Catanzaro. Bertolone e la politica: ecco come l’onorevole Viscomi è finito in “mutande”

« …Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande».

Prendiamo immodestamente in prestito un passo dell’addio di Lucia, quello che è un momento struggente e doloroso del romanzo meneghino di Alessandro Manzoni, i Promessi Sposi, ma che si apre ad una speranza futura come la Fede, secondo l’inciso: che chiusa una porta si apre un portone.

Il grande tema di preoccupazione è il futuro della città di Catanzaro, più conosciuta come la città del sistema, quel reticolo di criminalità infiltrata con la politica e la Chiesa, custode della massoneria e di prelati affaristi, le variabili che pesano come un macigno e che ne pregiudicano pesantemente il suo orizzonte. In questo compromesso al ribasso c’è la responsabilità del vescovo fuggitivo Vincenzo Bertolone che come una moneta falsa e senza corso legale ha effettuato un esperimento sociale, infiltrandosi nella politica dettando regole e complicità: le medaglie della vergogna dell’apostolato massomafioso.

Nelle ore più buie della Chiesa di Catanzaro e della sua storia in molti si sono esercitati cercando di identificare i motivi del licenziamento del vescovo, puntando l’attenzione sulla “misteriosa” vicenda del Movimento Apostolico e del suo scioglimento. E’ questa una teoria che non ci convince, la solita pezza per coprire un buco più grosso, la strategia di un silenzio quasi imposto che rischia di fare rumore, la necessità di coprire le responsabilità con l’uso della cortina fumogena, mentre resta intatto lo sversamento dei veleni che è la caratteristica della curia cittadina e che stanno lentamente ritornando a galla. Anche le solidarietà non si sono affollate a difesa dell’infedele seguace degli Apostoli di Catanzaro, fatte salve quelle dei “compari” politici, rimasti orfani di quella utility che proprio l’esperimento del vescovo Bertolone garantiva.

Mantenere il perimetro degli interessi diffusi e protetti anche politici era la regola del ministero di Bertolone, ma tutto salta con la sua fuga e lascia in “braghe di tela” – se preferite in mutande – l’onorevole Antonio Viscomi, da sempre protetto dalla curia, quella diventata nel tempo la sua segreteria politica diffusa sul territorio. Il danno assume connotazioni di grande preoccupazione se si considera che la Calabria ha bocciato il Pd, come da scontatissimo copione, per il governo della Regione. Questo l’ha capito bene Amalia “Bruno-Bossio”, meglio conosciuta come Lady truffa che non ha potuto avere i benefici di Bertolone, il garante del Richelieu di Calabria, il prof. Viscomi, tanto che è stata costretta ad accontentarsi soltanto dei sostegni di un altro pezzo di Chiesa calabrese inquinata, quella del vescovo emerito Salvatore Nunnari, amico e sodale del “competente” Rubens Curia, l’ambasciatore e latore del triangolo criminale che regge il Pd2, la loggia coperta che ha incoronato la candidatura di Amalia Bruni, la truffatrice della nicastrina e sterminatrice dei malati di demenza. Ma ovviamente senza successo. 

Sono sempre i due mondi che si incontrano senza sfiorarsi, quello della Chiesa massomafiosa e della politica, il pallino tipico del percorso di Vincenzo Bertolone come vescovo di Catanzaro-Squillace, quel green-pass anzitempo adottato che divideva tutti fra buoni e cattivi secondo il Verbo del sistema Catanzaro. Non è novità che il vescovo Bertolone abbia tentato di promuovere la candidatura di Florindo Rubbettino a presidente della regione in quota Pd, grazie alla complicità di Agazio Loiero e proprio di Antonio Viscomi che ha sempre sponsorizzato prima come vice di Oliverio e poi come deputato.

Bertolone ha il pallino della politica, come tutti ormai hanno capito, e così trova sponde romane per proporre nomi che a lui piacciono. Ma l’editore Rubbettino da neofita della politica, non organico ai partiti e votato alla formazione della cultura, quindi un corpo estraneo alla sinistra non come immaginavano Bertolone & Co resta un industriale liberale facendo fallire il miracolo del vescovo massomafioso.

