Catanzaro, testamenti falsi: i “parenti” emigrati in America per ingannare l’ufficio anagrafe

Non solo intercettazioni e riscontri documentali, gli inquirenti hanno potuto ricostruire il sistema dei falsi testamenti anche grazie alla testimonianza di due donne. La prima lavora nell’ufficio anagrafe di un paese della provincia, la seconda dirige un ufficio postale in provincia. Entrambe sono state testimoni del tentativo messo in atto dal gruppo, finito nel mirino di carabinieri e polizia, di accaparrarsi l’eredità di un anziano scomparso da poco.
Il parente americano Secondo la ricostruzione della Procura le menti del piano sarebbero stati Marco Scalzo insieme al dipendente delle Poste Luciano Crispino, sarebbe stato lui stesso a verificare «l’ingente patrimonio» dell’anziano deceduto. Il primo passaggio per realizzare il falso testamento e mettere le mani su quei soldi è procurarsi un certificato di morte. L’incarico viene affidato a Gianfranco Cappellano. Scalzo lo istruisce al fine di evitare che l’impiegato del Comune si insospettisse e scoprisse l’inganno: “Non gli dire tuo zio, magari lo conoscevano… digli che ti serve per tua zia se ti domanda”. Cappellano il giorno successivo riesce a farsi consegnare il documento e lo gira via whatsapp a Scalzo. Come ci sia riuscito lo ha raccontato agli investigatori un’impiegata dell’Ufficio Anagrafe.

La donna ha spiegato di ricordare bene l’episodio perché conosceva l’anziano deceduto. L’impiegata ha detto che in ufficio sarebbe giunto un uomo presentatosi come “incaricato di un nipote americano del defunto”. La signora ha aggiunto che in effetti l’anziano morto aveva dei parenti americani e quindi non aveva esitato a consegnare il documento.

Trovati i documenti e redatto il falso testamento, l’ultimo passaggio è presentarsi alle Poste per ottenere lo sblocco dei titoli. Di questa operazione, secondo la ricostruzione della procura, viene incaricato l’avvocato Raffaele Elio Bruno. Sarebbe stato lui a presentarsi allo sportello come procuratore speciale per la riscossione dell’eredità. Anche in questo caso gli inquirenti possono contare su una testimone. La direttrice dell’ufficio postale ha riferito di ricordarsi perfettamente la vicenda. Per due motivi precisi: il primo era sicuramente l’ingente valore dei titoli di cui il defunto era possessore e poi ha aggiunto che non le era mai capitato di seguire una pratica di successione senza conoscerne il beneficio ma solo il procuratore speciale. La direttrice ricordava anche che l’avvocato Bruno aveva dichiarato lo smarrimento dei titoli in questione richiedendone la duplicazione per la quale però era necessaria una seconda procura. La testimone evidenziava la solerzia con la quale il legale aveva provveduto alla sostituzione dei documenti non corretti e la tranquillità dimostrata successivamente nell’apprendere il blocco della pratica per l’esistenza di altri eredi che ne vantavano il titolo. Fonte: Gazzetta del Sud