Catanzaro, chi vuole incastrare Nicola Gratteri? (seconda parte)

Capito il “marro” il Corriere della Calabria corre ai ripari. L’aver dato spazio alla notizia di Amadori pubblicata sul quotidiano “La Verità” dal titolo: “Gratteri indaga sugli uomini di babbo Renzi”, ha messo in una brutta situazione Gratteri. Qualcuno ha preparato un bel trappolone al magistrato, e la condivisione dell’articolo presuppone una qualche complicità nel piano messo in piedi per screditare Gratteri. Tutti i media locali ci sono cascati. Tutti hanno ripreso la notizia con enfasi, soprattutto il Corriere della Calabria. Tutti in buona fede? Non lo sapremo mai. Ma quello che sa il direttore Pollichieni è che bisogna riparare al danno fatto. E così si arma di carta e penna e produce un editoriale che spiega come, secondo lui, sono andate le cose, titolando così: “Il trappolone (fallito) a Gratteri”.

La fuga di notizie sull’inchiesta degli amici del “babbo di Renzi” per il direttore del Corriere è da attribuirsi ai carabinieri del Noe, e dice: “Capita, invece, che sul tavolo del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, arriva una informativa del Noe centrale, firmata dagli eredi di “Ultimo” che riferisce degli appalti Consip, del supposto coinvolgimento di Tiziano Renzi e di un ruolo di mediatore che avrebbe svolto il massone calabrese Rocco Borgia, oggetto di perquisizione su mandato della Procura di Roma proprio per la vicenda Consip. La giustificazione per tale invio risiederebbe nel fatto che il “Noe” sarebbe a conoscenza di una indagine di Gratteri su logge deviate e massomafia.

Per il direttore “capita” che a fornire le informazioni sull’ inchiesta in corso sugli amici del “babbo di Renzi”, ad Amadori (giornalista della Verità), sono stati i carabinieri del Noe. Tant’è che si pone due domande: “Prima domanda: chi ha detto al “Noe” di tale indagine? Seconda: che c’entrano gli atti dell’inchiesta Consip?”.

Una spiegazione, quella del direttore Pollichieni, che merita alcune domande: come fa Pollichieni a sapere la storia del fascicolo portato sulla scrivania di Bombardieri, dai carabinieri del Noe? E poi, se Pollichieni sapeva già come sono andate le cose, perché prima pubblica l’articolo di Amadori, avallandolo, e poi si affretta a trovare una spiegazione alternativa? Chi racconta a Pollichieni come sono andate le cose? Se è sicuro di quello che nella prima parte del suo editoriale afferma, non poteva contattare la sua “fonte” prima della pubblicazione dell’articolo di Amadori? Mistero della fede.
Sembra quasi, giusto per provare a dare qualche risposta,  che dopo la pubblicazione dell’articolo incriminato, Gratteri abbia chiamato Pollichieni dicendogli: ma che cosa scrivi? Tu quoque, Brute, fili mi? Costringendolo ad una rettifica.

Ma non si ferma qui il racconto del direttore Pollichieni che entra in dettagli che solo chi li ha vissuti in prima persona può sapere, e per sbugiardare le parole del giornalista Amadori, che sostiene nel suo articolo di aver incontrato il dottor Gratteri e il dottor Bombardieri, e riparare al danno di aver creduto che Gratteri potesse parlare delle sue inchieste a chicchessia, dice così: “Amadori, in verità, da Gratteri ci è passato il giorno prima (della pubblicazione dell’articolo). Lo accompagnava Paolo Orofino, giornalista locale che ebbe grande spazio nell’era De Magistris e che oggi si accredita dell’amicizia del procuratore aggiunto Bombardieri. Amadori chiede un’intervista a Gratteri ma il procuratore, che pure non ne lesina, quella mattina decide di non concederla e anzi non fa neppure entrare i due giornalisti nel suo ufficio”.

