Carcere e villeggiatura, l’ironia di Otello Profazio

Il folk singer e cantautore calabrese Otello Profazio insignito del Premio Tenco 2016.

Un significativo ed amaro canto popolare in voga sia in Calabria sia in Sicilia descrive il carcere con cruda ironia e perfino con scherno e stamattina è ritornato in mente a molti, dopo le notizie riguardanti l’operazione della Dda nel carcere di Catanzaro, che ha portato all’arresto di 26 persone con la sospensione di 7 agenti di polizia penitenziaria e il clamoroso arresto dell’ex direttrice Angela Paravati, evidentemente – secondo l’accusa – tutti a completa disposizione dei clan.

Qui in Calabria è stato il popolare cantastorie e cantante folk Otello Profazio, recentemente scomparso, vincitore anche del prestigioso Premio Tenco, a rilanciarlo e anche con grande successo negli anni passati e non c’era concerto nel quale non gli chiedevano di cantarlo. Si chiama, in maniera fin troppo eloquente, “Carcere e villeggiatura”.

Del resto, basta leggere e ascoltare il testo per capirne l’ironia e il profondo significato.

“… Mi dinnu ca lu carceri è galera ma a mmia mi pari na stanza reale… Cu dici ca lu carceri è galera non sapi ca lu carceri è na scola… ja intra nd’imparammo l’istruzioni di pugnali, cuteddi e bastuni… Mi dinnu ca lu carceri è galera ma a mmia mi pari na villeggiatura…”. 

E per personalizzare, alla calabrese, questo canto popolare sempreverde, Profazio inserisce anche le località che ospitano le carceri. “Lu carceri di Palmi è duci duci… e chiddru i Catanzaro a mmia me piaci… lu carceri di Locri l’aiu ‘nto cori… ja intra ci passai li megghiu uri…. Lu carceri i Cosenza poi è na pacchia, ja intra ppi daveru non s’invecchia… ‘Ntra chiri i Riggiu stezzi un solu jornu ma non è dittu ca non ci ritornu…”. E via col ritornello finale: “Mi dinnu ca lu carceri è galera ma a mmia mi pari na villeggiatura”. 

Passando invece alla Sicilia, ecco cosa scrive nella sua tesi di laurea “Il carcere nella cultura mafiosa” Federica Radaelli, relatore il prof. Fernando dalla Chiesa. “… Se ne può desumere che il carcere sia vissuto con scherno, senza la consapevolezza del delitto commesso e del compito della struttura carceraria (limitare la libertà al fine di punire, prevenire e di riabilitare). Il carcere è vissuto con indifferenza, quasi come momento di passaggio in cui è anzi possibile accrescere il proprio potere, stringere nuove alleanze e pensare a nuovi progetti. Colpisce l’immagine che è tramandata dalla realtà storica, dei detenuti all’Ucciardone che ordinano le più prelibate pietanze al ristorante per poter mangiare in carcere come essi preferiscono perché la “roba” dello Stato per loro è immangiabile…”. Più o meno come a Catanzaro ma anche a Cosenza, dove poco tempo fa sono stati arrestati altri agenti di polizia penitenziaria… OTELLO PROFAZIO: CARCERE E VILLEGGIATURA (https://www.youtube.com/watch?v=S_nmHY4eeIA)