Massimiliano Mirabelli, per tutti Massimo, è nato a Rende il 15 agosto 1969.
Non ha ancora 50 anni ma un curriculum già pieno di esperienze e, soprattutto, di successi. Sì, perché Mirabelli, al di là di tutto quello che gli si può dire a livello caratteriale, è un vincente nato. Sia da calciatore che da direttore sportivo.
Ha cominciato a vincere quando era poco più di un ragazzino, a 13 anni, con gli Esordienti del Commenda. Colori sociali: biancoverdi. Presidente: Salvatore Aceto. Era un libero “vecchia maniera”, bravo a difendere e a chiudere ma ottimo anche nell’impostazione del gioco, favorito dal fisico prestante.
Approda al Rende, che gioca in C2, quando ha da poco compiuto sedici anni. Tre campionati da titolare. Avrebbe i numeri per provare l’avventura in qualche grande club, ma la sua carriera continua in realtà che non gli daranno grande notorietà: Comiso, Partinico, Trani, Adelaide Nicastro, Altamura, Rossanese, Castrovillari, Crotone…
In compenso, vince campionati su campionati. Col Comiso, col Trani, con l’Adelaide, a Rossano e anche a Crotone.
A ventisei anni decide che non è più il caso di continuare a fare il calciatore. Mirabelli è uno che ha le idee chiare e sa già che farà il direttore sportivo, nonostante sia ancora un “ragazzino”. Inizia la trafila facendo l’osservatore per l’Inter e per l’Empoli, ma la sua “pazzia” è quella di misurarsi sul campo, costruendo squadre e società.
DAL SAN CALOGERO AL RENDE
La prima società che gli dà carta bianca è il San Calogero, un paesino dell’entroterra vibonese. A Massimo viene dato il compito di allestire una squadra competitiva ma non c’è certo l’idea di vincere un campionato tradizionalmente ostico come quello della Promozione calabrese.
E invece Mirabelli vince. Alla grande. E conquista l’Eccellenza.
Lo richiamano al Rende, che intanto è sprofondato in Eccellenza dopo i bei tempi degli anni Ottanta. Per lui è la prima esperienza nella categoria ma non è un problema. Vince anche il suo secondo campionato e le sue quotazioni balzano alle stelle.
Anche i media si accorgono di questo ragazzo non ancora trentenne che recluta calciatori, li motiva e ragiona come un presidente di società, estendendo la sua sfera d’azione a tutto quello che può interessare il miglioramento del suo lavoro.
Massimo è un perfezionista e dai suoi presidenti vuole avere carta bianca su tutto. Lo chiamano ad Acri, grande piazza, che ha conosciuto i fasti della serie D e vorrebbe “riprovarli”. Sarà ancora un altro successo.
Non si ferma più di un anno nella stessa società, Mirabelli. Un po’ perché è solleticato da piazze più importanti, un po’ perché vuole lasciare il ricordo del vincente. E così va a cercar gloria anche a Rossano. Sarà uno splendido poker…
I tempi sono maturi per legarsi a un progetto di più ampio respiro.
Rende è casa sua, si sente a suo agio. La squadra è ritornata in Eccellenza ma c’è un imprenditore, Franco Ippolito Chiappetta, che ha voglia di fare calcio a certi livelli e che sogna di diventare, prima o poi, il presidente del Cosenza…
Il campionato di Eccellenza lo vince in un amen ed ecco che si profila la prima esperienza in serie D, dove Mirabelli compie il suo capolavoro. Sarà vittoria al primo tentativo. Massimo continua a lavorare alla sua maniera, dirige l’area tecnica da veterano e inizia il suo sodalizio con quello che è stato per anni il suo “braccio destro”, Giuseppe Mangiarano ovvero l’altra metà di Mirabelli. Pratico, pragmatico, risoluto, è in pratica il suo “braccio armato” per le questioni legate ai rapporti con la Lega, a quelle amministrative, ai rapporti con i giocatori e con i media.
E’ anche il periodo in cui lancia il settore giovanile, curandolo con una immensa professionalità.
Il Rende torna in serie C2 ed è un modello per tutti. Noi cosentini lo guardiamo con una certa invidia… Sì, perché quando Mirabelli vince il suo primo campionato di serie D, nel girone I c’è anche il Cosenza Football Club… E’ il Rende di Brunello Trocini e di Davide Visciglia, di Roberto Occhiuzzi, Ivan Moschella, Giambattista Orlando, Massimino Morelli… I “fedelissimi” di Mirabelli. Siamo nel 2004.
Un campionato di assestamento in C2 con un cambio di allenatore (Dellisanti per Simeoni) che gli fa perdere posizioni in classifica ma che si conclude con una salvezza più che tranquilla e con la “ciliegina” della partecipazione alla Tim Cup: una sfida all’Olimpico contro la Lazio.
Nel 2005-06 un altro capolavoro. Il Rende di Mirabelli e Silipo stupisce tutta l’Italia arrivando alla finale play off per la C1 contro la “corazzata” Taranto. I tempi sono maturi per fare il “grande passo”.
IL COSENZA CALCIO
La prima volta che si è parlato del trasferimento del titolo del Rende a Cosenza era ancora in pieno svolgimento il campionato di serie D 2003-04, quello che i biancorossi vinsero a mani basse. A dicembre Chiappetta era stato invitato a casa dell’allora sindaco di Cosenza Eva Catizone (la pupilla del vecchio Giacomo Mancini) per mettere nero su bianco. Ma Nicola Adamo e Pino Tursi Prato, politici corrotti per antonomasia a Cosenza, fecero sfumare tutto.