E questo secondo Pollichieni è la prova provata del disegno criminoso nei confronti di Gratteri, perché quella è una “stupida” mossa che serve ad Amadori per coprire la vera fonte, e dice così: “Oggi si sospetta che quella visita (dei due giornalisti) in realtà doveva servire a coprire la vera fonte di una notizia vera per un verso, assolutamente fasulla per l’altro. Vera nel senso che esiste una inchiesta sulla “massomafia”; fasulla perché non spiega che tale inchiesta è di gran lunga antecedente quella sugli appalti in Consip e tratta ben altri e più gravi scenari”.

Anche qui alcune domande sono d’obbligo: come fa a sapere Pollichieni che esiste davvero una inchiesta sulla “massomafia” e che addirittura questa è antecedente a quella sulla Consip? Chi fornisce queste informazioni al direttore necessarie per la sua rettifica?

Si potrebbe dire che il direttore Pollichieni, al pari di Amadori, fa anche lui il suo scoop, annunciando a tutti noi che Gratteri sta indagando sulla presenza tra Cosenza e Catanzaro di una super cupola massonica/mafiosa che detiene e controlla ogni tipo di economia, specie quella relativa ai pubblici appalti. E poi questo Amadori deve essere proprio scemo: Gratteri non lo riceve, e lui, nonostante questo, scrive e  pubblica di aver bussato alla porta del magistrato e di aver parlato con lui. Mettendo in bocca parola al magistrato, smentite clamorosamente dallo stesso. Un incontro che lo stesso giornalista non si premura neanche di fotografare, e  di registrare. Mah!

Nel chiudere la prima parte del suo editoriale foglia di fico, Pollichieni spiega anche i motivi del perché “qualcuno” ha organizzato il “trappolone”. Tutto questo per: “rimettere in movimento l’indagine, romana, su Babbo Renzi e i suoi amici massoni; nel contempo “mascariare” (screditare) Gratteri il quale a poche settimane dal suo editto («Se c’è una fuga di notizie ci sono connivenze interne») si sarebbe ritrovato a giustificarsi di una notizia “fuggita” proprio dal suo ufficio. E che notizia!”
Insomma una “mossa” che vuole mettere Renzi contro Gratteri, oltre a screditare il magistrato additandolo coma la “talpa”.

Bombardieri

Ma per il direttore Pollichieni arriva un’altra smentita che lo rimette in difficoltà. E questa volta la smentita arriva dal dottor Bombardieri “braccio destro di Gratteri” e magistrato serio e onesto. Che senza mezzi termini dice: “In relazione all’articolo apparso sul Corriere della Calabria online in data odierna dal titolo “Il trappolone (fallito) a Gratteri”, lo scrivente intende precisare che alcuna «informativa del Noe centrale, firmata dagli eredi di “Ultimo” che riferisce degli appalti Consip, del supposto coinvolgimento di Tiziano Renzi e di un ruolo di mediatore che avrebbe svolto il massone calabrese Rocco Borgia» è arrivata «sul tavolo del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri»; lo scrivente non ha particolari rapporti di amicizia con il dott. «Paolo Orofino, giornalista locale», bensì con lo stesso ha rapporti di conoscenza professionale nel rispetto dei rispettivi ruoli, così come con numerosi altri giornalisti locali, che frequentano le conferenze stampa della Procura della Repubblica”.

Una smentita totale di tutto quello che ha scritto Pollichieni che nella seconda parte del suo editoriale, completamente sganciato dalla prima parte, sarà costretto ad ammettere alcune cose, oltre a fornire altre chicche che bisogna saper leggere tra le righe.
Dunque, se non sono i carabinieri del Noe i responsabili della fuga di notizie come dice il dottor Bombardieri, che mai sosterrebbe il falso, chi ha ordito il trappolone a Gratteri? La storia continua.
2- continua
GdD
Ps  Meno male che eravamo noi i detrattori di Gratteri…