Un angelo piangente accarezza con la mano il volto di Cristo morto, gli altri tre intorno a Gesù con in mano i segni della passione. E’ la magia della “Naca”, la tradizionale processione del venerdì santo che si snoda tra le strade del centro storico di Catanzaro e ha come soggetto principale la culla nella quale è adagiato il corpo di Gesù posta davanti ad una grande croce illuminata. Un appuntamento irrinunciabile, ripresentato con puntuale cadenza annuale anche durante le due guerre mondiali, ma non solo. È costruzione di una identità stratificata nei secoli, tramandata nei nuclei familiari e condivisa dalla comunità cittadina. Dopo due anni di stop dovuti alla pandemia da Coronavirus, i cittadini catanzaresi hanno potuto rivivere la solenne atmosfera di raccoglimento e di preghiera della tradizionale processione. In migliaia si sono riversati nel centro storico, guidati dal neo arcivescovo della diocesi di Catanzaro-Squillace, monsignor Claudio Maniago, che prima del corteo ha celebrato la liturgia della parola, l’adorazione della santa croce e la santa comunione.
La processione, curata dall’arciconfraternita Maria SS.ma del Carmine, è partita dalla Chiesa del Carmine con in testa i suonatori di tromba e tamburo. Poi le croci penitenziali, portate a spalla da fedeli che avevano un voto da sciogliere attorniati da decine di figuranti in costume, e le autorità civili e militari. Dietro la “culla” di Gesù, come da tradizione portata a spalla da una delegazione dei vigili del fuoco di Catanzaro, la Madonna Addolorata vestita con un abito nero e rappresentata con un cuore trafitto da sette spade a simboleggiare i sette dolori della Vergine e Madre di Cristo. Un tragitto suggestivo e coinvolgente, per una lunga intensa riflessione che ha coinvolto il corso principale del capoluogo calabrese, e i vicoli stretti del centro storico. Tutti a percorrere un cammino di penitenza, come per inviare i propri peccati al Sepolcro in vista di una nuova rinascita. Fonte: Calabria7