Catanzaro, i segreti del clan Grande Aracri svelati da una microspia: Tallini ne esce a pezzi

di Gaetano Mazzuca

Fonte: Gazzetta del Sud

Falsi pentimenti, raggiri e messaggi in codice. Gli inquirenti sono riusciti a raccogliere in presa diretta la reazione dei massimi vertici dell’associazione alla notizia della collaborazione con la giustizia del boss Nicolino Grande Aracri. Sono le parole del fratello Ernesto e del genero Giovanni Abramo, entrambi detenuti e trasferiti insieme in quel periodo in un carcere del centro Italia, a raccontare le fibrillazioni di quelle settimane. Per giorni la micropsia piazzata nella loro cella ha registrato i commenti ma anche le involontarie confessioni dei due. Per gli inquirenti si tratta di tasselli fondamentali per ricostruire lo strano pentimento del capobastone che non ha convinto il procuratore Nicola Gratteri e il suo pool di magistrati della Dda. Quelle parole intercettate ora sono finite agli atti dell’inchiesta Farmabusiness che ha svelato il tentativo della cosca di Cutro di infiltrarsi nel business farmaceutico.

«Statevi a casa voi… sono cose mie e non vi preoccupate». Con queste parole il boss Nicolino Grande Aracri avrebbe comunicato ai suoi familiari di aver deciso di collaborare con la giustizia. Nessun timore di vendette trasversali, l’ordine del boss alla famiglia sarebbe stato quello di rimanere a Cutro. E infatti, come sottolineano i carabinieri del Nucleo investigativo di Crotone, «sorprendentemente nessun congiunto del neo collaboratore di giustizia intendeva aderire al programma di protezione». La stessa tranquillità viene ostentata anche dai due detenuti Giovanni Abramo ed Ernesto Grande Aracri quando vengono a sapere del pentimento dai familiari. Proprio il fratello del boss racconta la videochiamata con cui ha appreso dalla figlia e dalla moglie la notizia della scelta collaborativa di Mano di Gomma. “Gli ho detto qual è il problema… Non andate da nessuna parte gli ho detto io, voi con la protezione questo e quell’altro…”. Ernesto Grande Aracri svela poi di aver fatto ai suoi familiari in videochiamata un gesto per far capire che tutto andava bene e “di parlare poco”. Alla fine la Dda comprenderà il bluff di Nicolino Grande Aracri e non accetterà la sua proposta di collaborazione. Quale fosse il reale intendimento del boss potrebbe essere celato dietro agli omissis che ancora coprono alcune delle conversazioni intercettare tra Giovanni Abramo ed Ernesto Grande Aracri. 

Giovanni Abramo già a gennaio aveva chiesto e ottenuto di poter conferire con il pm Domenico Guarascio. In quell’interrogatorio aveva confermato gran parte del quadro accusatorio ricostruito dalla Dda di Catanzaro ribadendo il coinvolgimento suo e della sua famiglia e il ruolo avuto da alcuni degli indagati. Fra gli altri anche dell’allora assessore regionale Domenico Tallini. Poche settimane fa intercettato nel carcere dove si trova detenuto parlando con Ernesto Grande Aracri è tornato sull’argomento. Parole sibilline e frasi a metà che potrebbero lasciare intendere che il genero di Mano di Gomma non abbia ancora detto tutto sulla vicenda Farmabusiness. Parla di una lettera inviata a un avvocato nella quale avrebbe scritto di essere pronto a svelare nuovi particolari: “Vedete che mi autoaccuso per il discorso… tutte le cose che ha Tallini gli faccio sentire… lo faccio camminare con il culo alle mani… regolatevi se mi volete difendere voi… o se mi devo mettere un altro avvocato… me lo dite prima…”. Qualche giorno dopo la microspia nella cella registra un altro colloquio. Anche questa volta oggetto del dialogo è la figura del consigliere regionale. Abramo mostra tutto il suo disappunto per la scelta del Riesame di annullare la custodia cautelare per Tallini: “Guarda quanto sono bastardi! Ecco perché vi dico che a quel Tallini lo devo bruciare… guarda sono pure disposto a pentirmi parzialmente proprio su questo capo di imputazione”. Per Giovanni Abramo l’ex presidente del consiglio regionale è “un corrotto… è proprio corrotto con noi”. Abramo si spinge anche a confessare la volontà di avvicinare il coindagato Leonardo Villirillo per dirgli di confermare, in caso di interrogatorio, le accuse a Tallini. “Gli dico Leonà se dovessi… quando parli di Tallini digli che è vero… che Salvatore Grande Aracri ti raccontava tutte le cose come erano imposte dalla situazione… è vero quello che dice Abramo”. Sarà compito dei magistrati capire se si sia trattato di un invito a dire tutta la verità o al contrario di un tentativo di inquinare il quadro probatorio.