Il giudice corrotto Marco Petrini viene chiamato in causa anche dal pentito vibonese Andrea Mantella, che ne traccia un profilo tragicomico e ripugnante nelle sue dichiarazioni a magistrati e forze dell’ordine.
E’ a conoscenza di relazioni esistenti fra alti magistrati del distretto di Catanzaro ed esponenti della criminalità organizzata calabrese?
Mi risulta che l’avvocato Giancarlo Pittelli, onorevole, massone deviato, vanta delle amicizie con il Presidente Marco Petrini, della Corte d’Appello di Catanzaro. Anche, per il Presidente Petrini, negli ambienti della criminalità organizzata ed in particolare da Domenico Bonavota, da Ernesto Grande Aracri, dallo stesso Giovanni Abramo, ed anche da Nicolino Grande Aracri ho appreso che era a sua volta un massone deviato, chiamato in gergo il bolognese. Sempre Domenico Bonavota ed Ernesto Grande Aracri ed anche Giovanni Abramo mi hanno riferito che vi erano rapporti di amicizia tra l’avvocato Staiano e il dottore Petrini e che quest’ultimo gradiva avere qualche regalo in cambio di ammazzare sentenze, preferibilmente denaro, orologi e comunque beni che non lasciavano traccia.
Vorrei chiederle i soprannomi del giudice Marco Petrini.
Nell’ambiente che frequentavo lo chiamavano “il bolognese” oppure “quello con la gonnella” o ancora “il porco”. In merito a quest’ultimo soprannome, il riferimento è alle donne… Ribadisco che Marco Petrini fa parte della congrega e che mangia “come un porco”, accetta soldi cash, auto a noleggio, soggiorni turistici, orologi e piaceri sessuali in genere. I canali privilegiati per accedere al dottore Petrini sono Salvatore Staiano, Giancarlo Pittelli, Anselmo Torchia, Nicola Cantafora, Francesco Gambardella, i quali svolgono tutti attività di avvocato.
Nella mattinata del 5 marzo 2019, nell’ufficio del Petrini ubicato presso la Corte d’Appello di Catanzaro, veniva registrato un incontro avvenuto tra Petrini, Domenico Commodaro, consigliere della I e II Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e l’avvocato Salvatore Staiano, del foro di Catanzaro.
Nel corso dell’incontro, l’avvocato Staiano, dopo essere entrato in ufficio e salutato i presenti, esordiva, con tono assolutamente confidenziale, dicendo di essere sottoposto ad indagini da parte della Dda di Catanzaro e di conoscere anche il nome del pubblico ministero che stava indagando su di lui, nonché quello del collaboratore di giustizia che lo accusava, riferendo di essere venuto a conoscenza di tale situazione incidentalmente in quanto, essendo difensore di un altro avvocato indagato, aveva avuto modo di leggere gli atti del fascicolo e, verosimilmente, tra i documenti da lui visionati in quell’occasione, aveva letto qualcosa che lo riguardava… “e ho detto: ma qua sono malati di testa…”.
Lo Staiano proseguiva dicendo che anche negli ambienti carcerari e tra gli stessi ‘ndranghetisti si parlava di lui come persona “assetata” di soldi, autodefinendosi in tal senso una “troia”… Lo stesso Staiano continuava ad elencare tutte quelle che erano le “voci” che correvano sul suo conto, tra le quali il fatto che egli “pagasse” Petrini, che “pagasse” un altro giudice, del quale non faceva il nome, che gestisse i soldi della ‘ndrangheta reggina e che per tale motivo sei era recato alla Distrettuale al fine di riferire tali circostanze.
Con riguardo alla figura di Salvatore Staiano, indicato dal Mantella come possibile fiancheggiatore della criminalità organizzata reggina, emergeva che l’avvocato nel 2010 era stato fermato dai carabinieri di Oppido Mamertina in compagnia del boss di ‘ndrangheta Rocco Mazzagatti al battesimo di un nipote dello stesso boss, peraltro mentre era in regime di misura cautelare…
Tornando alla conversazione registrata nell’ufficio di Petrini, il Commodaro aggiungeva, ironicamente, che, nel caso in cui fossero stati visti mentre si salutavano con il “braccio”, a Soverato, anch’egli si sarebbe potuto trovare indagato… Staiano, quindi, afferma di sapere che il pentito Mantella ha parlato anche di lui: “… Ma io ho le lettere nelle quali mi minacciava di morte quindi c’è la causale perché ce l’ha con me… però io ne ho le palle gonfie, ne ho parlato col Presidente…”. Balzava all’attenzione, dall’ascolto della conversazione, come il Petrini, pur sentendo riferire, fra l’altro alla presenza di altre persone, come fosse “fatto notorio” il suo stare a libro paga dell’avvocato Staiano, non replicava alcunché né interloquiva in alcun modo, per smentire o quantomeno chiarire la circostanza. La P.G. operante, anzi, sul punto, dava specificamente atto che, dalla visione delle immagini, si poteva notare come il Petrini ascoltasse le parole di Staiano in modo serenamente passivo…