Catanzaro, la città dei “miracoli”: terra di confine e ombelico del mondo di mezzo

Catanzaro è una città pericolosa perché malata ed inquinata nel suo Dna, è la riconosciuta città della massomafia ma è anche la città dei cercatori d’oro: un esercito indistinto di faccendieri, giocolieri, escort ed affabulatori che riescono a dare il meglio soprattutto ma non solo durante le campagne elettorali.

Il brigantaggio politico è ormai da molti lustri il valore sociale della città del sistema Catanzaro. Tutti si sforzano di apparire al meglio dei baciapile quasi votati ad una santità terrena, mentre nella loro essenza ingrossano le file dei Caino, riuscendo a fare un baffo al povero Guida. Ci spieghiamo meglio: le vie cittadine sono diventate pericolose per le narrazioni che corrono di bocca in bocca quasi al pari di un’ostia sconsacrata, il veleno da strisciante ha assunto la manifestazione coreografica dei coriandoli, gli stessi che in parte ci riportano indietro di qualche anno restituendoci un’altra fotografia ormai storica della città: quella che vedeva circolare sempre al buio i monatti della chiesa locale quelli con il clergyman, che ricevevano da qualche “nobile” palazzinaro le mazzette, distribuendole secondo le necessità del suo padrone, il fuggitivo con le insegne vescovili.

Questa era ed è la città di Catanzaro, ritenuta un’isola felice, senza avere mai avuto il coraggio di dire fino in fondo che l’isola è una galera senza sbarre e senza secondini, dove sguazzano tanti individui che in un ragionamento di normalità sarebbero già da tempo in prigione. 

Non siamo di certo noi a scandalizzarci, perché il Dna della città l’abbiamo snodato fino in fondo, cercando nella libertà che ci distingue, di mandare un messaggio ai catanzaresi. Abbiamo spiegato cosa galleggiava e galleggia ancora nel capoluogo di regione, abbiamo tentato di fare chiudere ai cittadini la bocca: abituale megafono di bugie per coprire la rassegnazione e portaerei senza bandiere per l’atterraggio delle mosche.

Ci siamo riusciti? La risposta è non pervenuta. Il tempo è sospeso come una profezia maligna, mentre tutti potevano tranquillamente prevedere il “miracolo” fra nuovi e vecchi profeti, la cui proverbiale linfa arriva spesso dai signori della massomafia: i vecchi masnadieri delle dinastie della truffa. Il miracolo aleggiava sulla città di Catanzaro, camminando fra le sue vie insane sulle gambe di sprovveduti, di nuovi avvoltoi, di sacerdoti affaristi unti di sangue e riciclati al bisogno e di attempate pasionarie poi clamorosamente ripudiate.

Tutto ritorna indietro e il manuale di Basso Profilo, quello che ha scaricato sulla città un vagone di melma, sembra essere diventato il libretto del catechismo fatto di santini e preghierine. E’ la storia che ritorna, troppo presto, riallineandosi nel momento più significativo e fragile, quello delle elezioni, riposizionando la massomafia e nascondendo tutto dietro una incomunicabilità politica che ha frantumato e frullato le classiche coalizioni e gli schieramenti, fino a ieri delimitati da un confine ideologico. Una specie di maionese impazzita.

Questa è la cornice che ha racchiuso una città che nel segreto delle urne, al secondo turno di ballottaggio, ha perfettamente rispettato i desiderata della “grande” cupola. Così fra convergenze più o meno dichiarate ed inciuci sottobanco, al rush finale erano stati chiamati i “professori” Valerio Donato e Nicola Fiorita, capofila di alleanze sventolanti il vessillo del politicamente neutro, se lo sguardo si ferma allo sventolio della bandiera.

Catanzaro è diventata neutra e neutrale, quasi una nuova Svizzera del Mediterraneo, solo perché sulla città deve restare aperto l’ombrello della massomafia e tutti, atei e credenti, a piè pari, dicono di fare un salto ideologico. Bisognava evitare di dire ai catanzaresi che il salto era nel burrone, quello ormai aperto sotto i loro piedi. Tutto lo annunciava e gli anticorpi che erano stati lanciati in pista, così avevano detto tutti, a tutela del bene collettivo dopo Gettonopoli, erano ormai dichiarati morti per una scelta espressa democraticamente – rispetto alla quale bisognava solo tacere – o perché fucilati alle spalle al buio delle vie del malcostume cittadino, non patrimonio dell’Unesco ma dei preti faccendieri…

Nel volgere di una settimana sono crollati, almeno apparentemente, pezzi di coalizioni, è iniziata la questua degli spalloni che barattano il Capitale di Marx con i santini e viceversa, mentre fra attendisti mutuatari della migliore tradizione democristiana ed ammiragli alla fonda perché disarmati, venivano lanciati i comunicati, una specie di mayday: la de-escalation della massomafia cittadina.

