Calabria, piccola guida ai veleni per l’assessore “Ultimo”: il Tirreno cosentino (di Francesco Cirillo)

Piccola guida ai veleni della Calabria  per l’assessore De Caprio (parte prima)

di Francesco Cirillo scrittore e giornalista d’inchiesta, militante ambientalista

Lei, assessore De Caprio, è nuovo nel mondo dell’ambiente distrutto della nostra Calabria, per questo motivo, sperando nella sua buona fede nell’aver accettato quest’incarico da chi per decenni ha contribuito a distruggerlo e depredarlo, mi permetto di darle alcune indicazioni riguardo al nostro territorio. Inizio dal Tirreno cosentino per poi proseguire con le altre zone della nostra martoriata terra dei fuochi sperando in un suo lucido e risoluto intervento.

Il Tirreno cosentino al pari degli altri territori della Calabria è una “terra dei fuochi” nascosta, sulla quale se Lei volesse mai intervenire dovrebbe soggiornarvi  dalla mattina alla sera con una speciale “task force”.  Il Tirreno cosentino è stato devastato dagli anni ’80 in poi da una cementificazione selvaggia che grazie ad un turismo di massa lo ha reso completamente insostenibile nei periodi estivi. Da una popolazione di 125 mila abitanti passiamo nel giro di pochi giorni a 1 milione e mezzo di turisti, che coadiuvano a devastare un territorio già di per sé devastato, incontrollabile da tutti i punti di vista.

Tutto quanto era autoctono è sparito negli ultimi anni, dal cedro oro verde, all’agricoltura sostenibile, alla vivibilità in piccoli paesi che diventano cittadine senza averne i servizi necessari. Per cui le strade diventano impercorribili, le spiagge super affollate, i servizi che crollano a zero, la sanità che sparisce. E’ proprio in nome di questo turismo selvaggio che si è sempre tenuta nascosta la verità sulle emergenze ambientali gravi, che solo i pochi ambientalisti presenti sulla costa tirrenica hanno cercato negli anni di tenere vivo, ricevendo minacce sia da parte di personaggi legati alla delinquenza locale che da parte dei sindaci ed imprenditori turistici che vogliono presentare questa costa come il gioiello dell’Italia estiva chiamata eufemisticamente Riviera dei cedri (inesistenti) .

Ma fermiamoci alle emergenze ambientali segnalandole una per una.

Cominciamo da Tortora, dove  esiste un impianto di depurazione di rifiuti speciali, attualmente chiuso, grazie all’azione del sindaco Lamboglia e degli ambientalisti, ma ancora non smantellato, che per anni  ha sversato nel fiume Noce tonnellate di liquami di ogni genere, da sangue di macellazione per milioni di litri, a percolati provenienti dalle discariche calabresi, lucane e pugliesi. Vi sono alcune cause giudiziarie ancora in corso da parte dei privati che gestiscono l’impianto, e il rischio di una sua riapertura è sempre presente . Occorre una ricognizione dei terreni circostanti e una bonifica dei luoghi lungo il fiume dove negli anni passati vi è stata anche una moria di pesci. Le consiglio un incontro col sindaco Lamboglia che potrà delucidarlo meglio di me sulla questione.  

A Praia a Mare abbiamo due gravi emergenze ambientali gravissime, nascoste per decenni dal sindaco Praticò che è arrivato a sfilarsi dal processo Marlane come parte civile disconoscendo la presenza di questi rifiuti, puntando a dare un’immagine della cittadina fatta di rose e fiori. Parlo della Marlane, nei cui terreni sono sepolte tonnellate di rifiuti tossici di ogni genere. Nei pressi della Marlane vi è un altro grande stabilimento abbandonato che si chiama Lini e Lane, diventato una discarica a cielo aperto, posto a duecento metri da una scuola elementare di Tortora e a cento metri dall’area cimiteriale. Qui esistono indisturbati da anni pezzi di amianto, ferri arrugginiti, squadre di topi che circolano liberamente, immondizie varie abbandonate da cittadini e mai raccolte. Per anni è stata sede di accampamento rom. Le sconsiglio di parlare col sindaco Praticò che la depisterebbe soltanto, mentre potrà affrontare la questione passando dalla Procura di Paola che ha aperto diversi procedimenti penali  sulla Marlane.

