Lo chiamavano “Mister centomila”. Umberto Gigliotta, professione imprenditore, per tutti era “Mister centomila”. Perché di soldi, a leggere le carte dell’ordinanza denominata “Basso profilo” che, il 21 gennaio 2021, aveva portato alla notifica di 50 misure cautelari, ne maneggiava tanti. Così tanti che qualche mese dopo la sua posizione si era aggravata ed era sconfinata nell’associazione mafiosa col clan Trapasso. E poi è arrivato un maxisequestro da 4 milioni di euro.
Per la Dda il 39enne catanzarese “creava società fittizie preponendo soci e amministratori privi di alcuna capacità reddituale e privi di patrimonio passibile di escussione, società sprovviste di compagine aziendale e di sede reale, al fine di impedire di risalire al reale gestore; attraverso le suddette società, emetteva fatture per operazioni inesistenti nei confronti di società reali al fine di permettere loro di creare costi d’impresa fittizi, assicurando a sé un indebito risparmio fiscale; apriva conti correnti postali e bancari, a nome di società fittizie e di prestanome nullatenenti, con i quali otteneva degli affidamenti che subito monetizzava attraverso prelievi, eludendo qualsivoglia azione esecutiva volta a recuperare i crediti maturati; nonché finanziamenti per l’acquisto di beni di lusso, di cui si appropriava”. Immobiliarista, “leader”, così lo definisce la Dda, “profondo conoscitore del sistema legato alle frodi fiscali”.
Beni di lusso come la Porsche tipo 911 Carrera 4 cabriolet: un gioiellino da 117.000 euro. Ma tante altre. Tre delle quali, compresa la Porsche di cui sopra, sono state sequestrate. E persino un lingotto d’oro. Un tenore di vita tutt’altro che di “Basso profilo”. Lui, a disposizione del clan Trapasso, tanto da gestire il pub MOPS di Catanzaro Lido, locale di tendenza della movida. “Tale ultimo assunto – scrivono nelle carte – si fonda sulle dichiarazioni concordanti rese da taluni collaboratori di giustizia e su quanto emerso dalle attività tecniche, nonché dagli accertamenti bancari che hanno confermato la grande disponibilità di denaro in capo a Umberto Gigliotta”. Gigliotta, compare di nozze di Tommaso Trapasso, figlio del boss Giovanni Trapasso, e in contatto con esponenti del clan dei gaglianesi, per gli inquirenti sarebbe il proprietario “occulto” del pub. E la convinzione della Dda è stata riscontrata proprio con il sequestro della società che gestiva il pub Mops.
Per la Dda “le attività svolte hanno restituito un solido quadro probatorio che consente di affermare che Umberto Gigliotta, imprenditore catanzarese operante ufficialmente nel settore immobiliare, è a capo di un’associazione finalizzata alla commissione del delitto di riciclaggio e di delitti in materia finanziaria”.
“E’ un ragazzo che si dà da fare…”, dirà in una delle tante dichiarazioni rese ai pubblici ministeri il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi.
E poi l’usura. Lo spiega il collaboratore di giustizia Dante Mannolo, che, in una delle tante dichiarazioni – racchiuse nelle carte della Dda -, indica Gigliotta “come persona vicino al clan Trapasso il cui ruolo è quello di riciclare denaro per conto della suddetta cosca”. “Gigliotta – aggiungerà – ha iniziato a fare usure impiegando i capitali della famiglia Trapasso di San Leonardo, per poi aprire un’impresa immobiliare e fare investimenti per conto dei Trapasso” .
Siamo davanti a un’inchiesta che ha coinvolto nomi (anche altisonanti) della politica, del mondo delle professioni e della classe imprenditoriale di Catanzaro e dintorni, con il coinvolgimento di soggetti tuttavia provenienti da altre regioni e persino dall’estero.
Ma al di là di tutto resta da chiarire la posizione di alcuni imputati, fra cui non solo Umberto Gigliotta (alias Mister Centomila) ma anche un altro Umberto, che di cognome fa però Rotundo. Il quale, fatto oggetto nell’ambito degli atti compiuti a seguito del procedimento penale a suo carico di una perquisizione domiciliare, sarebbe stato trovato in possesso di ben 100mila euro in contanti. Somma ingentissima, come ovvio, che il Rotundo ha tuttavia giustificato con il fatto di lavorare, insieme al padre di cui sarebbe di fatto rappresentante, nell’azienda di famiglia attiva nel settore della grande distribuzione dell’ortofrutta.
Di questo sequestro è trapelato poco, anzi pochissimo e pare che non sia l’unico aspetto da accertare, perché si stanno cercando lumi anche sulla partecipazione di Rotundo in qualità di socio del Mops, noto locale della movida del quartiere marinaro del capoluogo e quartier generale di Gigliotta.