Catanzaro. La massomafia ecclesiastica della curia: il clan Betania e la “Chiesa di paranza”

C’è una “poesia” che circola ormai da anni nelle stanze dei dirigenti di Fondazione Betania a Catanzaro, perché imparata subito e da tutti, quella che si recita ai dipendenti che, presi per fame, vanno a reclamare, magari supplicando le loro spettanze arretrate: “entro questo mese pagheremo 2 stipendi e fra 90 giorni il saldo di tutto”. Quello che in verità, più che una poesia è una clonazione stupida e pericolosa. Ciò detto ci tocca obiettare che a ben guardare gli studi sulla clonazione sono più reali di quanto immaginiamo e riguardano molto da vicino la massomafia ecclesiastica della curia catanzarese ed il clan Betania, quello dei Giuda moltiplicati.

Abbiamo imparato che quando una impresa è tecnicamente possibile, per importante o stupida che sia, prima o poi qualcuno la realizza. Ma abbiamo altresì imparato che nella realizzazione non sempre si segue un’etica di legalità, quella che sparisce sempre dal radar quando si entra nel mondo della “Chiesa di paranza” soprattutto se ballano sul tavolo parecchi milioni di euro. Qui si moltiplicano le sperimentazioni scientifiche di una clonazione di legge addomesticata, che viene esposta e professata con la forza delle insegne liturgiche e degli stemmi vescovili.

Ci viene da domandarci: si devono fermare le sperimentazioni scientifiche? Gli schieramenti pro e contro sembrano facili. Si può dire il clone non è nient’altro che un gemello a distanza di tempo, per cui non c’è niente di male a creare dei gemelli, esistono già in natura e la narrazione ci presenta Dio come primo clonatore dell’umanità con la sua costola di Adamo. Oppure sostenere che il valore di unicità dell’uomo è la sua più grande potenzialità e il suo più grande mistero, sia che derivi da Dio o da una galassia lontana, e che non si può permettere che la scienza vada a modificare tutto questo, inserendo una nuova modalità nella procreazione dell’uomo. Noi a questo punto ci fermiamo! Lasciamo la porta sempre aperta a qualsiasi visione quella squisitamente cattolica e quella votata alla scienza pura, senza prendere parte per nessuno, ma questa non è codardia è semmai il rispetto di tutto quello che ha una dimensione più grande, che ci piace osservare con gli occhi stupiti e con l’innocenza di un bambino. E’ per questo che per noi la “clonazione” non può essere la duplicazione della mente e della parola, la filosofia del pensiero unico.

La filosofia del pensiero unico è l’evoluzione teologica della massomafia del silenzio ed omertà, che applicata a Fondazione Betania diventa pensiero unico e duplicazione della bugia elevata a verità. Una specie di lobotomizzazione di massa imposta dalla curia locale, senza la necessità di scomodare la pecora Dolly.

Non si tratta di guardare al bicchiere mezzo vuoto, perché noi restiamo indifferenti a quanti si affrettino sempre a dire e smentire – silentium diebus –  si tratta invece di capire, ma anche di dare una possibilità di comprensione a chi guarda quello stesso bicchiere mezzo pieno, un qualcosa che riteniamo altrettanto giusto.

Ritornando alla “recita” delle poesie resta la certezza dell’accusa, ormai conclamata, che la dirigenza di Betania e la proprietà, la curia cittadina, sia organica e sovrapponibile al sistema Catanzaro. Si è scoperta una volontà raffinata, segreta e camaleontica di continuare a lucrare sul sistema sanitario regionale, colpendo al cuore la storia e la tradizione di Betania stessa, facendosi di volta in volta un corpo e un’anima con la massomafia, per orientare il futuro, la vita anche economica delle maestranze e soprattutto quella sanitaria dei pazienti e, la risposta sociale della città di Catanzaro.

Non c’è più la volontà e l’attenzione per la malattia, è la scelta a tratti criminale che vede la Calabria sempre misera e miseranda, quella brulla riserva di allenamento della massoneria deviata e della Chiesa “che spussa”, per attraversare praterie ben più floride, ricche e cacciabili. Un sistema sovraordinato, invisibile e impermeabile che la magistratura cittadina dovrà indagare alla ricerca di alcune pedine che restano ugualmente straordinariamente colpevoli, pur mantenendo la caratteristica di pedine su una scacchiera dove il re e la regina sono sostituiti da “riferimenti” riconosciuti dei vertici ecclesiastici locali e di altri ancora coperti. E’ questo un sistema in cui il crimine “morale”  prima e, sanitario dopo, è cavalier servente rispetto al “riservato” di cui, spesso, non si può e non si deve conoscere forma, colore, odore e sapore…

«Colui ch’è maggiore fra voi diventi come il minore, e colui che presiede come chi è incaricato del servizio» (Luca 22, 26).