I punti cardinali dei “misteri” della curia di Bertolone, da non intendersi solo come i porporati di Santa Romana Chiesa complici e traditori istantanei dopo il niet di Papa Francesco, sono gli stessi ben radicati e strutturati nella città, dove la via di fuga del Movimento Apostolico appare sempre più come una foglia di fico piccola, che mette a nudo le vergogne e non è certamente l’unica ragione del disastro. Sono altre le ragioni e passano attraverso gli affari delle fondazioni e nelle associazioni, sulle quali pende la scure della riforma della Santa Sede e, se Fondazione Betania è quella più immorale dove la Speranza è stata trasformata a categoria di business anche le altre hanno le ore contate. Questo sarà il percorso quasi imposto al successore di Bertolone, che ha già dichiarato di seguire le indicazioni suggerite da oltre Tevere. Non c’è sconto per nessuno, ci verrebbe da dire e lo riteniamo un buon auspicio…

La “cultura dello scarto”, quella che sempre denuncia Papa Francesco è la regola della curia di Bertolone, dove la salute intesa in termini di erogazione di servizi sanitari per mezzo delle strutture di proprietà della Chiesa ha subito un soffocamento violento, perché lasciato nelle mani di medici criminali dalle obbedienze di loggia; mentre la carità, che va incontro al bisogno senza discriminare e catalogare è diventata una holding affaristica, che si fonda su scatole cinesi che ricevono finanziamenti anche dal Ministero degli Interni e che celebra la Barconi S.p.A., meglio conosciuta come Fondazione Città Solidale, che monopolizzando i fondi della Caritas diocesana è il regno ed il pozzo di San Patrizio del prete palazzinaro Piero Puglisi, un altro protetto dell’ex vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone.

L’operazione verità è l’unica strada che si impone al successore di Bertolone che, pure rispettando le regole della diplomazia vaticana, dovrà fare pulizia nel sottobosco della curia e nell’eredità pericolosamente ingombrante del vescovo fuggiasco, ritenuto potente e forse anche temuto, ma che caduto nella polvere ha postulato un nuovo miracolo, l’ultimo: aver restituito il fiato ed anche la voce ai vescovi della Calabria, muti e complici per un decennio, l’epoca di Bertolone. Infatti dopo la decapitazione ecumenica del vescovo massomafioso del sistema Catanzaro, molti vescovi che siedono nella grande loggia della CEC (Conferenza Episcopale Calabra) ormai traballante per la perdita del gran maestro, hanno ritrovato slancio e voce, riassestato il pensiero e narrano di una Chiesa buona, lo spartiacque naturale contro il malaffare. Sarà vero?

«Ecco la Chiesa, una Chiesa senza pareti che accoglie tutti. Che non chiede la tessera a nessuno, che non chiede il distintivo del club, e non chiede la carta d’identità a nessuno. Una Chiesa senza pareti e senza tetto, cioè che sa guardare più in alto del soffitto» (Don Tonino Bello, Vescovo).

Le operazioni di sgombero, che Bertolone aveva iniziato stranamente qualche giorno prima del suo esilio e che lanciano una ulteriore ombra sulla vicenda, dovranno oggi bonificare le cantine e le soffitte dei palazzi della curia di Catanzaro dove sono ammassati da anni i corpi del reato e la soluzione dei “misteri” di quella Chiesa inquinata, la terza gamba del sistema Catanzaro. Qui il successore di Bertolone troverà la soluzione del problema e le tante risposte che la comunità catanzarese ormai attende in quella lotta di liberazione dai dittatori del brutto e del Vangelo tradito, perché consegnato alle obbedienze del compasso e del grembiule.

La strada del recupero di una credibilità della Chiesa di Catanzaro è molto stretta e le fermate di questa strana Via Crucis della verità, l’attività del successore di Bertolone, sono già scritte. Fondazione Betania è la prima tappa obbligata, dove la curia di Catanzaro e la Chiesa calabrese hanno nei fatti tradito una missione, un dovere peraltro sempre oggetto delle esortazioni, almeno a parole, i pizzini del vescovo Bertolone che in ragione di una complicità massomafiosa ha coperto e taciuto sui crimini consumati, consentendo che l’ostia fosse sostituita con il veleno.