Catanzaro, Fondazione Campanella. Sanità e massomafia, politica e università: l’amara (parziale) verità dell’avvocato Torchia

Vi stiamo raccontando la storia di un “buco economico” da 100 milioni di euro, creato ad arte in pochi anni dalla classe dirigente catanzarese alla Fondazione Campanella, un carrozzone infinito che è servito solo ed esclusivamente ad alimentare i serbatoi elettorali dei politici della città capoluogo della Calabria. Un pozzo senza fondo (http://www.iacchite.blog/catanzaro-fondazione-campanella-come-si-crea-un-buco-economico-per-rastrellare-migliaia-di-voti/). 

Vi stiamo raccontando come tutte le vergognose vicende legate alla “Campanella” si siano rivelate finora una sorta di “muro di gomma” insuperabile per chiunque abbia cercato di capirci qualcosa (http://www.iacchite.blog/catanzaro-fondazione-campanella-quei-100-milioni-di-buco-nascosti-in-un-muro-di-gomma/).

E tutta l’Italia, grazie anche al lavoro di trasmissioni come Report e Titolo V, ha capito che nella Fondazione Campanella non si è svolto mai un serio lavoro di ricerca ma sono andate avanti per oltre un lustro vere e proprie truffe che hanno avuto come risultato finale il “buco” da 100 milioni che pagheranno come al solito i cittadini calabresi (http://www.iacchite.blog/catanzaro-fondazione-campanella-ma-quale-ricerca-qui-ci-sono-solo-debiti-e-truffe-sanitarie/).

Oggi pubblichiamo un’altra parte importante del nostro lavoro, che parte dall’amara riproposizione del teatrino finale. Quella commedia tutta italiana, di appelli e stracciamento delle vesti, usando a pretesto il diritto al lavoro dei dipendenti della Fondazione, dove tutti gli attori politici a cominciare dal sindaco della città Sergio Abramo, finendo all’allora commissario del provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, versano sul selciato la loro lacrima ipocrita, ma complice, nel fallimento della Fondazione Campanella.

Viene usato il ricatto morale, come sempre, nei confronti dei tanti dipendenti dell’ormai ex Fondazione, che verranno usati, violentati in chiave politico-elettorale, facendo loro intravedere in un orizzonte lontano una possibile stabilizzazione in quel calderone di magna magna e di debiti che oggi è anche l’azienda Mater Domini, quella che rischia di soccombere sulla storia della Fondazione Campanella e sui tanti debiti o crediti fasulli.

Questa è la storia o uno spaccato veritiero che ripropone sempre il solito teorema che governa da anni la politica regionale ed anche cittadina a Catanzaro, quello che la massomafia e il ricco menù della sanità calabrese è un piatto appetibile, rispetto al quale la coscienza e la morale sono palesemente dei senza dimora: in pratica barboni, con tutto il rispetto per i clochard.

Tutti hanno concorso ad affossare la Fondazione Campanella, ma soprattutto un’idea culturale che poteva essere utile al bisogno di salute dei calabresi. Tutti hanno sulla loro coscienza sporca, almeno un cadavere. Ce l’hanno i direttori generali succedutisi, come Sinibaldo Esposito, presidente della commissione regionale sulla sanità, che hanno aumentato a dismisura il buco economico e che hanno coperto le complicità dei falsi in bilancio. Già, quei falsi in bilancio che lo stralunato Cotticelli ha cercato di fare comprendere nel suo penoso spettacolo nel pollaio di Giletti, ma che restano e chiedono vendetta da parte della procura di Nicola Gratteri.

Oggi, a distanza di tre anni, questi importi spuntano fuori dal bilancio in via di definizione sotto l’insidiosa forma di crediti da svalutare o, meglio ancora, sotto la forma di una voragine che adesso la Regione Calabria sarà chiamata a ripianare. Ai 62 milioni di euro bisognerà però aggiungere anche i costi derivanti dal trasferimento delle unità operative oncologiche, prima in capo alla Fondazione Campanella ma al momento della sua liquidazione transitate sotto la competenza del Policlinico, che faranno lievitare ulteriormente l’entità del disavanzo sfiorando cifre monstre.

Il finale della storia è noto: al povero Cotticelli è stato ordinato di togliere i 62 milioni di crediti fantasma e di inserire un “buco” di 101 milioni della Fondazione Campanella, che ormai è finito anche sui media nazionali. Subito dopo Cotticelli è andato dal procuratore Gratteri, che a questo punto dovrebbe avere chiara la situazione. E francamente non si capisce perché non abbia ancora preso a calci nel sedere Belcastro, che invece siede ancora al suo posto alla Regione Calabria e tutti i baroni/papponi di un Policlinico virtualmente già fallito.

Che volete che sia un morto in più o in meno, quando c’è da fare la scarpetta? Avranno pure il diritto di ripulire il piatto…

Questa è la desolante constatazione rileggendo le dichiarazioni dell’ex presidente del CdA della Fondazione Campanella, l’avvocato Anselmo Torchia a margine del risarcimento riconosciuto dal Tribunale di Catanzaro per la somma di euro 575.202,37 oltre interessi legali decorrenti dal novembre 2012, con sentenza del mese di luglio 2018.

L’avvocato Torchia, contrariamente agli altri componenti del management, non aveva percepito gli emolumenti, e nemmeno le spese vive, essendosi concentrato sulla trasformazione della fondazione in IRCCS (istituto di ricovero e cura a carattere scientifico). Egli ha dichiarato quanto segue: “… Era un bellissimo progetto. Personalmente sognavo di realizzare una quasi fotocopia del San Matteo di Pavia, con servizi h.24, giorno e notte, per l’utenza. Conservo ancora il file contenente la struttura amministrativa di quel grande centro scientifico di diagnosi e cura del nord, che mi sarebbe servito come parametro per realizzare il più importante centro oncologico del mezzogiorno d’Italia. Questo era il mandato che, a parole, avevo ricevuto e accettato dai soci fondatori.

Col tempo, però, sono stati proprio i soci fondatori stessi a vanificare il progetto, intromettendosi pesantemente nelle decisioni e scelte gestionali della fondazione, e litigando su questioni di potere che interessano le caste e non i cittadini utenti. Con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti. Avevo preteso che venisse istituita una pianta organica che sarebbe stata gradualmente esaurita, con appositi concorsi, con personale sempre più qualificato a partire da quello di base già assunto che non ne costituiva nemmeno il 10%. Politica e università sono state le protagoniste di un fallimento che ha danneggiato enormemente la Calabria e il sud. Storie, ahimè, già viste e riviste, come possono testimoniare i tanti giovani che lasciano per sempre la Calabria. Questa sentenza è una magra consolazione, perché mi avrebbe gratificato, invece, riuscire a realizzare il sogno. Si tratta di una vicenda emblematica meridionale e italiana sulla quale ci sarebbe da scrivere un libro. E forse un giorno lo farò, lo scriverò questo libro, come mi capitò di dire, una volta, al compianto rettore dell’UMG dell’epoca”.

Fin qui l’avvocato Torchia. Che, tuttavia, non è così limpido come vorrebbe far credere, anzi… Ma questa storia ve la racconteremo domani per darvi ancora altri elementi per dipanare il bandolo della matassa sanità-massomafia, visto che chi doveva farlo adesso è felicemente a… Napoli. Intelligenti pauca.