Occhiuto ci definisce dei terroristi. Detto da lui che ha sempre usato questo metodo nei confronti di chi dissente dalle sue “opinioni”, suona proprio come una beffa.
Occhiuto volutamente dimentica i tempi del patto tra Lazzaroni stipulato nella sua prima consiliatura. Un accordo tra lui e i poteri forti della città, all’epoca rappresentati dal procuratore capo Granieri, il questore Anzalone, il prefetto Cannizzaro, il colonnello Ferace e diversi direttori di giornali tra cui Matteo Cosenza che all’epoca dirigeva il Quotidiano della Calabria. Erano i tempi i cui scrivevamo dell’appalto più importante della città: piazza Fera/Bilotti, documentandoci ed indagando sulle strane presenze che si muovevano attorno al cantiere.
Non esisteva ancora Iacchite’. Ed insieme ad una brava giornalista che all’epoca lavorava proprio con il Quotidiano della Calabria e costretta per questo ad “emigrare”, giornalmente e con costanza, facevamo il punto sui lavori del cantiere. Scrivevamo che non solo la gara d’appalto presentava anomalie amministrative, per via di “strani incontri” avvenuti un mese prima della gara d’appalto, tra il sindaco e quello che diventerà il capofila dell’ATI che costruirà la piazza, Giorgio Ottavio Barbieri, insieme all’ex ministro Clini in quel di Roma – incontro documentato e filmato dalla Guardia di Finanza – ma anche dei rapporti tra esponenti di palazzo dei Bruzi nominati dal sindaco, e noti mafiosi locali. Così come documentato sempre dalla Guardia di Finanza.
Riuscimmo a scrivere e a pubblicare sul Quotidiano della Calabria una serie di articoli che accendevano i riflettori proprio sulla strana gestione dell’appalto. E questo suscitò l’ira del sindaco che da buon terrorista qual è, mobilitò tutto l’apparato dei Lazzaroni contro di noi. Fummo convocati diverse volte in questura per essere sentiti su presunte minacce arrivate al sindaco e su un allarme bomba al Comune. Accusavano la giornalista di essere l’autrice di una telefonata anonima in Comune in cui si annunciava lo scoppio di una bomba. Gli investigatori riferivano alla giornalista di avere delle riprese di una telecamera che inquadravano una donna dai capelli lunghi e biondi (come la quelli della giornalista), ripresa di spalle, dentro una cabina telefonica proprio lo stesso giorno e alla stessa ora in cui arrivò la telefonata minatoria. Una ripresa che nonostante le tante richieste da parte dei nostri avvocati di prenderne visione, non si è mai “materializzata”. Un chiaro messaggio intimidatorio fatto da funzionari dello stato – che all’epoca si prestavano a fare favori al sindaco Occhiuto – alla giornalista: se non la smetti di scrivere su piazza Fera/Bilotti, insieme a quell’altro (che sarei io), per voi le cose si mettono male.
Una intimidazione che non funzionò, e allora Occhiuto si recò personalmente nell’ufficio del direttore Matteo Cosenza chiedendogli com’era possibile far scrivere personaggi come noi sul suo giornale, e che doveva porre in essere qualche soluzione per fermare gli articoli. La presenza di Occhiuto quel giorno nella redazione del Quotidiano è accertata dal fatto che tutta la redazione lo vide entrare nell’ufficio del direttore. Il risultato fu l’allontanamento delle giornalista prima a Rende, poi a Reggio Calabria ed infine in Basilicata. Ma neanche questo fermò gli articoli. Continuammo a scrivere utilizzando FB.
E allora scattò il trappolone. Una mattina fummo convocati negli uffici della Digos perché accusati di aver messo una bomba molotov alla questura. Fecero ritrovare nei pressi della questura una rudimentale molotv, e dopo aver ripreso un nostro passaggio in quella via, c’è da dire che noi abitiamo in quella strada, ci accusarono di essere gli attentatori. Fummo interrogati e sottoposti al prelievo del DNA. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. La giornalista si arrese e decise di andare via perché per lei il suo mestiere non era più praticabile nella nostra città. Ci volle più di anno per essere completamente prosciolti da quella infamante accusa costruita a tavolino da chi era agli ordini del sindaco. Ora, tutto questo che è fortemente documentato, è frutto della mia fantasia? Non è forse terrorismo quello da noi subito? Oppure il sindaco ha una spiegazione diversa da quella da me fornita? Del tipo: furono gli uomini dello stato a prendere l’iniziativa senza che il sindaco ne sapesse niente. Così tanto per fare un favore al sindaco, a sua insaputa. Come spiega Occhiuto tutto questo? Chi mise la molotov vicino alla questura aspettando il nostro passaggio?
Di sicuro dei terroristi di stato.
Occhiuto ha sempre avuto un’avversione verso il libero pensiero. E verso chi lo manifesta. Al punto di porre in essere delle vere e proprie strategie terroristiche pur di eliminare il dissenso. Avvalendosi di uomini dello stato che invece di verificare ciò che noi scrivevano sull’appalto, si adoperarono, utilizzando impropriamente le loro prerogative d’ufficio, a costruire false accuse e false bombe. Ovviamente nessun pm intese aprire una inchiesta, dopo il nostro proscioglimento, per appurare chi realmente avesse piazzato quel rudimentale ordigno nei pressi della questura. Quello che interessava loro era bloccare il nostro lavoro, e con la bomba c’erano riusciti.
A distanza di diversi anni da questo episodio, che non è il solo nei nostri confronti, la DDA di Reggio Calabria intervenne con una inchiesta proprio sui lavori curati dalla Barbieri Group in tutta la Calabria, compreso l’appalto di piazza Fera/Bilotti, arrestando diversi mafiosi e il titolare della Barbieri Group: Giorgio Ottavio Barbieri. L’accusa è quella di essere organico alla cosche reggine e a quella di Franco Muto e di aver costruito la piazza con l’aiuto della ‘ndrangheta. Esattamente quello che avevamo scritto noi. Ed è questo che non va giù ad Occhiuto: prima o poi, a furia di battere il tamburo, la verità viene fuori. E l’unica cosa che gli interessa è fermare i tamburi con ogni mezzo necessario, lecito ed illecito.
Se non è terrorismo questo, ditemi voi cos’è?
GdD