Catanzaro. Le frequentazioni “pericolose” di Fabio Celia: protagonisti, retroscena e “cantate”

Catanzaro è la città riconosciuta della massomafia. Acquisito il dato, peraltro confermato persino dall’operazione della procura ai tempi di Nicola Gratteri denominata “Basso Profilo”, quella che è diventato ormai il manuale delle istruzioni di una politica protagonista in negativo, ritorniamo ad osservare le “attività”, diciamo pure losche che nel segno della continuità caratterizzano i palazzi della città.

Nella città dell’ex vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone, quello fuggito con il favore delle tenebre e con la cassa, tutto è rimasto immobile, consegnato alle famiglie del cappuccio e compasso, perché le obbedienze e le logge si moltiplicano nel perimetro ristretto di Catanzaro come i conigli, anche perché è ormai strada certa per entrare dal portone d’onore al tavolo della spartizione, quello che soddisfa i bisogni di pianerottolo e di famiglia.

La svolta di CambiaMò tanto decantata dal sindaco Nicola Fiorita è rimasta ai blocchi di partenza, simbolo dell’ennesima truffa, anche ideologica per certi versi (per quanto ormai possano contare le ideologie), consumata sulle spalle dei catanzaresi nella corsa alla poltrona ed al potere. Vengono fuori come corredo le frizioni, gli appetiti di un branco di famelici cinghiali, si ripropone nei fatti lo schema ed il metodo del “sistema”, la caratterizzazione dell’era Abramo e l’eredità accettata nei sottoscala da Nicola Fiorita. Così come quella di Tallini era passata a Talerico dopo il tragicomico rimpasto e dopo il nuovo “distacco” dall’uno e dall’altro, peraltro come da scontatissimo copione…

Le voci del palazzo parlano, cercando di chiarire quei contorni poco cristallini, la caratteristica del comune di Catanzaro ante e post Sergio Abramo, in continuità con Nick marmitta, il sindaco del falso cambiamento che tutela il “sistema”, il meccanismo rodato a cui concorrono le logge cittadine, rispetto alle quali Fiorita non può sottrarsi per ragioni di tenuta politica della sua maggioranza, ma soprattutto per un contributo ricevuto in termini di voti dalle famiglie con il grembiule.

E qui torna in evidenza l’operazione Basso Profilo e la relazione della DDA, che denunciava già all’epoca frequentazioni con soggetti colpiti con l’operazione Jonny e che come pubblicato dal Corriere della Calabria il 31/05/2017 con video annesso, facevano campagna elettorale per il capogruppo e persino segretario cittadino del Pd, Fabio Celia, nelle elezioni comunali del 2017. Sì, proprio quel Celia che adesso è finito nel mirino – ed era anche ora! – del Tribunale di Catanzaro per una pacchiana e clamorosa bancarotta con due fallimenti per complessivi 4 milioni di euro, mica bruscolini… Per dovere di cronaca va detto che Celia non è mai stato indagato per il fatto contenuto nell’operazione “Basso profilo”, mentre i suoi sostenitori borderline sono normalmente “ricoverati”, ospiti nelle patrie galere… E in molti sussurrano che ci sia stato – e magari c’è ancora – qualche massone potentissimo che riesce a proteggerlo anche in queste circostanze drammatiche. 

Ma veniamo al coinvolgimento di Celia in “Basso profilo” perché dietro ogni bancarotta si nasconde un riciclaggio di denaro, lo sanno tutti. Uno dei candidati alla carica di consigliere comunale di Catanzaro alle elezioni del 2017 (sempre più “strategiche” per capire il sistema Catanzaro) era appoggiato da due presunti boss legati alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto. E si trattava proprio di Fabio Celia, schierato all’epoca nella lista “Fare per Catanzaro”, una delle civiche a supporto del candidato sindaco del centrosinistra alle amministrative del 2017, Vincenzo Ciconte. E poi rieletto anche nelle ultime elezioni comunali del 2022 ma nella lista del Pd e addirittura eletto segretario cittadino dello stesso Pd (ora – e meno male! – è dimissionario).

