La verità sulla faida tra Regione e Calabria Verde inizia a venire fuori.
Quasi due anni fa – il 4 maggio 2016 per la precisione – la Calabria si svegliava con la notizia di perquisizioni in abitazioni e uffici di dirigenti e consulenti di Calabria Verde da parte della procura di Castrovillari, che si avvaleva della collaborazione del Corpo Forestale. Oggi, rispettando i tempi, il procuratore Facciolla ha inviato agli indagati l’avviso di chiusura delle indagini.
A Catanzaro, quel giorno di maggio di due anni fa, le perquisizioni erano avvenute negli uffici della Cittadella regionale, in particolare quelli del capo di gabinetto di Mario Oliverio, Gaetano Pignanelli, e nell’area del dipartimento Agricoltura occupata dal dirigente Mario Caligiuri.
Pignanelli è indagato, insieme ad altre otto persone, per truffa in concorso, secondo quanto risulta dal decreto di perquisizione recapitato dagli uomini del Nipaf del Corpo forestale dello stato e del comando di Cava di Melis.
Non c’erano avvisi di garanzia, si trattava, come comunque specificava bene all’epoca il comunicato del Corpo Forestale, di iscrizioni nel registro degli indagati. Oltre a Pignanelli, ci sono l’ex direttore generale Paolo Furgiuele, due dirigenti di Calabria Verde, Leandro Savio e Gennarino Magnone, Mario Caligiuri (capo struttura del dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione), Aurelio Pio Del Giudice (dipendente di Calabria Verde con mansioni di responsabile del patrimonio boschivo), Ivo Filippelli (capo operaio di Calabria Verde), l’ingegnere Antonietta Caruso (responsabile dell’ufficio “Patrimonio e Servizi forestali” di Calabria Verde), e l’imprenditore Marino De Luca, titolare della ditta De Luca Marino di San Giovanni in Fiore.
La novità scaturita ieri sera dal Tribunale di Castrovillari è che tutti e nove gli indagati sono stati rinviati a giudizio. A condurre questo primo filone di indagini gli uomini del Nipaf del Corpo forestale dello Stato e del comando stazione di Cava di Meli
Secondo i magistrati il burocrate Pignanelli avrebbe sollecitato «più volte Leandro Savio (all’epoca dirigente di Calabria Verde, ndr) a istruire la prativa relativa al rilascio della concessione in favore di Marino De Luca, ancor prima che De Luca depositasse l’istanza di rilascio della concessione, rimproverando Savio per non averlo fatto prima».
È attorno al rilascio di queste concessioni che ruota il caso. Gli indagati, secondo l’accusa, avrebbero prodotto un’attestazione falsa – al ribasso – della quantità di legna presente sul territorio di Bocchigliero. Tutto per consentire l’affidamento diretto del taglio all’azienda di Marino De Luca, senza passare attraverso una procedura di evidenza pubblica.
Secondo i pm Pignanelli si sarebbe speso a favore della ditta due volte: prima sollecitando il rilascio della concessione, poi – dopo la sospensione delle concessioni, decisa dall’allora manager Furgiuele – convocando lo stesso Furgiuele e «intimandogli di revocare le sospensioni e indicando quale nuova responsabile dell’Ufficio 2 “Patrimonio e Servizi forestali” del distretto 5, Antonietta Caruso».
E’ soltanto una parte della verità, naturalmente. Un secondo filone è in capo alla Procura di Catanzaro con la collaborazione di quella reggina. La partita di Calabria Verde si gioca su più fronti: dalle concessioni illegali su cui indaga la procura di Castrovillari, appunto, alla mancata rendicontazione di 102 milioni di euro, alla dissennata gestione del fondo economale per concludere in bellezza con il mega appalto di 32 milioni cucito su misura a Luigi Matacena, campione assoluto degli appalti ormai da anni.
Materie per le quali sono in campo la DDA di Catanzaro e la DDA di Reggio Calabria, che il 21 settembre 2016 procedeva all’arresto – per i reati sopra menzionati – dell’ex direttore generale Paolo Furgiuele e del dirigente Alfredo Allevato. E successivamente ha arrestato anche il faccendiere Giuseppe Speziali e i suoi compari per la vicenda della truffa alla Protezione civile sugli elicotteri antincendio.
Quello di Palla Palla e del suo braccio destro, dunque, è soltanto il primo tassello di questa storia. Quello meno “scottante”. Nel quale l’obiettivo politico è Mario Oliverio insieme al suo fido scudiero Gaetano Pignanelli. Che di queste cose è maestro.
