di Santo Gioffrè
Ad ogni movimento di lotta che esce fuori dai canoni preordinati del potere, palese e occulto che impera in Calabria, e che crea scompiglio negli ordinati e geomentrici piani del signore-padrone, compaiono i noti sottoni, i servetti che stanno nei restroscala, i promiscui personaggi a mezzacottura, d’utilità esclusiva degli affari del capo. Intervengono ed esaltano la neutralità mascolinità tipica degli eunuchi. Mostrano calcoli, grafici, girano, si voltano, solo per dire che tutto va bene tra i rimasugli della mensa del signore, dalla quale ricevono nutrimento.
Non attaccano mai perché le molliche che cadono a terra bastano a saziarli. Questa è la Calabria. Terra di miseria, dove ogni lampo viene scambiato per luce increata. Persino in chi, intellettuale e audace anarchico nei circoli di dubbia accademicità, diventa Crispi appena il Re gli porge nomina e pecunia. Nessuna domanda solo dati, grafici, proiezione di belle prossime, grandi realizzazioni. Nulla dicono sulla Calabria ormai privata di una sanità pubblica, sbranata dalle cosche di colletti bianchi, protetti nei saccheggi, tanto da ridurla in un bancomat. Nulla sui processi sommari imbastiti contro i pochi medici ancora esistenti che fanno il proprio dovere prescrittivo, guidati solo da umanità e dal giuramento d’Ippocrate. Non che in Calabria non vi sono più medici e il 45% della sanità è in mano ai privati e l’altro 45% in mano alla sanità del Nord. Non che lo screening è all’8% e si continua a pagare stipendi altissimi a gente che operano in strutture vuote. Nulla. Solo soccorrere il padrone in difficoltà. Ma il giochetto é finito e la miseria di questi giocolieri da strada è talmente palese da creare emozione, considerazione, desiderio di sorridere se non fossimo, tutti, dentro un dramma di entità epocale dove sta andando in scena la morte di una Terra, la Calabria.