Celia non fa solo il politico e quindi il consigliere comunale, di professione fa l’imprenditore. “Di successo” secondo i suoi estimatori. Gestisce o gestiva (non si capisce ancora bene) una catena di supermercati che dava o dà lavoro a circa 200 dipendenti, recentemente era anche entrata nel gruppo Crai ed operava tra Catanzaro e Crotone. Era anche titolare di alcuni bar a Catanzaro Lido. E come se non bastasse era anche editore di un giornale on line, Calabria7, proprio quel giornale che con le sue “rivelazioni” aveva aperto il caso del concorso del comandante della polizia municipale, sul quale poi ovviamente è calato il silenzio. 

E oggi è arrivato il momento di rispolverare quel vecchio articolo che ci ricorda quell’appoggio dei boss all’imprenditore candidato e che può decisamente chiarire perché Celia si guardava bene dal citare Lardieri e di creare imbarazzo a Gratteri. Si trattava di un articolo che venne pubblicato dal Corriere della Calabria, a firma Pietro Bellantoni (recentemente scomparso), quando il direttore del giornale era ancora Paolo Pollichieni (deceduto anche lui qualche anno prima).

Catanzaro, un candidato di Ciconte sostenuto da due boss 

https://www.corrieredellacalabria.it/2017/05/31/catanzaro-un-candidato-di-ciconte-sostenuto-da-due-boss-video/

Due video in diretta postati su Facebook dimostrano la vicinanza tra il consigliere di Palazzo de’ Nobili e due presunti luogotenenti della cosca crotonese, Nicolino Gioffrè (detto “Niko”) e Costantino Lionetti, entrambi accusati di associazione mafiosa e finiti in carcere poche settimane dopo nell’ambito dell’inchiesta “Jonny”, la maxioperazione che ha svelato gli interessi della clan Arena nel settore dell’accoglienza ai migranti e delle estorsioni.

IL VIDEO I video riprendono Celia, Gioffrè e Lionetti in un ristorante, intenti a ballare e a cantare. Le immagini (le trovate in testa al servizio, opportunamente tagliate a tutela della privacy degli altri invitati) sono state poi postate lo scorso 7 maggio sul profilo Facebook di Gioffrè, circa una settimana prima degli arresti. Probabilmente è proprio lui a girare le immagini con il suo smartphone. L’atmosfera è di festa. Il primo video parte con uno zoom sul viso di Lionetti, che scherza davanti alla videocamera. In sala si ascolta ad alto volume una canzone di Massimo Ranieri, “Erba di casa mia”. Gioffrè fa qualche passo e mentre continua a registrare grida più volte «vota Celia». Poi si avvicina al tavolo dove sta seduto il candidato al consiglio comunale: «Assessore, qualcosa da dichiarare per la città di Catanzaro?». E Celia: «Un voto libero per tutti. Oggi non farti oscurare dal bisogno, il bisogno soffoca (intanto la persona che gli è accanto mostra il suo “santino” elettorale, ndr), si costruisce con la cultura». «Basta, che mi sto eccitando», risponde scherzoso Gioffrè.

Nel video ricompare Lionetti. Gioffrè allora molla lo smartphone e intona un’altra canzone di Ranieri, “Perdere l’amore”. Si sente un altro grido: «Viva l’assessore!», con Celia che mostra ancora una volta il suo santino. Infine, un primo piano di Gioffrè, che urla: «Vota Celia, vota Celia!».
In un secondo video si vedono diverse persone che ballano. Adesso canta anche Celia, che a un certo punto viene abbracciato da Lionetti. Una voce fuori campo, di nuovo: «Vota Celia!»; e Lionetti approva compiaciuto, ride e muove le mani in segno di condivisione. Il candidato al Consiglio adesso si cimenta in un freestyle sulle note della canzone: «Vota, vota, vota, vota Celia. Vota per cambiare…». C’è ancora tempo per il santino, che viene agitato davanti alla videocamera.