LA CRONISTORIA
Il 16 luglio 2015 il geometra Luigi Rizzo viene nominato da Calabria Verde per la direzione dell’Ufficio Foreste del Distretto numero 5 nel quale ricadono San Giovanni in Fiore, Bocchigliero e Longobucco.
E’ una nomina che cala dall’alto ed è maldigerita all’interno di Calabria Verde. Tant’è vero che il geometra Rizzo non fa neanche in tempo ad insediarsi che si dimette, il 6 agosto scorso. E’ evidente che Rizzo era funzionale a una serie di obiettivi ma chi deve raggiungere i suoi obiettivi cambia soggetto e inizia a tampinare un altro dirigente di Calabria Verde, Leandro Savio.
L’uomo che deve raggiungere i suoi obiettivi è il capo di gabinetto del presidente Mario Oliverio. Si tratta di quell’avvocato Gaetano Pignanelli del quale abbiamo scritto diffusamente per il pasticcio della clinica dentro l’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore. Un affare andato in porto grazie al suo decisivo “parere legale”. Clamorosamente falso.

Gaetano Pignanelli è sangiovannese come Oliverio e ormai i due fanno coppia fissa dal lontano 2007, quando Palla Palla lo prelevò dall’Ufficio legale di San Giovanni dove aveva fatto il “danno” della clinica nell’Abbazia. Da allora, sette anni alla Provincia e via, insieme a Mario, anche alla Regione.
Pignanelli caldeggia in particolare tre concessioni, tutte a beneficio della ditta De Luca Marino di San Giovanni in Fiore.
Sono la n. 12304 del 17 giugno 2015; la n. 13157 del 1° luglio 2015 e la n. 13997 del 13 luglio 2015.
Il 28 agosto Calabria Verde emette un provvedimento di sospensione per le tre concessioni e dispone un accertamento tecnico. Una delle tre concessioni viene rilasciata anche su un fondo per il quale non era neanche stata effettuata la richiesta.
Oltre a queste concessioni, arriva anche la “scoperta” di un taglio boschivo illegale. Che può essere addebitato solo alla volontà della Regione, visto che Calabria Verde non può autorizzare nessun tipo di tagli boschivi.
Inizia il viavai dei titolari della ditta sangiovannese negli uffici di Calabria Verde e della Regione.
L’avvocato Pignanelli capisce che è il momento di riproporre un suo fedelissimo all’interno di Calabria Verde e il 2 settembre nomina l’ingegnere Antonietta “Antonella” Caruso al posto del geometra Rizzo a responsabile dell’Ufficio Foreste Distretto n. 5.
ARRIVA L’ANTICORRUZIONE
Passano appena cinque giorni e il 7 settembre il dirigente Leandro Savio di Calabria Verde invia una nota all’Autorità Anticorruzione, la nota n. 16689.
L’ingegnere Caruso è comprensibilmente preso tra due fuochi e prova a far valere le ragioni della Regione rispetto alla denuncia del dottor Savio. Ormai siamo in piena guerra.
Il 23 settembre l’Autorità Anticorruzione risponde al dottor Leandro Savio con una nota nella quale viene messo in luce un articolato sistema elusivo delle procedure per il rilascio di concessioni e di una serie di errori grossolani a tutto beneficio delle ditte ai danni dell’azienda.
Non solo: il controllo di gestione il 13 ottobre rilascia una nota a firma della dottoressa Zurzolo nella quale si evidenziano aspetti altamente negativi della gestione delle concessioni nell’ambito del settore foreste.
Da lì lo scatenarsi definitivo della faida. Con l’intervento della procura di Castrovillari e del Corpo Forestale dello Stato che il 1° marzo 2016 hanno sequestrato tutta l’area boscata e hanno iscritto cinque persone nel registro degli indagati.
Pignanelli è stato ancora protetto dal suo “capo” e da tutti i consiglieri regionali che se la fanno sotto. Anche l’insediamento del commissario Aloisio Mariggiò, risalente al 31 marzo 2016, è stato superato senza il minimo scossone, anzi. I fatti riguardanti la tangente da 20mila euro risalgono addirittura a ottobre dello scorso anno, con Mariggiò al timone di Calabria Verde. Ma adesso sono arrivate anche le prove del giro di soldi, le perquisizioni, addirittura gli arresti e adesso finalmente anche la chiusura delle indagini e infine il processo. Che si fa? Ai posteri l’ardua sentenza…