Massimo Mirabelli però si era “innamorato” del progetto. Era favorevole al matrimonio con la piazza di Cosenza ma non era facile convincere i politici, i tifosi, i presidenti… Mirabelli però ci credeva e ha tessuto una tela lunghissima per arrivare al traguardo. C’è voluta finanche una retrocessione (del Rende) per rendere più semplice il progetto. Poi, finalmente, il grande passo.
Mirabelli si è portato dietro tutto il suo “gruppo”. Damiano Paletta e Pino Chianello in primis. Sì, perchè con Chiappetta il feeling, alla fine, si era esaurito.
E poi lo staff tecnico. E’ stato lui a inventarsi Mimmo Toscano, che simpaticamente chiama la sua “creatura”, allenatore del Cosenza. E dire che fino all’anno prima allenava la Berretti del Rende. E poi il vice Michele Napoli, i fratelli Michele e Roberto Bruni preparatori atletici, Michele Gerace allenatore dei portieri, Luca Altomare (prima come giocatore poi come collaboratore). Per non parlare della squadra.
Stefano Ambrosi in porta, Morelli, Aniello Parisi e Moschella a presidiare la difesa, Ciccio De Rose e Domenico Fabio, due under della sua “cantera”, a dettare i tempi in mezzo al campo con ai lati Roberto Occhiuzzi e l’arrembante Bernardi. In avanti Bomber Cosa affiancato non già dal deludente Ambrosi (il fratello di Stefano) ma da un altro gioiellino del vivaio, Domenico Danti.
Quando vedeva la Curva Sud del San Vito gli brillavano gli occhi. Finalmente poteva fare calcio per una “moltitudine”, finalmente aveva il problema degli ultrà in trasferta, dei biglietti di ingresso. Era ancora serie D ma il Cosenza è il Cosenza.
Non ci ha messo molto a innamorarsi dei colori rossoblu. Troppo bella Cosenza per rimanere in quelle categorie. Un campionato vinto di slancio, a suon di record e rimonte. Con la sensazione di avere una corazzata in mano, costruita su misura per vincere. E non era neanche la prima volta…
Vincere il torneo di C2 invece era una novità assoluta e il traguardo l’ha raggiunto con lo stesso gruppo, con la stessa voglia e superando squadre che avevano speso molto, molto di più.
La gente è tornata al San Vito e la gestione della società è stata inappuntabile, perfetta. Lo sapevano tutti che comandava lui. Paletta e Chianello sono stati due splendidi compagni di viaggio ma l’ultima parola spettava sempre a lui.
Mirabelli, Chianello e Paletta sono arrivati dove nessuno è mai arrivato in 100 anni di storia: vincere due campionati consecutivi. Un’impresa per una piazza “sudamericana” come Cosenza. Bilanci finalmente in ordine, niente debiti, tanti giovani valorizzati, a partire da un’altra sua “creatura”, Domenico Danti.
Per la C1 Mirabelli ha detto no ai suoi “fedelissimi”, ha cambiato squadra, ma si è dovuto scontrare con un presidente ingombrante, Peppino Carnevale.
Convivenza subito difficile. Se Chianello accettava di fargli dire l’ultima parola, lui neanche per idea. Scontri su scontri. Eppure la squadra ha marciato, si è creato un attivo di mercato di oltre un milione di euro. Roba da non credere per una matricola. E sarebbero arrivati pure i play off se non fosse sopraggiunta un’altra sventura: Peppuccio!
Per i non cosentini: Peppuccio è il terribile figlio dell’ex presidente del Cosenza Calcio in Serie B, Paolo Fabiano Pagliuso, viziato e incompetente. Da quando Peppuccio è (ri)tornato al Cosenza, per i colori rossoblù è stata la fine, a partire dal licenziamento di Mirabelli, sostituito da… Castagnini.
A scanso di equivoci, è giusto ricordare a chi ha preso abbagli in queste ore, che in quel campionato Mirabelli non ha deciso nulla. E’ stato richiamato da Pagliuso a gennaio, quando non c’era già più niente da fare e sia lui che Toscano si sono dimessi dopo due partite.
La frittata ormai era già fatta…. E se c’era qualche problema economico, comunque superabile, l’insediamento di Peppuccio con le sue spese folli senza avere nessuna copertura finanziaria ha portato al tracollo.
Dopo una breve collaborazione con la Ternana nell’estate del 2010, comunque importante per la promozione in B dei rossoverdi, allenati proprio da Toscano, si trasferisce in Inghilterra per collaborare con il Sunderland.
Ma nel frattempo ha già posto le basi per il suo ingresso all’Inter, dove c’è l’amico Piero Ausilio, originario di un paese del Cosentino, che sta bruciando le tappe.
Nell’estate 2014 viene ufficializzato il suo incarico di osservatore nell’Inter, dove scala di ruolo in ruolo fino a diventare capo del settore e suggerire gli acquisti più importanti come Perisic, Murillo e Brozovic.
Oggi il potentissimo ad Fassone e i cinesi lo vogliono ancora a Milano. Ma stavolta sponda rossonera.
Comunque vada, sarà un successo. In bocca al lupo, Massimo!