Santo Gioffrè e Mario Oliverio quando tornano a rivedersi non possono fare a meno di ricordare tutto quello che hanno passato e oggi i loro ricordi sono fondamentali per ricostruire le incredibili vicende che sono alla base del saccheggio della sanità calabrese. Verrebbe da dire che la realtà supera ogni più sfrenata fantasia ma neanche in questo modo riusciremmo a restituire ai lettori la gravità delle accuse che Gioffrè continua a raccontare coraggiosamente in giro per la Calabria ma anche per l’Italia. Ieri sera la Cgil di Cosenza ha organizzato un dibattito per la presentazione del libro-denuncia di Santo Gioffrè “Tutto Pagato!” e oltre all’autore ha invitato anche Oliverio, che non solo ha confermato le denunce ma – se possibile – ha anche rincarato la dose.
Ma procediamo con ordine e partiamo doverosamente dall’introduzione del segretario della Cgil cosentina Massimiliano Ianni, il quale ha subito sottolineato che il libro di Gioffrè non è soltanto una denuncia del saccheggio della sanità calabrese ma è “una spietata radiografia politica, sociale e morale della Calabria degli interessi trasversali”.
Dunque, la sanità è il cuore del problema, non foss’altro perché rappresenta il 70% del bilancio della Regione Calabria, ma è anche la madre di tutte le battaglie e Gioffrè in questo senso è uno straordinario contenitore di verità inconfessabili che ancora i calabresi non conoscono anche perché la stragrande maggioranza dei media di regime si oppone alla diffusione di queste gravissime notizie.
Gioffrè sostiene ormai da una decina d’anni quello che tutti noi calabresi tocchiamo con mano ogni santo giorno: c’è una cosca di colletti bianchi che continua a creare un “buco” mostruoso nella sanità e che agisce come faceva Penelope con la sua tela. Non è certo un mistero che l’Asp di Reggio Calabria, dove è stato commissario e ha avuto modo di conoscere tutte le nefandezze che oggi descrive, sia il punto di crisi più grave dell’intero sistema dall’alto dei suoi 5.000 dipendenti e degli 850 milioni di euro che gestisce ogni anno. E ormai tutti sanno che all’Asp di Reggio, così come a quella di Cosenza, per anni e anni non si sono approvati i bilanci per… mancanza di carte affidandosi – incredibile ma purtroppo vero – alla contabilità orale.
E così accadeva sistematicamente che i presunti creditori della sanità reggina andassero direttamente alla Tesoreria a prendersi i soldi senza neanche passare per vie giudiziarie, dal momento che l’Asp non si opponeva. E le banche, chiaramente complici del “sistema”, nel momento in cui pagavano riferivano solo dell’entità generale delle somme senza mai specificare le singole fatture. Insomma, per la sanità calabrese c’erano, ci sono e ci saranno sempre debiti e nessuno ci deve mettere mano perché la parola d’ordine, almeno fino a qualche tempo fa, era una sola: facciamo transazioni… per centinaia di milioni e chi può arraffare arraffi pure senza problemi, tanto paga… Pantalone!
Per ricostruire questo pozzo senza fondo, Gioffrè ritorna al 2010 quando Peppe Scopelliti, insediatosi alla Regione, diventa Commissario alla sanità e mette tutto nelle mani del Governo, blocca tutte le assunzioni per “rientrare” dal debito già allora mostruoso, chiude 18 (diciotto!) ospedali in una sola notte insieme al suo fido consigliere Scaffidi e all’allora parlamentare Roberto Occhiuto e vara un organismo di nome DBE (Bad Debt Entity), con sede a Catanzaro, per accentrare la gestione di tutti i debiti sanitari calabresi sotto la direzione del Commissario di Governo.
Gioffrè ha spiegato per filo e per segno alla Cgil di Cosenza quello che ha già scritto nel suo libro e che – se fossimo in un Paese normale – sarebbe già “notizia di reato”.
“La DBE, tra le sue funzioni, aveva anche quella di decidere le transazioni, i pagamenti, le ottemperanze. Nell’ultimo mese della mia gestione, durante un controllo, scoprii che ben cinque procedure, riguardanti grandi multinazionali del farmaco (tra cui Roche), si erano fatte pagare due volte le medesime fatture: la prima volta nel 2012, attraverso l’ottemperanza, con Commissario ad Acta nominato dal TAR di Reggio Calabria; la seconda volta, nel 2014, attraverso transazioni concordate con la DBE, a Catanzaro.
