direttore del TgCom, si sia prodotto in una serie di “markette” ben pagate all’Università della Calabria e addirittura al presidente della Regione Calabria Occhiuto e a qualche esponente della sua corte dei miracoli, in primis l’assessore Gallo cedrone che non perde occasione per fare la figura del c…. (dai che è facile). Il padrone chiama e Liguori risponde, ormai non fa neanche più notizia vista e considerata la “credibilità” che il Nostro si è guadagnato – si fa per dire – nel corso degli anni. E ci vuole coraggio a sostenere che la Calabria è cambiata grazie a… Occhiuto. Ma Liguori di cazzate come e anche peggio di questa, nel corso degli anni, ne ha dette davvero tante. Lo sanno tutti, suvvia. Forse solo nella Calabria Saudita qualcuno può dire di non sapere.

Per cercare di farvi capire bene chi è il soggetto partiamo da un’esternazione ormai datata di 15 anni ma che aiuta a rendere l’idea. All’epoca Liguori era già tra i servi di Berlusconi e così si esprimeva a proposito del caso Noemi-Patrizia-Silvio e dell’attenzione dedicatagli da Repubblica: “Io sono convinto che i lettori di Repubblica siano un popolo di imbecilli, perche’ continuano a leggere un giornale che gli racconta un sacco di panzane“, ha detto all’Agr. “Repubblica sono 15 anni che dice che Berlusconi stupra, violenta, inganna, spaccia droga, ruba soldi – ha detto Liguori –. Lo dice impunemente, perche’ nessuno le chiede conto. Sono convinti che gli italiani siano un popolo di imbecilli, perché seguono Berlusconi“. Deliziosamente assurdo come soltanto l’ex direttore di Studio Aperto, poi figurante tifoso romanista durante le trasmissioni sportive di Mediaset, sa essere, Liguori è riuscito nello stesso momento a dare del “popolo di imbecilli” sia ai lettori di Repubblica che agli elettori di Silvio, e questo la dice lunga sulle sue capacità lessicali.

 

Prima giravolta negli anni ’90. Diventa direttore del Sabato, settimanale di Comunione e Liberazione, e in un’intervista a Prima Comunicazione dell’ottobre ’91 dichiara: “De Benedetti, Romiti e Berlusconi hanno molto più potere di chiunque altro in Italia e controllano gran parte dei mezzi di comunicazione. Chi parlerà delle loro manovre? Io me ne sono fatto un dovere”. Ovviamente, il fatto che il giornale si regga in piedi grazie ai fondi assai generosi che rimedia lo Squalo, alias Vittorio Sbardella (ex pugile, il più “rustico” esponente romano – in Sicilia c’era di peggio, anche se non si sapeva – della corrente andreottiana)

Poi, nel 1992, la svolta: diventa direttore di Studio Aperto (Italia 1), e la sua linea editoriale accompagna la discesa in campo del padrone. Studio Aperto diventa in poco tempo il tg più sanzionato dall’Authority delle TLC per servilismo nei confronti del padrone, peggiore a tratti di quello di Fede. Il 5/3/94 smista, da conduttore una telefonata di Berlusconi: riesce a farlo parlare per 10 minuti e 20 secondi senza interromperlo mai. Si scatena contro le “toghe rosse” e quel Violante che prima elogiava diventa il nemico pubblico numero uno, l’autore di tutti i complotti della zona Euro ed oltre. Il suo telegiornale, l’11/1/96, si “dimentica” di dare la notizia dell’avviso di garanzia a Dell’Utri e della condanna di Paolo Berlusconi. In un’intervista uscita su Cuore 15/7/95 gli domandano: “Non hai avuto problemi a passare da Lotta Continua a Forza Italia?”. Risposta: “Non me ne frega niente degli ideali. Viviamo in una società dove si teorizza addirittura la fedeltà agli ideali. Visto che gli ideali cambiano bisogna essere fedeli alle persone”.

Ma la fedeltà non basta, specialmente nel lungo termine. Anche perché ci vuole poco a trovare qualcuno più servo di te: nel 2003 gli tolgono la guida di Studio Aperto e diventa (per poco) capo della redazione sportiva di Mediaset e – finalmente – direttore di TgCom. Dove prospera (si fa per dire) ancora oggi facendo “markette” a pagamento persino alla Calabria di… Occhiuto. Ecco: di tutto questo, a Paolo Liguori detto  Straccio, nessuno ha mai “chiesto conto“, come direbbe lui. Se si cominciasse, brrrrr. Insomma, uno Straccio di pena…