In tutte le chat che hanno a che fare con la città di Catanzaro, girano carte ormai da qualche tempo. Sono carte scottanti e riguardano la presunta bancarotta di Fabio Celia, consigliere comunale di Catanzaro ed esponente di spicco del Pd locale.
Il segretario provinciale Antonio Calogero eletto solo 2 mesi fa martedì scorso improvvisamente si è dimesso. Quando ha spiegato il perché c’era da rimanere allibiti ma è stato comunque convinto a restare e sembra stia per inviare tutti i documenti di cui è in possesso alla commissione di garanzia nazionale e non solo regionale.
Celia è rimasto impelagato nel classico sistema delle società scatole cinesi. Le carte dicono che Celia è coinvolto in due fallimenti: uno da un milione e mezzo e l’altro da due milioni e mezzo di euro. Un disastro, un groviglio di società. E i documenti rivelano in maniera quasi disarmante che ci sono lavoratori “trasportati” da una società all’altra senza esserne a conoscenza, biste paga senza firma e timbro. Ci sono molte persone che resteranno coinvolte in maniera pesante in questa molto probabile bancarotta fraudolenta. E non solo, visto che c’è il fondato sospetto che Celia abbia anche riciclato denaro per qualcuno. Stiamo studiando anche noi le “carte” e presto saremo in grado di offrire alla città di Catanzaro un quadro più preciso della situazione.
A difenderlo c’è soltanto la vicesindaca di Catanzaro Giusy Iemma, da sempre in tandem con Celia al Comune, ma che sta facendo di tutto per aiutare l’amico in disgrazia, anche attraverso suo marito, in odore di poteri forti.
Parliamoci chiaro: ormai a Catanzaro tutti sanno dei guai giudiziari di Celia, che peraltro, non senza faccia di… bronzo, fa finta di essere nullatenente nonostante il suo imbarazzante tenore di vita.
Il Pd ha già mollato Celia: non lo giudica ma gli chiede di dimettersi, di autosospendersi e di togliere il disturbo prima che la sua deriva coinvolga il partito. Il Pd non ha atteso nemmeno che la “notizia” – abilmente “silenziata” da Celia grazie ai suoi metodi borderline – venisse pubblicata dai media. E ha preso le distanze con decisione. Il partito ha chiesto che faccia un passo indietro e di risolvere i suoi problemi.
Del resto, tutti sanno non solo dei suoi fallimenti ma persino della paradossale vicenda del pignoramento della sua indennità in consiglio comunale ad opera di una lavoratrice che giustamente gli ha fatto causa e si è rivalso sull’unico stipendio “ufficiale” del faccendiere catanzarese.
Il coordinamento del Pd ha all’ unanimità approvato un documento che gli chiede di andare via. Il partito, visto e considerato che in questa storia c’è da valutare cin attenzione la situazione di tanti lavoratori, non ha infierito sulle vicende di Celia ma gli ha imposto di stare lontano e di procedere alla fatidica “autosospensione”. Celia sta facendo orecchie da mercante, spera che i media continuino a ignorarlo, ma la sua situazione ormai è disperata. Del resto, non fa nulla per rendersi “simpatico”, dal momento che si è preso anche il lusso di attaccare… il suo stesso sindaco Fiorita, che tomo tomo cacchio cacchio si è messo sulla riva del fiume ad attendere che si compiano gli eventi. Calia invece continua a farsi male… da solo: si atteggia a grande amico di quella vecchia lenza di Sergio Costanzo, il suo collega consigliere re dei voltagabbana, oggi in Forza Italia, del quale tutti conoscono le “gesta” e lo chiama persino “capo”… E per niente “pentito” dicono che abbia aperto un’ennesima società a nome della figlia che si chiama quasi freudianamente “La Fede”. Eh sì, perché ci vuole veramente “fede” con due fallimenti sul groppone a continuare a imbrogliare. Ma ormai il destino politico di Celia è sempre più segnato e non serve essere profeti per anticipare che ci saranno serie ripercussioni anche sulla sua amica Iemma: la sua poltrona di vicesindaca traballa sempre di più e bussa alle porte l’ennesimo rimpasto per il prode sindaco Fiorita. Buona fortuna a tutti.