A leggere le motivazioni della sentenza di condanna dell’ex giudice Marco Petrini – emessa dal Gup di Salerno nel processo denominato Genesi – si resta da un lato esterrefatti per l’insistenza del Gup nell’addolcire le responsabilità dell’ex giudice Petrini in merito, ad esempio, al suo rapporto con l’avvocatessa Marzia Tassone che il Gup ritiene essere solo una love story senza implicazioni di carattere corruttivo, e dall’altro sorpresi per l’esposizione dei reati commessi dall’ex giudice che ancora all’oggi, nonostante l’evidenza, non hanno trovato risposte giudiziarie.
Marco Petrini è stato condannato per quattro capi di imputazione: soldi e regali in favore di una decisione per favorire l’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato per ottenere il ripristino dell’assegno vitalizio regionale; la confisca e alleggerimento della sentenza di condanna di Antonio Saraco, condannato in primo grado nell’ambito di Itaca Free Boat e per cui tramite Santoro si cercava di avvicinare Petrini; somma di 500 euro ricevuta nel luglio 2019 per favorire Vincenzo Arcuri in vicende penali e civili; e più in generale, il capo 9, per cui Emilio Santoro remunerando abitualmente Petrini con la somma di 1500,00 euro mensili, ne “otteneva la condiscendenza alle proposte corruttive che suo tramite pervenivano da soggetti terzi, fungendo da collettore di esse e da mediatore tra i privati interessati e il magistrato che aveva corrotto”.
Nelle motivazione della sentenza il Gup a partire da pagina 133, scrive sull’opportunità o meno di concedere le “attenuanti” al Petrini, e nel farlo elenca tutte le sue malefatte tra cui l’avvenuta corruzione da parte dell’avvocato Marcello Manna (sindaco di Rende). Il Gup riconosce a Petrini la collaborazione con le autorità giudiziarie come segno di pentimento, ma il reato commesso, nello specifico della corruzione ad opera di Manna, è troppo grave, perciò il Gup decide nell’applicare le attenuanti una “via di mezzo”, ed è proprio qui che la domanda sorge spontanea: come mai l’avvocato Manna, nonostante l’avvenuto accertamento del reato, è ancora sindaco di Rende?
Scrive il Gup:
Bene, alla luce di questo ci chiediamo com’è possibile che nonostante l’accertamento dell’avvenuto reato di corruzione, l’avvocato Marcello Manna risulti essere ancora il sindaco di una delle città più importanti della Calabria: Rende. Questo ci fa capire, ancora una volta, che tutto quello che riguarda Cosenza non può essere toccato dalla magistratura, anche se vengono beccati con la pistola fumante ancora in mano.