Nascondere, tacere e negare, ilComandamento” al contrario della filosofia riscritta di Betania, si integra e si eleva a regola quando la bugia diventa recita nel tentativo di trasformarla in verità. La scenografia viene promossa dal sigillo del vescovo ed i tanti “figuranti” che hanno imparato la “poesia”, la recitano con passione e convinzione, inconsapevolmente colpevoli di reiterare un reato, anche morale, di falsità. Quelle che normalmente si definiscono “false comunicazioni sociali” diventano le verità (false) di Betania recitate dal dottor Tonino De Marco non molto tempo fa. 

Tonino De Marco è stato l’uomo di Agenda Urbana al comune di Catanzaro ed alla Provincia di Catanzaro sotto il regno del sistema Catanzaro di Abramo IV. E’ il “direttore scientifico” di un istituto di ricerca dalle dimensioni comunali, è il patron di sistemazioni di favore della dottoressa Rosalba Gallo con possibili parentele in giunta comunale, ma è anche magnificamente consigliere delegato di Fondazione Betania Onlus. E’ proprio lui, Tonino De Marco, che nel rispondere alle richieste di un gruppo di dipendenti di Betania che reclamavano le spettanze arretrate (circa 9 mensilità), alla presenza del presidente Aloise al solito spettatore muto, ha affermato:che Fondazione Betania vanta un credito nei confronti del comune di Catanzaro di circa 10 milioni di euro”.

Ritorna con stridente attualità il problema della pubblicità dei bilanci di Betania, che non ci servono per smentire o validare le affermazioni di De Marco (che sono false), ma solo per capire come il comune di Catanzaro possa avere un simile debito con la Fondazione Betania, mentre il sindaco Abramo o chi per lui (perché ancora lo è anche se c’è… Fiorita), committente di De Marco in qualità di tecnico, continuava e continua a parlare di debiti zero nella sua amministrazione. Noi dobbiamo credere a questo, anche perché le strutture di Betania poco hanno a che fare con il comune di Catanzaro, capofila dell’ufficio di piano della riforma del Welfare, quelle che hanno una valenza sociale, quindi non assimilabili a strutture socio assistenziali o socio sanitarie. Cercando di contare queste strutture che hanno generato un simile debito (10 milioni di euro) per l’ufficio di ambito di Catanzaro, per come dice De Marco che appartengono a Betania, il nostro numero non supera le dita di una mano…

Qualcuno prima o poi dovrà chiedere a Tonino De Marco come quattro (di numero) strutture sociali possano avere generato un “credito” per Betania nell’arco di un anno di 10 milioni di euro. O meglio ancora potrebbe essere la Guardia di Finanza a fare le domande a De Marco ed al presidente Aloise con una verifica tributaria mirata sui conti di Betania, quella che sempre secondo le parole di De Marco rischia di portare i “libri in Tribunale” per colpa dei dipendenti che reclamano le loro spettanze, aizzati da avvocati avvoltoi.

Sta finendo nel modo più inglorioso possibile il “valore” cristiano, della croce e della carità che resta sempre inconciliabile con il rito del cappuccio e del compasso, quella che chiamasi massoneria.

Nella Vita di Costantino, Eusebio racconta che Costantino stava marciando col suo esercito quando, alzando lo sguardo verso il sole, vide una croce di luce e sotto di essa la frase greca “eν tουτω nικα”, reso in latino come in hoc signo vinces, ossia “con questo segno vincerai”. Quello che oggi non si legge più nel cielo di Betania, perché il suo sole è coperto dalle nuvole della falsità umana, che è riuscita a sporcare una storia, una missione ed una tradizione nel solco dell’insegnamento cristiano.

Noi siamo abituati a guardare oltre l’ovvio. Per restituire verità alle notizie, per restituire contezza all’opinione pubblica, per ricostruire un percorso ed una speranza alle 400 famiglie che lavorano e fanno vivere Betania, per restituire una voce ai tanti pazienti andiamo oltre, raccogliamo le testimonianze che stanno arrivando e continuiamo a cercare documenti certamente sulla realtà di Fondazione Betania, sulla politica economica della curia catanzarese e su tutto il sistema Catanzaro, che è la madre di tutto il narrato.

Intanto la stampa libera ha messo il “re” nudo di fronte alla collettività, ma quel “re” nudo e marcio farà di tutto per colpire. Noi ne siamo convinti – il tempo, vedrete, il tempo ci darà ragione – guardando non al dito come i tanti cretini che in questi ultimi mesi cincischiano sulla bontà delle ordinanze del Tribunale del Riesame, ma alla luna, vale a dire alla consapevolezza che ora il sistema criminale integrato con la massomafia e con la curia affaristica di Catanzaro ha di essere vulnerabile, attaccabile e condannabile. Ecco perché la “tetrarchia” di Bertolone, il governo di Betania rischia grosso.