CHI È GIOFFRÈ Le mire della cosca Arena, secondo la Dda di Catanzaro, si sarebbero estese fino al capoluogo di regione, grazie ad alcuni fidati “colonnelli”. Il più importante dei quali sarebbe proprio Gioffrè, individuato dai vertici del clan di Isola quale «rappresentante» per il territorio di Catanzaro. Gioffrè, scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di fermo, «è fra gli organizzatori del sodalizio perché dirige la cellula della consorteria operante sul territorio di Catanzaro e zone limitrofe, per il compimento dei delitti, tra cui le estorsioni, volti al controllo del territorio e all’assoggettamento delle vittime».

Sarebbe stato proprio lui a ricevere e veicolare agli altri componenti del gruppo gli ordini della cosca Arena, «provvedendo ad attuarne i piani nel comprensorio catanzarese, riscuotendo, anche personalmente, i proventi estorsivi in nome e per conto della cosca». È inoltre considerato l’«organizzatore, talvolta esecutore, di delitti ricompresi nel programma del sodalizio criminale» ed è «attivo nella programmazione, delle strategie di espansione del sodalizio e nella preparazione di specifiche attività delittuose, ricomprese nel programma associativo, con l’ampio controllo del territorio, conservando ed esaltando l’operatività della cosca, nonché accrescendo la forza economica della medesima, onde rafforzarne la capacità di azione».

Anche Lionetti è considerato un elemento di rilievo della cosca, con compiti di controllo della zona Germaneto di Catanzaro. «Partecipa – è scritto nel provvedimento di fermo – ai summit di ‘ndrangheta per i quali mette a disposizione del sodalizio, quali luoghi di incontro, le villette in località Germaneto, in fase di ultimazione, dove egli ha in corso lo svolgimento dei relativi lavori, programmando anche le strategie di espansione del sodalizio e le specifiche attività delittuose». (Pietro Bellantoni)

Per continuare con la ricostruzione, c’è da dire che l’articolo fece parecchio rumore e venne ripreso, tra gli altri, anche da Repubblica (Candidato consigliere a una festa con ndranghetisti).

Un karaoke può far arrossire il Pd? In Calabria sì. Soprattutto se a cantare abbracciati sono un candidato alle amministrative di Catanzaro e due presunti luogotenenti del clan Arena. L’aspirante consigliere comunale in questione è Fabio Celia, uomo di punta di una lista civica che sostiene il candidato sindaco dem Vincenzo Ciconte. Qualche settimana fa, Celia si è fatto beccare (e filmare) in compagnia degli uomini del clan Arena, arrestati poco dopo per ordine della Dda di Catanzaro. I tre – testimonia un video – sono insieme ad una festa, animata da slogan e cori a sostegno del candidato… 

Dopo una mattinata di silenzio, Ciconte si era affidato ad una nota per chiedere all’aspirante consigliere comunale di ritirare la candidatura. “Sono distante anni luce da vicende del genere, perché il mio impegno politico è stato sempre improntato alla trasparenza, alla rettitudine e al pieno rispetto della legge – fa sapere il candidato sindaco dem – Non vogliamo alcun voto proveniente da ambienti criminali, il nostro impegno è finalizzato a che non ci siano ombre e opacità alcune nell’amministrazione che guiderò con il voto pulito e onesto dei cittadini catanzaresi”. Anche il Pd regionale, tramite il suo segretario dellì’epoca Ernesto Magorno, aveva messo le mani avanti. “A prescindere dai risvolti penali della vicenda, come partito chiediamo l’immediato ritiro di quella candidatura”. Ovviamente quella candidatura non fu mai ritirata e Celia è ancora consigliere comunale, anzi anche capogruppo del Pd!!! Per il momento ci fermiamo qui, ma anche per questa vicenda abbiamo ancora altro da raccontare. Celia si rassegni: noi non abbiamo paura e neanche scheletri nell’armadio. 

1 – (continua)