È da 13 anni che ci battiamo per una sanità pubblica, che difendiamo i quattro ospedali di zona disagiata o di “montagna” con i denti e con le unghie. Con comitati diversi ma che si sono riconosciuti sotto un’unica sigla il COMOCAL che sta per Comitato Ospedali Montani Calabresi.
Un imperativo a cui non abbiamo mai abdicato che alla fine ci ha fatto interrogare su tutto il sistema sanitario regionale. Non c’è stata emitente che non ci ha visto nei loro studi da Ten alla Rai, non c’è stata testata giornalistica che non ci abbia ospitato più di mille articoli fin qui fatti, i cosidetti comunicati stampa. Non c’è stato assessore o commissario da Scura a Cotticelli che non ci ha visti alla Regione nel tentativo di farli ragionare, perché si questo si trattava, ma loro ascoltavano e poi passavano la mano come al poker.
Ci siamo rivolti al TAR poi al Consiglio di Stato. L’ufficio del Prefetto l’abbiamo varcato, così come l’ufficio della Procura. Abbiamo interrogato la politica, tutto il novero rappresentativo, li abbiamo supplicati, cercando in tutti i modi di spiegare che il percorso pericoloso dei tagli lineari rischiava di relegarci servizi sanitari approssimativi, fortemente pericolosi, del tutto inadeguati e che ci avrebbe portato al collasso del sistema. Abbiamo addirittura consegnato a Cotticelli un progetto di risanamento per gli ospedali si zona disagiata. Lo ha visto l’Asp di Catanzaro che l’ha trovato interessante, oggi non sappiamo in quale cassetto Cotticelli l’abbia conservato.
Siamo stati a Roma per costituire il coordinamento nazionale degli ospedali periferici d’Italia. Abbiamo fatto marce di protesta ad Acri, a Serra San Bruno, a S. Giovanni in Fiore e a Soveria Mannelli. In alcuni casi eravamo più di 5000 in alcuni casi 3000. Ma siamo stati anche a Oppido Mamertina a Praia a Mare che non era certo montagna, ma aveva problemi di periferia territoriale. Siamo stati sotto gli uffici della giunta regionale passando in marcia sul viadotto Morandi, – supportati dagli amministratori del territorio -, e poi bloccare Via De Filippis per un’intera mattinata, siamo stati a Reggio con 25 sindaci a protestare d’avanti il consiglio regionale prendendo qualche manganellata dalla polizia. Non eravamo “politicizzati” eravamo comitati spontanei a cui non andava che qualcuno illegittimamente poteva decidere che dovevamo essere di serie B.
Tutto accadeva mentre anche i grandi ospedali perdevano le loro potenzialità, mentre tutto il sistema prima di respirare doveva attendere cosa decidevano i tavoli ministeriali emanati dalle direttive della conferenza stato-regioni. Tutto nel nome del recupero del disavanzo sanitario da recuperare con i così detti “tagli lineari”.
Intanto gli ospedali di montagna sono stati svuotati, ridotti ad avere un Pronto Soccorso, qualche letto in medicina e con diagnostiche da terzo mondo. Mentre i cosidetti Hub e Spoke anch’essi nella morsa dei tagli, perdevano servizi dove per prenotare anche una ecografia si slittava di mesi. Il travaso prendeva la via più corta, quella dei privati. E dove non possibile la strada era quella del Nord. Oggi con questa emergenza surreale tutti si accorgono del pasticcio, il re è nudo. Ci troviamo con 110 posti di terapia intensiva, con meno di 3 posti letto per ogni mille abitanti, senza supporti strumentali adeguati per il momento critico. Con un numero di medici e operatori insufficiente.
Oggi si spera che qualcuno capisca in quale cerchio dantesco ci siamo avvitati. Saranno i dati nefasti a spiegarlo in questo periodo, e nessuno ne sarà immune, questo Virus non ha padrini. E non era questo che il popolo e noi comitati speravamo per invertire le scellerate scelte del potere, ma così è, purtroppo. Una cosa è certa, nessuno avrà colpe, una giustificazione c’è sempre, per tutti. L’obiettivo ora è di ripristinare tutto il comparto, non come era prima, ma meglio di prima.
Il Presidente del Comocal e del Comitato Ospedale di Soveria Mannelli
Alessandro Sirianni