QUANDO IL PUBBLICO NON FUNZIONA CI DICONO “VAI DAL PRIVATO”
di Fem.In. Cosentine in lotta
“E vai da un privato signorì”, sono queste le parole che molte di noi si sono sentite dire. Da chi? Ma dal numero verde della Regione Calabria, ovvio! Quel contatto, tanto magico quanto inutile, preposto come ausilio nella gestione del tracciamento e dei tamponi durante l’emergenza Covid.
È infatti ormai comprovato come i telefoni, e delle ASP e degli uffici degli enti predisposti dalla Regione, suonino spesso a vuoto – al massimo è possibile ricevere una risposta durante “l’orario d’ufficio”, come se la situazione pandemica si fermasse per la pausa pranzo!
Quello che ci domandiamo è: com’è possibile un tale assetto, dopo mesi e mesi di emergenza, in un momento in cui i contagi sono cresciuti e conseguentemente è incrementata anche la possibilità di essere contagiati?
🎢 Per carità, anche in questo caso vi sono le montagne russe del rimpallo di responsabilità: è infatti risaputo quali siano stati, sin dall’origine, i criteri indicati dal SSN su quando e come effettuare i tamponi: bisogna essere sintomatici. E se questo è l’andazzo nazionale, lo scempio del nostro SSR poteva solo continuare, e peggiorare, quello che già ci appariva altamente discutibile.
Ormai lo abbiamo capito, non importa se non si vive da soli, se vi è contatto con familiari anziani o con altre ancora, che a loro volta svolgono un lavoro cui vi è un minimo di contatto con la gente: devi essere sintomatico oppure, come ci suggeriscono dalle corsie telefoniche di ASP e REGIONE, ci si può recare da un privato! Perché “così facendo, in presenza di un test sierologico positivo, il privato è costretto a segnalare il soggetto in questione all’ASP, che a sua volta deve necessariamente eseguire un tampone allo stesso, altrimenti se non si fa così è difficile riceverne subito uno”, sono queste le affermazioni che ci fanno chiedere fino a che punto i privati possano lucrare sull’emergenza, ma anche in che misura il farraginoso Sistema Sanitario pubblico voglia continuare nel demandare, senza vergogna, a questi. In uno scenario simile, come potrebbe sentirsi al sicuro un cittadino che scopre di esser stato a contatto con un soggetto positivo e prova invano, per ore se non giorni, a parlare con gli enti preposti, nella speranza di ricevere informazioni valide e cercando di accaparrarsi il diritto ad un tampone?
Del resto, la situazione è questa anche grazie al crollo del sistema di tracciamento; ricordiamo infatti che:
– il laboratorio di microbiologia di Rossano è stato aperto per poco tempo dopo un’attesa di oltre cinque mesi (nonostante la capacità di processare circa 300 tamponi al giorno);
– l’Università della Calabria ha chiesto a metà ottobre alla Regione di poter mettere a disposizione i propri laboratori, già opportunamente predisposti, per processare i tamponi, e ancora aspetta risposta;
– il laboratorio dell’AO Annunziata è al collasso totale, in quanto l’unico nell’intera provincia (la più popolosa della regione) a processare faticosamente i tamponi;
– l’ASP di Cosenza continua a non effettuarne la registrazione e lascia il carico della digitalizzazione dei tamponi al laboratorio stesso il quale, nonostante gli sforzi, da un lato non vede ancora l’assunzione di personale amministrativo e dall’altro continua a vedere l’ASP (inerme di fronte l’utilizzo dei software) affidarsi al cartaceo generando inesattezza, ritardo e confusione circa la comunicazione degli esiti alla Regione ed ai cittadini stessi (capita, ad esempio a Corigliano, che un anziano muoia in ospedale nell’attesa dell’esito di un tampone).
In questo contesto, anziché pretendere un concreto funzionamento delle USCA, in luoghi dove anche in “tempi non sospetti” non vi è traccia neanche di un punto di primo soccorso, i comuni cercano di sopperire alle mancanze tramite convenzioni con privati (i soliti, purtroppo), presso i quali ci si possa per lo meno fare un tampone ad un prezzo più ragionevole. Vi sono altri comuni che, invece, hanno direttamente acquistato il reagente per poi far eseguire i test antigenici a dei volontari: lodevoli, sì, ma non del tutto competenti, con il risultato catastrofico di intere comunità in cui vi è stato un boom di falsi positivi: è il caso di Laino Castello, in cui il test rapido è stato messo a disposizione della cittadinanza al modico prezzo di 40 euro (ma non preoccupatevi, in comuni limitrofi sono saliti anche a 50 e più!).
Non è forse questa la plateale rappresentazione di un fallimento totale? Noi vogliamo gridare all’illogico agire generale in una situazione in cui servirebbero tutele, diritti e sicurezza anche tramite la costituzione di una linea unica, chiara ed efficace, che non lasci enti, amministrazioni locali ed individui tutti al “fate come vi pare”, perché poi si sa, alla fine a pagare, letteralmente, e a morire, sempre letteralmente, nell’attesa dei risultati di un tampone, siamo sempre e solo noi cittadine.









