Calabria. Siccità o politiche inadeguate di gestione delle risorse idriche?

Siccità o politiche inadeguate di gestione delle risorse idriche?

di Eraldo Rizzuti, geologo

La Calabria affronta da diversi anni una situazione di crisi idrica dovuta a una serie di fattori che influenzano la disponibilità e la gestione delle risorse idriche nella regione.
Per la sua posizione assiale nel Mediterraneo è la regione in cui vi sono le maggiori precipitazioni annue (1150 mm contro 950 del resto dell’ Italia) e nonostante la presenza di più di venti invasi, è una delle regioni più colpite dalla siccità. Le precipitazioni irregolari, hanno portato a un deficit idrico e a una ridotta disponibilità di acqua per uso domestico, agricolo e industriale.

Una attenta gestione della manutenzione degli invasi, una rete di distribuzione adeguata delle riserve idriche accumulate e un’equa ripartizione dell’acqua potabile nelle varie aree della regione, sarebbero state utili soluzioni per superare i periodi siccitorsi.
I Nabatei nel deserto, nel 200 A.C., nonostante le scarse precipitazioni riuscirono a creare serbatoi capaci di accumulare 40 milioni di mc di acqua, disponibili per le loro attività e anche per le carovane che attraversavano la zona.
Nonostante i numerosi invasi presenti in Calabria perchè non riusciamo ad accumulare acqua sufficiente per superare le fasi di scarse precipitazioni?

Forse perché per l’insufficiente manutenzione, il servizio di controllo dello Stato (servizio dighe) non ci consente, per problemi di sicurezza, di usare la massima capacità degli invasi?
Invece di usare mega acquedotti (vedi Abatemarco) con acque al limite della potabilità in serbatoi calcareo dolomitici, perché non costruiamo piccoli acquedotti rurali, captando sorgenti in terreni igneo metamorfici con acque di migliore qualità?

È evidente che c’è stato da “sempre” un deficit della visione d’insieme del bene comune acqua che non è stato mai affrontato in maniera efficace.
La mancanza di infrastrutture idriche adeguate, come sistemi di approvvigionamento,
reti di distribuzione e impianti di depurazione, hanno contribuito a una gestione inefficace delle risorse idriche e ad una insufficiente copertura dei servizi nelle aree rurali, turistiche e periferiche della Calabria.

L’agricoltura intensiva, l’industria e il turismo hanno alimentato un eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, mettendo a rischio l’equilibrio idrogeologico e la disponibilità di acqua potabile per la popolazione.
L’inquinamento ha influenzato la frequenza di eventi meteorologici estremi come siccità alluvioni e ondate di calore che hanno aggravato la crisi nella regione.

Crisi che per essere affrontata richiede l’ adozione di una serie di misure e strategie, tra cui:
– il miglioramento delle infrastrutture per garantire un’adeguata gestione delle risorse idriche e una distribuzione equa dell’acqua potabile nelle varie aree della regione.
– Promozione di pratiche agricole sostenibili e di tecniche di irrigazione efficienti per ridurre l’eccessivo consumo di acqua nel settore agricolo.
– Sensibilizzazione della popolazione sull’importanza del risparmio idrico e del suo uso responsabile.
– Pianificazione territoriale e gestione integrata per garantire una gestione sostenibile e resiliente delle risorse idriche.
Inoltre, è fondamentale promuovere la cooperazione tra autorità regionali, enti e comunità locali per affrontare congiuntamente la crisi e adottare soluzioni innovative e sostenibili per garantire la sicurezza idrica e il benessere della popolazione calabrese.

Infine concludo con due domande: c’è stata una efficace ed efficiente programmazione e utilizzo delle ingenti risorse, avute in prestito dall’Europa, messe a disposizione dal PNRR per risolvere la crisi nel settore idrico?
Cambierà qualcosa?