Fino a ieri, in tutta onestà, pensavamo che “Dirotta su Cuba” fosse soltanto il nome, sicuramente di impatto, di un gruppo musicale italiano. E invece la lettera di un nostro simpatizzante ci ha fatto scoprire che la genesi è decisamente diversa e può essere tranquillamente utilizzata per spiegare – in maniera satirica ovviamente – il “rapporto” tra l’attuale politica che governa (si fa per dire) la Calabria con gli ormai celeberrimi medici cubani.
Il 19 maggio 1969 esordì il quindicinale di fumetti Off-Side con la prima apparizione regolare delle Sturmtruppen, satira efficace dell’ottuso militarismo nazista: quattro strisce per numero. Il celebre disegnatore Bonvi – pseudonimo di Franco Fortunato Gilberto Augusto Bonvicini – realizzò per la stessa testata varie storie di più tavole con protagonisti a lui somiglianti, poi raccolte nel volume Incubi di provincia – Undici paranoie a fumetti (Milano 1981).
La prima fu Buddy the Kid, su un pistolero alcolizzato, ma la maggior parte degli episodi è di fantascienza. Sul n. 5 di Off-Side Bonvi riprese da Galaxy il racconto Uccideteli tutti! trasformandolo nel fumetto Sterminarli senza pietà: è la prima di varie storie in cui il fantastico si innesta nella vita quotidiana. Spicca inoltre Andiamo all’Havana!, da un’idea di Francesco Guccini, grande amico di Bonvi: si tratta della storia di un folle che dirotta su Cuba l’ultimo tram serale di un’anonima città padana. I passeggeri cedono ai propri sogni di evasione, convinti che davvero arriveranno ai Caraibi col tram 23, ma un finto capolinea dell’Avana allestito dalle forze dell’ordine è il teatro della loro delusione. Detta così, tuttavia, non vale a rendere l’idea e allora siamo andati proprio alla fonte…
Un giovane alto, biondo e con l’aspetto da bravo ragazzo, anche se un po’ trasandato (l’immagine con cui il Bonvi è solito raffigurare se stesso) si affanna per riuscire a prendere il tram.
Sale all’ultimo istante, sul tram ormai semivuoto, affollato solo dagli ultimi pendolari che rincasano dopo una stressante giornata di lavoro.
Sembra un giorno come tanti, i passeggeri assorti nei loro pensieri e nei loro problemi quotidiani.
Poi improvvisamente il giovane estrae una bomba a mano e minaccia il conducente di far saltare tutto se non si dirotta immediatamente il tram su Cuba.
Si diffonde il panico tra i passeggeri e la rabbia per i tanti piccoli impegni quotidiani che un simile contrattempo farebbe saltare.
Poi, pian piano, l’idea prende piede e tutti sembrano contagiati dall’euforia e dall’entusiasmo del giovane, dai suoi sogni e dalle sue speranze.
E tutti iniziano a pensare alla svolta che un simile evento può portare nella banalità delle proprie vite.
Nel frattempo le forze dell’ordine, allertate da un ostaggio riuscito a fuggire, organizzano le contromosse. Decidono di far credere al giovane pazzo che davvero il tram sia giunto su terre cubane.
Ma la follia è contagiosa e ben presto tutti attendono con impazienza l’arrivo del tram verso la nuova imprevista destinazione.
Inutile dire che l’ordine pubblico verrà ristabilito, la naturale calma tornerà in città e forse soltanto qualcuno si illuderà per poco tempo ancora come sia possibile cambiare la propria esistenza dirottando il destino verso vie nuove e sconosciute. Come Cuba, naturalmente…
Fin qui Guccini e Bonvi. Adesso passiamo all’attualità, alla lettera del nostro simpatizzante, e vi renderete conto di quante analogie ci sono con quel fumetto di tanti anni fa… Incredibile ma vero.
DIROTTA SU CUBA
La notizia dell’arrivo di un nuovo contingente di medici cubani è rimbalzata nell’infinito flipper della comunicazione calabrese come una pallina impazzita scaraventata da luminosi e rumorosi respingenti dal Pollino allo Stretto.
Diversamente dagli sbarchi di umana residualità che si susseguono sulle coste joniche, cristallizzati nello sciagurato epilogo di Steccato di Cutro del 2023, l’arrivo dei sanitari d’oltreoceano viene salutato con giubilo quasi levando le braccia al cielo per l’ennesimo miracolo compiuto, ignorando che trattasi di misura palliativa inizialmente destinata a esaurirsi nell’anno in corso, prorogata lo scorso dicembre con un emendamento inserito nel Decreto Flussi e di fatto recante la nuova data di scadenza stampigliata sul camice dei “doctores” cubani: 31/12/2027.
Quasi a malincuore ci si rende conto che siamo di fronte al reclutamento di manovalanza dalla lauta retribuzione, in larga parte destinata alle casse della società cubana che fornisce i prestatori d’opera costretti a coabitare in soluzioni abitative reperite a pochi passi dai luoghi di lavoro o in quartieri a elevata fruibilità dei mezzi pubblici, condizioni indispensabili per sopperire alla mancanza di mezzi di trasporto autonomi nonché relativi permessi per condurli.
Una sorta di baraccopoli glamour, dove gli “stagionali” della sanità calabrese trascorrono i giorni compresi fra l’annuale ritorno in patria contrattualmente riconosciuto e la conclusione del viaggio esperienziale nell’eternamente emergenziale destino dei presidi ospedalieri calabresi.
Emergenziale proprio come l’eccessivo ricorso all’utilizzo dell’elisoccorso, divenuto ormai eliambulanza, per coprire le distanze sempre più incolmabili che separano i presidi di cui sopra dagli insediamenti urbani disseminati lungo l’appenninica spina dorsale che attraversa le terre di Calabria.
E nell’attesa che l’elefantiaca struttura regionale dai piedi d’argilla, Azienda Zero, riporti nell’alveo della normalità l’ingovernabilità delle emorragiche strutture sanitarie ricadenti sotto il suo controllo, si continua a partorire per strada, costringendo genitori in stand-by e nascituro a misurarsi con la non richiesta ebbrezza di sfidare la sorte dividendo la posta in gioco fra fortuna e perizia del personale medico, con esito nettamente diverso rispetto a chi, ancora peggio, finisce per spegnersi sempre per strada, nella vana attesa di un’ambulanza che, ove dovesse arrivare, con buona probabilità risulterà priva di medico a bordo e non potrà fare altro che rientrare alla base di partenza demandando ad altri persino il compito di constatare il decesso.
Sullo sfondo, si staglia l’utopica costruzione di nuovi ospedali, destinati a intercettare i pazienti che ancora oggi, drenando ingenti risorse alle ingessate poste del bilancio regionale, alimentano i viaggi della speranza verso l’ospedale più grande della Calabria: le regioni del Nord Italia.
Con buona pace della paventata autonomia differenziata la cui assenza, in questa come in altre situazioni, non ha impedito al ricco figliol prodigo settentrionale di prendere e portare a casa, scaricando sul meridione ataviche inefficienze nazionalpopolari culminate nel sempiterno piano di rientro dal debito sanitario affidato a un inutile commissariamento rivelatosi, a distanza di tempo abissale, un’utile e costosissima idiozia seconda soltanto all’immaginifico Ponte sullo Stretto.