Cetraro ha un cuore che pulsa in “Rosso Mediterraneo”: il festival del gambero identitario

di Gabriella Filice 

Cetraro ha un cuore che pulsa in rosso. Non il rosso della retorica, ma quello vivo, iridescente, che esce dalle reti dei suoi pescatori all’alba, quando il porto è ancora una promessa e l’aria sa di sale e di fatica. È qui che nasce il Gambero Rosso di Cetraro. Non un prodotto: un carattere. Un segno identitario. Una firma genetica della città.
È stato chiamato vanitoso. Con ragione. Brilla come una gemma, illumina la cassetta del pescatore come una lanterna antica. Questo rosso non lo trovi altrove: è vermiglio pieno, deciso, quasi teatrale. È il colore delle cose sicure di sé, delle cose che non hanno bisogno di farsi spiegare.
Eppure, dietro ogni gambero rosso, c’è un uomo che non fa rumore.
Il pescatore. Un mestiere che non si impara: si eredita. Mani che hanno solcato gli stessi punti del mare per generazioni, vite che resistono anche quando la modernità vorrebbe dimenticarle. Sono gli ultimi custodi di un mondo che non deve morire.

Giuseppe Aieta, sindaco con lo sguardo teso verso il futuro, lo ha capito. Lo ha detto senza girarci intorno: il porto è la Fiat di Cetraro. Non un simbolo, ma un motore. E i pescatori non sono decorazione folkloristica: sono la spina dorsale di un’economia che, se sostenuta, può diventare una eccellenza nazionale. Lo sono già. Manca soltanto che l’Italia se ne accorga.
Per questo nasce Rosso Mediterraneo, un contenitore culturale che mette insieme cucina, musica, tradizione e una visione semplice: restituire dignità a un prodotto che merita di stare sulle fiere, sulle tavole e nei racconti. Come la cipolla di Tropea, come la patata della Sila.
Cetraro non vuole un posto in coda. Vuole il suo nome scritto accanto agli altri grandi prodotti calabresi.
Il Gambero Rosso di Cetraro diventerà un Prodotto De.Co. Qui non è uno slogan: è un fatto.

E c’è un dettaglio che smonta anni di sciocchezze. Si dice spesso che il gambero sia “colesterolo puro”. È una bufala antica. Le analisi nutrizionali dell’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti) del 2009, confermate da successive tabelle CREA-Alimenti (attendibilità alta, dati pubblici), mostrano che il gambero ha un profilo lipidico dominato da grassi buoni e che contribuisce all’aumento dell’HDL, il colesterolo protettivo che tiene pulite le arterie.
Quindi no: non è un nemico. È un alleato.
Il problema, come sempre, è quando il colesterolo si ossida. E questo riguarda lo stile di vita, non il gambero.
Ma la cosa più bella succede sotto la linea dell’acqua.

I pescatori di Cetraro non estraggono soltanto pesce. Estraggono plastica. La raccolgono nelle reti, la portano a terra, la consegnano all’isola ecologica che il Comune ha creato nel porto. Una sinergia che nessun comunicato potrà rendere davvero: uomini che, mentre lavorano per vivere, riparano il mare. Non per glamour. Per necessità. Per amore.
Dietro questa operazione c’è un sindaco che non si limita a dire “grazie”: mette in piedi un sistema. Chiede collaborazione alle istituzioni, si muove con la Regione, chiama in causa il GAL, parla con Roberto Occhiuto perché anche il Gambero Rosso di Cetraro abbia spazio nelle fiere enogastronomiche.
Questo non è provincialismo: è strategia.

E c’è un altro ringraziamento. Francesco Occhiuzzi, con la sua trasmissione, sta portando fuori un’immagine della Calabria che altrove faticano persino a immaginare: operosa, virtuosa, competitiva. Una Calabria che non si lamenta: produce.
Quella Calabria è Cetraro.
Alla fine resta una verità semplice.
Non è un gambero che deve conquistare l’Italia.
È Cetraro che deve farsi vedere per ciò che è: una comunità che ha saputo trasformare un porto in un destino, una fatica in un’eccellenza, una tradizione in un’identità.
Il Gambero Rosso di Cetraro non è soltanto un prodotto.
È la prova vivente che quando una città decide di credere in se stessa, tutto il resto si avvicina. E si arrende.