Il professore Valerio Donato incassava dopo quello di Peppe ‘ndrina il lasciapassare da Wanda Ferro e da Fratelli di ‘ndrangheta. La dazione era segreta ma serviva a spegnere le coliche fra le file dei giovani fratellini mafiosi, dove la fronda era contro l’assessore Filippo Pietropaolo, quello senza voti e senza prestigio, il cui sostegno ai numeri relativi si era materializzato su Anna Chiara Verrengia, dai più ritenuta un’abusiva al libero mercato, figlia dell’arrampicatore sociale ex democristiano, ex Forza Italia, ed ex a convenienza Emilio Verrengia

Ricostruire il centrodestra a Catanzaro era la mission prossima ventura, almeno così dichiarava il deputato ora anche sottosegretario Wanda Ferro. Era lo stesso refrain che aveva recitato lo sconfitto Antonello Talerico, abbandonato sull’altare da Mimmo Tallini – così era stato scritto nella sceneggiatura della politica con il passamontagna – che ora vuole ricostruire l’unità del centrodestra e dei moderati ripartendo da… Nicola Fiorita.

«Non vado con Donato perché – aveva sostenuto Talerico – non posso appoggiare un centrodestra mascherato, un’area che ha posto un veto nei miei confronti e ora cerca i voti alla mia coalizione ma con metodi subdoli, tentando di contattare non me ma miei candidati. Ma i miei candidati non sono mercenari. Rischio “anatra zoppa”? Secondo me diventerà un cinghiale: nessuno si dimetterà». Ed ancora Talerico aggiungeva: «Resto nel centrodestra anche se penso di andare via da Forza Italia, e non posso restare nello stesso partito di un coordinatore regionale (Mangialavori, ndr) che non riconosco e di cui non condivido nulla, mentre ho un ottimo rapporto con il presidente Occhiuto al quale do atto e ho apprezzato di essere stato equilibrato. Comunque il centrodestra va rifondato».

Una cosa l’avevamo capita: che il centrodestra per essere rifondato deve passare dalle joint-venture della massomafia, quelle che andrebbero segnalate alla Consob per il reato di false comunicazioni sociali, magari facendo passare la nuova ricostruzione dalle mani di don Pietro “Savastano”: «ci ripigliamm tutt chell ch’è o nuost».

Catanzaro terra di confine ed ombelico del mondo di mezzo? Di certo residenza della massomafia e Antonello Talerico, facendo riferimento alla mascariata messa in piedi con Mimmo Tallini, aggiungeva ancora: «Siamo sempre stati indipendenti mentre qualcuno con la solita strumentalizzazione voleva legare la mia persona a Tallini o ad altre componenti politiche. Tallini è l’ex presidente del Consiglio regionale, è stato un politico che in questa città ha inciso molto. È il padre politico di molti candidati eletti con Donato, che adesso fanno i verginelli ma verginelli non sono. Loro si sono candidati».

Il tema è la verginità: quella da preservare prima del matrimonio, come ha ricordato Papa Francesco? Ma non sembra che il problema sia solo questo. C’è da indagare sulla prole, legittima o meno, che si ascrive al prolifico Tallini secondo la spiegazione di Talerico, il cui valore non sappiamo se sia un vizio o una virtù. Il tema era impegnativo perché metteva in pericolo, per l’appoggio dichiarato, l’integrità morale del professore di liturgia Nicola Fiorita, che nelle ultime ore contattava anche i figli di secondo letto, li riceveva in residenze “amiche” già del centrodestra, mentre le sue pasionarie, quelle in disarmo, usavano i social come il pubblico ludibrio. Sono tutti “gentaglia” senza appello, gli stessi che magari qualche ora prima don Nicola Fiorita aveva incontrato chiedendo un sostegno al ballottaggio e gli aveva pure stretto la mano!

Era una questione che cataloga la popolazione catanzarese come mafiosa incallita con caratteristiche diffuse di criminalità, mentre come il denaro il voto non olet… ma solo se serviva a don Nicola, il professore di religione.

Catanzaro è sempre la città dei miracoli, quelli che nascono nel ventre molle. Così, mentre c’era chi avvertiva “un entusiasmo crescente alle uscite pubbliche del liturgico Fiorita”, rimarcando la neutralità politica lontana da ideologie ma ferma nella discontinuità, nei canali di scolo si costruiva il miracolo. Quello della caccia al voto, quasi sia una pura farfalla, dove non era rilevante se questo arrivava da bad company o da soggetti canaglia, quella black list che su Catanzaro ha lasciato la sua impronta ed in tandem con don Pietro “Savastano”, spingeva per il culo e di nascosto il verginello Fiorita. Sarà che i voti non puzzano, così come non puzza lo scandalo ultraventennale del quartiere Corvo, dove i maggiorenti dei 5Stelle ancora devono spiegare che si tratta di uno scherzo e che i voti dei neo “FioriTallini” servivano a… Vivere Insieme. Sarà che anche in questo caso don Nicola Fiorita ha dimenticato una delle sue pochissime battaglie, quando è riuscito ad affrancarsi dal compromesso mantenendo la schiena dritta perché tirato a traino. Per informazioni suonare da Sergio Costanzo… E abbiamo detto tutto.