Da Praia arriviamo a Scalea, qui in località Piano dell’Acqua esiste una discarica chiusa da diversi anni ma mai bonificata con liquami che attraverso un canale chiamato Tirello arrivano fino al mare antistante la Torre Talao. Esiste un finanziamento regionale di 2 milioni di euro ma mai è stato  utilizzato. Proseguendo verso sud ci troviamo alla famosa aviosuperfice, ben nota come Landa desolata. L’aviosuperficie è stata costruita  direttamente a  confine col fiume Lao e ad ogni sua  esondazione parte di questa crolla. Nei pressi dell’aviosuperficie vi è una contrada denominata Costapisola, dove si tentò di avviare una discarica e dove era stata costruita una piccola piscina ancora oggi piena di liquami e mai bonificata.

Da Scalea arriviamo a Diamante dove esiste l’area abbandonata del porto mai costruito. E’ una discarica a cielo aperto, che l’ASL in un sopralluogo aveva definito pericolosa per la presenza di vari materiali consistenti in rifiuti speciali. Nonostante la relazione dell’ASL i rifiuti sono ancora lì.

Passiamo a  Belvedere Marittimo dove esiste ancora il grande capannone che fu della Foderauto. Qui al suo interno vi sono coperture di amianto mai rimosse che durante gli anni del suo funzionamento hanno provocato decine di morti per abestosi.

Da qui spostiamoci a Cetraro. Qui esistono due fabbriche abbandonate e mai bonificate al loro interno. Una è l’Emiliana Tessile dove all’interno di un piccolo deposito vennero trovati rifiuti tossici che susseguentemente  a seguito di una denuncia degli ambientalisti vennero tolti, ma mai venne fatta una serie opera di bonifica in tutta l’area interna. L’altra è l’azienda Firrao anch’essa abbandonata e mai bonificata nonostante nelle vicinanze esistano abitazioni.

Ma su Cetraro, di fronte alla cittadina, esiste il problema dei problemi rimosso dalla memoria  di tanti e nascosti dal governo di Berlusconi, e cioè la nave dei veleni Cunsky affondata dalla mafia alla fine degli anni ’90. Il Ministero dell’Ambiente, qualche mese fa , ha predisposto la somma di 1 milione di euro per la ripresa delle ricerche sulle navi dei veleni in tutta la Calabria. Può quindi contattare tale ministero per meglio coordinare tali finanziamenti ed iniziare una nuova campagna di ricerche marine confidando nelle nuove tecnologie.

E da Cetraro possiamo chiudere con Campora San Giovanni e il fiume Olivo dove sono state accertate la presenza di centomila tonnellate di rifiuti speciali qui sepolti da decenni e che provocano un grave inquinamento del mare e del fiume stesso. Lungo il fiume Olivo sono state sepolte, in due discariche i materiali che la nave dei veleni Jolly Rosso trasportava e che si spiaggiò proprio alla foce del fiume. Per questo fiume non si è mai parlato di bonifiche.

E’ bene concludere con una realtà che è quella dei malati di tumore. Attorno ad ogni vicenda di cui ho parlato esistono centinaia di malati di tumore. Malattie tumorali che provengono da falde acquifere inquinate, dai veleni tossici entrati nella catena alimentare, da attività lavorative dove sono state usate sostanze tossiche, dalle tante discariche a cielo aperto. La presenza sul Tirreno cosentino di centinaia di malati di tumore sono la dimostrazione lampante della presenza di fonti di inquinamento.

A tutto questo va necessariamente aggiunta una ricognizione sulla depurazione, sugli impianti fognari, sugli allacciamenti mancanti alle fogne di interi villaggi turistici, di Comuni e attività produttive che ancora oggi scaricano lungo i nostri fiumi, del lavoro degli autospurgo completamente fuori controllo e degli impianti di depurazione ai quali andrebbero destinati i liquami provenienti dai pozzi neri, dell’arrivo di camion da fuori regione che circolano indisturbatamente nella nostra regione a scaricare liquami come da poco scoperto a Bisignano.

Come può vedere l’aspetta un lavoro immane che se vorrà risolvere davvero ha bisogno, non di quei funzionari regionali  e sindaci corrotti che spesso hanno autorizzato tali lavori, ma di una grande collaborazione che le può venire esclusivamente da coloro che per anni hanno lavorato indefessamente  sui territori da volontari,  rischiando spesso per se stessi, quali sono le associazioni ambientaliste e i comitati di lotta. Chiami a raccolta il WWF, la Legambiente, Italia Nostra, Greenpeace e le miriadi di associazioni di base che lavorano in diversi paesi della nostra Calabria senza essere legati a partiti o a funzionari e sindaci corrotti e solo così avrà un quadro completo di quanto c’è davvero nella nostra regione al di là delle propagande elettoralistiche. Sempre se glielo faranno fare e sempre se  lei avrà voglia di farlo.

Distinti saluti

1 – (continua)