di Saverio Di Giorno
L’aria di fine anno spinge sempre a quella tentazione di fare i conti della serva. Tirare una linea a fine pagina e fare le somme. Guadagni e perdite. A questo proposito: come sono i conti dell’avvocato Pittelli. Perché a farli dall’esterno sono tutti in negativo. Come disse De Crescenzo: ma ve li siete fatti bene i conti, ne è valsa la pena? Ormai è l’unico che viene condannato, mentre tutti gli altri escono. Un jolly che ogni procura tira dentro quando non sa che pesci prendere e chiunque gli dà addosso, un po’ come il suo delfino Manna in più piccolo. Persino il Goi calabrese che non vede nulla ora si sveglia. Allora faccia una cosa: pareggi i conti. Parli, racconti il resto.
Perché di storie che potrebbe dirne ce ne sono se solo volesse e una emerge dai cassetti dell’ex procuratore de Magistris che in occasione della sua condanna in appello ci ha tenuto a ricordare in un post delle sue disgrazie catanzaresi. Dei rapporti tra Lombardi e Pittelli e dell’indagine scippata. C’è però anche un altro rivolo, un segmento che arriva fino in Sicilia.
D’altra parte lui era l’avvocato di quelli che contano in Calabria: degli industriali della fabbrica dei veleni a Praia negli anni in cui l’estrema destra si proteggeva qui e pure lui era presente, fino alle controverse poi rimangiate parole sul suicidio/omicidio di David Rossi (Monte dei Paschi), poi rimangiate. Ma quante potrebbe saperne?
Sulle indagini grandi di De Magistris si è scritto e riscritto. Una mappa del potere. Ma poco ancora si è scritto invece su quelle precedenti a Poseidone e Why Not. Quando a Reggio aveva intralciato le vie di Romeo oppure quando a marzo 1997, il giovane magistrato partenopeo, da poco applicato alla Procura catanzarese, porta alla luce l’esistenza di una clinica degli orrori.
Secondo l’accusa nella casa di cura psichiatrica Villa Nuccia sarebbero avvenuti un centinaio di decessi sospetti nel corso degli anni, mentre numerose testimonianze parlavano di maltrattamenti ai ricoverati e perfino di certificati medici compiacenti per i figli dei boss delle ‘ndrine. Su tutto comincia ad allungarsi l’ombra di una massoneria che appare fin da subito tutt’altro che alla luce del sole. Fra i 21 arrestati spicca l’ex ufficiale medico Antonino Bonura, responsabile di Villa Nuccia, definito da Repubblica «esponente della massoneria». Ma il suo nome, negli elenchi ufficiali, non c’è. Con lui in manette il colonnello medico Salvatore Moschella, dirigente dell’ospedale militare di Catanzaro, e Massimo Massara, direttore sanitario di Villa Nuccia. Moschella è oggi nuovamente direttore sanitario della clinica, che prosegue la sua attività in convenzione con la Regione Calabria. Lo stesso Ente nel quale attualmente Bonura riveste il delicato ruolo di dirigente del settore Politiche sociali. Per entrambi, infatti, così come per gli altri imputati, i diversi tronconi del processo hanno in seguito condotto al proscioglimento.
Ma perché nasceva quell’alone massonico intorno alla figura di Bonura? Ecco come ricorda la vicenda il capitano Attilio Auricchio, braccio destro di De Magistris in quell’inchiesta, dinanzi ai magistrati salernitani Nuzzi e Apicella: «Antonino Bonura, oltre ad essere un medico del settore neuropsichiatrico, era il governatore nazionale del Kiwanis Club. Il dato era d’interesse investigativo perché’ attraverso il citato club il Bonura manteneva legami con altri medici, coinvolti nella medesima inchiesta, e ad altri personaggi».
Già, il Kiwanis. Fortissimo in Calabra, con altri epicentri in Toscana, Lombardia e a San Marino, il club, sbandierando le consuete finalità “umanitarie”, vanta origini di chiaro stampo massonico. Lo ha ricordato per esempio, a marzo 2007, il gran maestro aggiunto del Goi Massimo Bianchi dinanzi ad una affollata platea di iscritti al Kiwanis giunti da tutta Italia all’Holiday Inn di Firenze: «Amici – ha detto – il Kiwanis International, al pari di altri club service quali Rotary e Lions, vede tra i suoi fondatori proprio dei massoni».
De Magistris conferma la ricostruzione e aggiunge qualche dettaglio. Il dott. Antonino Bonura, massone e governatore nazionale del Kiwanis Club era ovviamente difeso dall’avvocato Pittelli. Durante la perquisizione emerge un elenco di massoni, tra cui Giovanni Tinebra, procuratore della Repubblica di Caltanissetta. Dalle carte emerge anche il tentativo di alcuni indagati di avvicinare l’allora procuratore nazionale antimafia per fermare l’indagine e in alcune intercettazioni si ricostruisce una gravissima fuga di notizie sui telefoni sotto controllo ad opera dell’allora viceprocuratore generale della repubblica di Catanzaro, Giuseppe Chiaravalloti.
Tinebra è stato dall’85 all’86 governatore del distretto Kiwanis di Cosenza. Giovanni Tinebra (ex procuratore generale a Catania dopo una lunga permanenza al vertice del Dap), il quale proprio in quegli stessi anni era a capo delle indagini sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Il motto da lui prescelto era: “miglioriamo il domani”.









