Vibo Valentia. Prima svolta nelle indagini per la scomparsa di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello della quale non si sa più nulla dal 6 maggio del 2016. Il Gip del Tribunale di Vibo, su richiesta della locale Procura, che ha coordinato le indagini condotte sul campo dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Vibo Valentia, della Compagnia di Tropea e del Ros, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto già noto alle forze dell’ordine, ritenuto responsabile di concorso in omicidio.
L’arrestato è Salvatore Ascone, 53 anni, di Limbadi, detto “U Pinnularu”, già coinvolto in diverse operazioni antimafia e ritenuto legato al clan Mancuso, proprietario della villetta di fronte la tenuta agricola da dove è stata prelevata e fatta sparire Maria Chindamo. Insieme a lui risulta indagato a piede libero un operaio romeno. Per l’accusa Ascone, con la complicità del suo dipendente, avrebbe manomesso il sistema di videosorveglianza la notte precedente alla scomparsa della Chindamo contribuendo ad aiutare gli esecutori materiali dell’omicidio. Ad aggravare la sua posizione le dichiarazioni fornite agli inquirenti del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso che conosceva Ascone.
Dopo la scomparsa, venne ritrovata l’auto di Maria Chindamo, un fuoristrada, in località Montalto di Nicotera. All’interno gli investigatori repertarono delle evidenti tracce di sangue. A squarciare il silenzio e a riaccendere i riflettori sulla scomparsa della donna, nel marzo scorso, una lettera anonima recapitata al legale della famiglia, l’avvocato Nicodemo Gentile, e alla Procura di Vibo, contenente delle indicazioni dettagliate sul caso, dal movente fino al punto esatto dove si sarebbe trovato il corpo della Chindamo, una zona tra le province di Vibo e di Reggio Calabria, non distante dal posto in cui sarebbe stata prelevata con la forza e portata via. Del caso si era occupato anche la trasmissione televisiva di Rete 4, “Quarto Grado”, durante la quale proprio il fratello di Maria, Vincenzo Chindamo, e l’avvocato Gentile, avevano parlato della lettera, ritenuta dai familiari riconducibile a persone che avrebbero conosciuto le abitudini di Maria. Per il fratello della Chindamo, dunque, la sparizione potrebbe essere stata una “vendetta” e la lettera ne alimenterebbe questo sospetto.
CASO VANGELI
Luce sulla scomparsa di Francesco Domenico Vangeli, il giovane di 26 anni, di Scaliti, piccola frazione di Filandari, scomparso nel nulla nell’ottobre dello scorso anno. I carabinieri della compagnia di Vibo Valentia, fin dalle prime ore dell’alba, stanno eseguendo il fermo di indiziato di delitto a carico di uno dei responsabili dell’omicidio di Vangeli. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Vibo Valentia.
La pista seguita è quella dell’omicidio passionale con il corpo del giovane fatto sparire: Francesco si sarebbe innamorato di una donna contesa con un altro uomo, vicino alla ‘ndrangheta. Una tesi sostenuta anche dalla mamma della vittima, Elsa Tavella, che un anno fa non aveva avuto dubbi nell’affermare che il figlio fosse stato “attirato in una trappola e poi ucciso”. Gli inquirenti, d’altronde, si erano indirizzati nel novembre del 2018 verso due fratelli di San Giovanni di Mileto, Antonio e Giuseppe Prostamo, di 30 e 34 anni, indagati per omicidio e occultamento di cadavere. Stamani ancora una svolta con i militari della Compagnia di Vibo Valentia che stanno eseguendo un fermo di indiziato di delitto a carico di uno dei presunti responsabili dell’omicidio di Vangeli.Si tratta di Antonio Prostamo, 30enne ritenuto un esponente di spicco dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di San Giovanni di Mileto, che è finito in carcere con l’accusa di omicidio aggravato dalle modalità mafiose e di distruzione di cadavere. Forse la quadratura del cerchio.
I dettagli saranno illustrati nella conferenza stampa prevista per le ore 09:30 presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Vibo Valentia, alla quale farà seguito quella per il caso Chindamo.