”C’è un documento su Delle Chiaie a Capaci nel 1992”

L’informativa fu inviata anche a Caltanissetta. L’allora capo della Squadra mobile di Palermo La Barbera rispose che il neofascista non era in Sicilia

di Marco Lillo

C’è un documento del 1992, trovato di recente, nel quale il nome del fondatore di Avanguardia Nazionale, Stefano Delle Chiaie, fu fatto in relazione alla strage di Capaci già allora. Parola dell’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, intervistato dal programma SpotLive con Giancarlo Usai Raffaella Cosentino, su RaiNews24, mercoledì sera. Scarpinato ha parlato dopo il comunicato della Procura di Caltanissetta che sembrava smontare quanto affermato su Delle Chiaie in un’altra trasmissione Rai: Report. A tirare in ballo l’estremista nero in tv, facendo infuriare la vedova Carola Delle Chiaie che ha annunciato azioni legali contro Report, era stata la compagna di Alberto Lo Cicero, un collaboratore di giustizia morto da anni. La signora Maria Romeo ha riferito a Report che il suo compagno di allora avrebbe parlato del ruolo di Delle Chiaie a Capaci con lei e addirittura con il procuratore Paolo Borsellino.

In occasione della perquisizione (poi revocata) al giornalista di Report Paolo Mondani, il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca ha smentito così: “Il Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie”. Ora arriva questa intervista dai toni opposti dell’ex Procuratore Generale di Palermo a RaiNews24: “Noi già dopo le stragi abbiamo indagato Stefano delle Chiaie, unitamente a Licio Gelli, a Salvatore Riina e altri soggetti, perché secondo noi coinvolti in un progetto di destabilizzazione dello Stato connesso alla strategia stragista (l’indagine ‘Sistemi criminali’, ndr). Nel maggio del 2001 fummo costretti ad archiviare perché non avevamo elementi sufficienti. Ma successivamente sono state acquisite importanti risultanze processuali che noi non conoscevamo ed è stato acquisito anche un documento ufficiale redatto nel 1992 nel quale si comunicava a più autorità che Stefano delle Chiaie nella primavera del ’92 si è incontrato con boss mafiosi e che era coinvolto nella strage di Capaci. È un documento del 1992, è stato riscoperto solo recentemente”.

Cosa è questo documento? Scarpinato non lo dice. C’è però un’informativa dei Carabinieri della Procura presso la Pretura di Palermo dell’ottobre 1992 nella quale sono riportate le informazioni di una fonte dell’Arma che ha tutta l’aria di essere proprio Maria Romeo. La fonte confidenziale (quindi non utilizzabile processualmente) sostiene che Stefano Delle Chiaie era andato a Palermo per la campagna delle elezioni politiche del 1992. Si sarebbe recato a Capaci e avrebbe preso contatto con un boss di Cruillas di nome Troia e si sarebbe interessato a reperire dell’esplosivo. Premesso che non ci furono riscontri, anzi nemmeno indagati, su queste affermazioni, chissà se questa nota è il documento a cui fa riferimento Scarpinato.

Di certo al Fatto risulta che la nota dei carabinieri ebbe vita travagliata. Fu spedita alla Prefettura, ai carabinieri del Ros e del comando territoriale e alle Procure di Caltanissetta e Palermo. Premesso che Delle Chiaie è morto nel 2019 e non è mai stato nemmeno indagato per questa storia e che è stato sempre prosciolto in indagini per altre stragi come quella di Piazza Fontana del 1969, della stazione di Bologna del 1980 e del 1993 a Firenze e Milano, resta da capire una cosa: che fine ha fatto la nota?

Il capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera rispose alla nota che Delle Chiaie non era in Sicilia e il discorso finì lì. La Barbera, morto nel 2002, è stato poi messo in discussione dopo la scoperta dei depistaggi sulle indagini della strage di via D’Amelio ma allora la sua parola era una sentenza di Cassazione. Però a rileggerla oggi si nota che La Barbera non riporta un dato facilmente reperibile: Delle Chiaie era sceso in Sicilia nel dicembre del 1991 ed era stato fermato dai Carabinieri in compagnia di Domenico Romeo, un collaboratore dell’ex avvocato di Delle Chiaie, Stefano Menicacci, co-fondatore con Romeo di alcune Leghe meridionali nel maggio 1990. Mentre Delle Chiaie nel 1991 fondava la sua Lega Nazional Popolare. Se qualcuno avesse messo insieme questo fermento leghista con la confidenza (anonima) di Maria Romeo su Delle Chiaie ai Carabinieri e con l’ingresso in Sicilia di Domenico Romeo (fratello di Maria) con lo stesso Delle Chiaie, forse la pratica non sarebbe stata scartata così di fretta.

Comunque su queste vicende ora sta lavorando la Procura di Caltanissetta con un’impostazione diversa da Scarpinato.

Basta leggere il comunicato del 24 maggio dove il procuratore De Luca scrive “in merito alle dichiarazioni della signora Maria Romeo (…) il Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie”. In realtà il procuratore De Luca smentisce l’esistenza di carte in cui Lo Cicero parla di Delle Chiaie ma non smentisce carte con dichiarazioni di terzi, come la compagna Maria Romeo. La divergenza con l’ex Pg di Palermo Scarpinato è più evidente se si legge quanto scritto dal Gip che ha rigettato la richiesta di archiviazione dell’inchiesta (senza indagati) della Procura di Caltanissetta sui ‘mandanti esterni’ delle stragi di cui Il Fatto ha dato notizia ieri.

La Gip Graziella Luparello ricorda la posizione della Procura guidata da De Luca (per poi criticarla) così: “La richiesta di archiviazione oggetto di esame muove dal presupposto che la strage di via D’Amelio (…)non ebbe ‘mandanti esterni’, in quanto un’entità forte come Cosa Nostra, (…) mai avrebbe accettato l’assolvimento di compiti di mera esecuzione di deliberazioni criminose assunte da soggetti terzi”. Mentre Scarpinato a RaiNews24 mercoledì ha detto: “Si accumulano sempre più risultanze che dimostrano (…) che il piano stragista era stato elaborato da un complesso sistema criminale (dal quale a Cosa Nostra era stato dato il compito di fare da braccio armato) ma che era stato pensato ed elaborato dalla massoneria deviata e da esponenti della destra eversiva”. Per Scarpinato quindi la possibilità che Totò Riina non fosse il vero ‘Capo dei Capi’ sulle stragi non va affatto scartata.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it