Calabria. L’Autonomia differenziata prepara il funerale della sanità

MIGRAZIONE SANITARIA: L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA PREPARA IL FUNERALE DELLA SANITÀ CALABRESE

Quando curarsi diventa emigrare, e la libera scelta è un cavallo di Troia
Ogni anno, qui in Calabria, milioni di euro volano via per far curare i calabresi in altre regioni. Secondo la Fondazione Gimbe la spesa della mobilità sanitaria passiva (cioè: pazienti che escono dalla regione) nel 2022 è stata di 304,8 milioni di euro. 
Nel 2023 il bilancio peggiora: saldo negativo pari a -191,9 milioni di euro per la Calabria.
Il rapporto Osservasalute certifica: il 25,75% dei calabresi si è spostato fuori regione per curarsi. 
In soldoni: il sistema sanitario calabrese è così debole che un paziente su quattro pensa “meglio andare altrove”. E chi se ne va trascina via risorse, professionalità e speranza.
Qualcuno fa affari con la fuga. 
Infatti, grandi strutture private accreditate — tipo Humanitas, San Raffaele S.p.A., Gemelli Polyclinic — non sempre chiariscono al paziente che sono private-accreditate. (È accreditato il fatto che nel Mezzogiorno la quota di attività erogata da strutture private-accreditate è limitata: nella Calabria solo il 35,9% del valore della mobilità attiva. )
Sapete cosa significa?
– Significa che la Regione non tiene i pazienti; questi scelgono (o sono costretti) di andare altrove.
– Significa che le strutture “vendono” prestazioni a cui la Calabria dovrebbe garantire accesso a casa.
– Significa che lo Stato e la Regione calabrese lasciano che il diritto di cura si trasformi in “dove hai i soldi o dove puoi arrivare”.
La libertà di scelta del paziente che —intesa come presidio costituzionale — in questo scenario è un bluff: chi può andare, va; chi non può, resta… e, se gli va bene, campa.

Benvenuti ai primi “vagiti” dell’“autonomia differenziata”.

La riforma che qualcuno spinge (in primis per le regioni ricche) mette la sanità nel mirino. Cosa succede se passa? Esattamente quello che sta succedendo! 
Le regioni più ricche (Nord) gestiranno più autonomia sulla sanità: contratti, reclutamenti, tariffe… più potere.  Le regioni più povere (Sud, e qui la Calabria) rischiano di perdere ulteriormente: minori risorse, fuga di medici, peggioramento dei servizi.  E il paziente calabrese cosa ottiene? Potrebbe trovarsi in una “Sanità di tipo B” dove scegliere è un lusso.

> «Con l’autonomia differenziata le Regioni potranno trattenere il gettito fiscale… impoverendo ulteriormente il Mezzogiorno». 

“Spùta ca ‘nnumìni!” 
Insomma: l’accordo di autonomia differenziata non solo non mette al centro il paziente, ma rischia di accentuare il divario di accesso tra Nord e Sud. Qualcosa che nel linguaggio della costituzione si chiama ingiustizia.
Cosa sta facendo il Ministero della Salute? Una beata minchia! 
Perché qui non è che si tratti solo di conti: si tratta di diritti.
– Il ministero appare silente sul versante strategie concrete per ridurre l’emigrazione sanitaria calabrese, nonostante i numeri lo gridino.
– Nessun piano visibile per invertire la tendenza: e mentre le risorse escono dalla Calabria, le strutture locali restano depresse.
– Nessuna risposta chiara alle richieste, come quella del senatore Nicola Irto che ha interrogato ministro della Salute e dell’Economia per sapere dati e prospettive. 
E mentre la musica suona, chi lamenta silenzio è chi paga in prima persona.

L’amara verità per chi resta

Ragazzi, non siamo nel mondo delle occasioni perse: siamo nel mondo delle occasioni sventrate.
> Se curarsi diventa emigrare, la sanità non è un diritto, è una tortura.
> Se ti mandano fuori regione è perché qui manca qualcuno o qualcosa: struttura, specialista, diagnostica o organizzazione.
> Se fai un accordo che scommette sul “mercato della salute” invece che sui cittadini, stai vendendo un pezzo di dignità.
> Se il ministero resta spettatore e l’accordo punta a “liberare” le regioni ricche, qualcuno perderà definitivamente.
E chi perde? Il cittadino calabrese, che non ha chiesto questi livelli di accesso.
Il SSN che è già fragile da noi diventa una barca di carta in tempesta.
La Costituzione che garantisce la tutela della salute — dimenticata.

Quali domande concrete restano aperte (e URGENTI)

Perché non è stato previsto dal ministero un piano nazionale d’emergenza per ridurre la mobilità sanitaria della Calabria sotto soglia?
Quali criteri garantiranno che il paziente calabrese possa scegliere “dove curarsi” con gli stessi diritti del residente in Lombardia? Nell’intesa di autonomia differenziata: chi assicura che la Calabria non perda risorse o che i medici non emigrino verso regioni più ricche?
È accettabile che ogni anno 300 milioni della nostra sanità vadano via mentre noi restiamo in bilico?
Chi risponde se il diritto di cura diventa solo un privilegio per chi può “scappare”? A queste è altre domande dovrebbe rispondere il Presidente Occhiuto, il Ministro della Sanità e tutto il Governo Meloni.  Ma, come vedete…