La Procura di Catanzaro, per quanto abbia beccato le mazzette in flagranza, non ha fatto per intero il suo dovere altrimenti certi personaggi non starebbero dove stanno adesso. Da Padre Piero Puglisi a S.E. Rev.ma Monsignor Maurizio Aloise, oggi Arcivescovo di Rossano-Cariati che da prete leale ha sempre rispettato la teologia della massomafia: silenzio ed omertà. Ma, che oggi pure avendo sempre fatto “arredamento”, una specie di carta da parati consacrata, scopre di avere la voce tanto da sussurrare di non aver mai voluto fare il Presidente di Betania, perché c’era il rischio di sedersi su almeno 20 milioni di debiti!

Anche qui dobbiamo purtroppo smentire S.E. Rev.ma… Sì, perché Monsignor Aloise siede da oltre dieci anni nel CdA di Betania per volontà dell’ex vescovo Bertolone e, in qualità di amministratore si è assunto una responsabilità giuridica nell’approvazione dei bilanci e di tutti gli atti che hanno governato la Fondazione.

Di fronte al denaro, alle insegne episcopali, al pallio ottenuto anche grazie alle credenziali di Betania (rispetto alle quali i fedeli di Rossano-Cariati inorridiscono), Monsignor Aloise si è comportato da “prete leale” alla massomafia della curia, dimenticando nel suo silenzio il valore di verità e di carità. In fondo erano solo dei “vecchi” che dovevano morire, ci sia consentita la conclusione!

Diciamo che su questi silenzi e sul suo immobilismo, Monsignor Aloise ha raggiunto l’obiettivo della sua carriera ecclesiastica, non già solo per la devozione del vescovo Bertolone alla Madonna delle Grazie venerata nel santuario di Torre di Ruggero, del quale è stato rettore, ma perché asservito alla tetrarchia di Bertolone. Le paure, presunte, sulla gestione del debito quello che faceva paura, diventano le solite poesie “barzellette da preti”, perché l’ammontare del debito è certamente superiore e, Monsignor Aloise questo lo sapeva bene visto che approvava i bilanci. Infatti nel bilancio del 2017 l’ammontare del debito raggiunge circa 30 milioni di euro, dei quali circa 13 milioni risultano derivare da mutui ipotecari.

In questo scenario contabile, che comunque viene definito “sostenibile” dai revisori e che, prima delle imposte ha prodotto un utile lordo di circa 1 milione di euro, le barzellette da prete hanno lo stesso valore dell’offesa, anche questa penale, perpetrata sui pazienti lasciati morire per la mancata applicazione delle norme e dei regolamenti regionali in tema di Covid-19 e per una non vigilanza delle dinamiche anche sanitarie che hanno governato la crisi pandemica nelle strutture della Fondazione Betania. Anche di questo, forse, avrebbe dovuto parlare il presidente Aloise, il consigliere delegato De Marco ed il vescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone.

Intanto la crisi morde Betania, nonostante gli annunci di nuovi apporti imprenditoriali di grandi gruppi privati della sanità, non pervenuti nella sede di Via Molise, le OO.SS. riprendono la lotta a difesa dei posti di lavoro e di una “tradizione” assistenziale. Ecco che la “poesia” diventa compiutamente bugia il giorno 12 marzo 2021 ed i sindacati dopo anni di lotte per chiedere il pagamento puntuale degli emolumenti e dopo mesi di promesse non mantenute dall’Azienda, sono di nuovo scesi in campo per esprimere il loro disagio e le loro difficoltà familiari. Le organizzazioni sindacali. hanno, da subito, dovuto assicurare che il ricorso all’Ispettorato del lavoro per le richieste di conciliazione monocratica o atti ingiuntivi, sono l’unico strumento legale nelle mani dei lavoratori utili a far valere il diritto ad essere pagati dopo anni ed anni di promesse non mantenute.

C’è da capire il quale sia il destino dell’Azienda e dei Suoi lavoratori, che nonostante tutto garantiscono giornalmente il loro servizio, svolgendo al meglio il loro dovere. Eppure, la ristrutturazione aziendale, la trasformazione societaria in virtù dell’entrata in vigore del nuovo regolamento del terzo settore, gli esuberi di personale paventati, l’eventuale riorganizzazione del personale doveva essere oggetto di specifici incontri di concertazione con i sindacati, nei quali l’Azienda avrebbe dovuto presentare tutta la necessaria documentazione. Ma dall’ultimo incontro con la Prefettura di Catanzaro ad oggi, niente è accaduto, solo la spiacevole sensazione che palesa tra i lavoratori, che non ci sia una luce di ripresa all’orizzonte.

Questa è la fotografia di Betania, che resta chiusa in una cornice più ampia di responsabilità e saccheggi della curia di Catanzaro, dei tanti pupi e dei grandi sacerdoti che al profumo dell’incenso preferiscono quello della banconota, lo scopriremo poi, mentre una dirigenza da Resort carcerario parla di esuberi di personale, ben sapendo di lavorare nei reparti con dotazioni sotto standard sia di sicurezza sanitaria, quelli che la Regione Calabria retribuisce sulla base degli accreditamenti e che sono, per come vengono attuati, altri reati amministrativi, quelli che si configurano come truffa al Servizio Sanitario Nazionale, forse in fase già accertati della Procura cittadina.