Mi chiedo: quanti milioni di euro la DBE ha erogato indebitamente, senza verificarne la fondatezza? Quali criteri usava per scegliere le controparti e le transazioni da concludere?
Come evitava — se lo faceva — i doppi pagamenti che io ho scoperto?
Mi sorge un dubbio: la DBE, oltre a gestire pagamenti, aveva anche una funzione politica? Nell’ottobre del 2014, quando fu ormai chiaro che il quadro politico regionale sarebbe cambiato — con il passaggio dalla Giunta di centrodestra a quella di centrosinistra, dopo le elezioni regionali previste per novembre —, la DBE (Bad Debt Entity- Entità del debito esigibile) interruppe improvvisamente la propria attività, chiuse i battenti e trasferì alle varie ASP le somme rimaste, destinate al pagamento dei debiti sanitari.
Una decisione singolare, in apparenza neutra, ma nella sostanza tutt’altro che innocente.
La DBE non fu mai indagata.
E chissà se un giorno — forse da sognatore sconfitto — sarà possibile sapere cosa e quanto ha pagato, a chi, con quali criteri, e quanti furti sarebbero venuti alla luce se fossero stati eseguiti controlli accurati, come quelli che capitò a me di compiere. Non per vendetta, ma per igiene sociale.
Quando mi accorsi dei doppi pagamenti effettuati a favore di alcune multinazionali del farmaco, convocai immediatamente i responsabili.
Durante la riunione, messi di fronte all’evidenza documentale, ognuno tentò una giustificazione: chi invocò un errore involontario, chi attribuì la responsabilità alla confusione nei propri uffici, chi si rifugiò in motivazioni inconsistenti e vaghe.
La verità, però, era chiara: sapevano, e avevano incassato somme non dovute, generando utili consistenti, poi reinvestiti per ampliare le loro attività, mentre, nello stesso periodo, l’Asp non aveva fondi sufficienti neppure per acquistare farmaci salvavita. Imposi loro la restituzione immediata delle somme.
In caso contrario, li avrei denunciati alla Procura della Repubblica. Quindici giorni dopo, venni rimosso dall’incarico.
Tutto finì in silenzio, nel vuoto consueto che assorbe ogni tentativo di giustizia“.
Mario Oliverio ha ascoltato con attenzione il racconto di Gioffrè e nel suo intervento, sollecitato dalle domande della moderatrice del dibattito, la giornalista Tiziana Bagnato, ha ricostruito anche lui i passaggi politici che hanno portato al commissariamento della sanità calabrese. Ed è partito proprio dal momento in cui Peppe Scopelliti, insieme a Tonino Gentile e a Roberto Occhiuto, andò a chiedere al governo Berlusconi lo sciagurato commissariamento, con il quale è stata dichiarata senza se e senza ma la fine della sanità calabrese. Oliverio ha poi ricordato le vicende relative al suo insediamento alla Regione Calabria e all’ostracismo posto dall’allora premier Matteo Renzi al passaggio delle competenze commissariali alla Regione Calabria, come è accaduto con Occhiuto.
Oliverio ha ricordato come Renzi gli abbia fatto “guerra” non appena decise di bloccare tutti gli accreditamenti alle strutture sanitarie private, “scavalcandolo” con un decreto commissariale nel quale riapriva i rubinetti a tutti i boss della sanità privata. Non scopriamo certo l’acqua calda se ricordiamo i legami strettissimi tra l’ebetino e il famigerato gruppo iGreco ma Oliverio ci ha calato il “carico” ricordando che qualcuno di questi boss – anche se non ha fatto il nome – andava a Roma con le borse… lasciando intuire che fossero piene di.. denari e non certo di soppressate o cotillon…
Sia Gioffrè sia Oliverio hanno offerto alla politica le coordinate di come agire per ristabilire un minimo di legalità: innanzitutto rinegoziare il piano di rientro dal quale, così restando le cose, non usciremo mai…, e poi ricostruire i debiti andando a rintracciare le singole fatture e tutti gli intrecci che ci stanno dietro. Certo, non si tratta di cose facili ma non c’è dubbio che se dopo il disastro Occhiuto ci sarà finalmente al comando della Regione un politico onesto, è da qui che dovrà ripartire per ridare dignità ai calabresi.