Ciao don Saverio, pioniere del grande oratorio di Santa Teresa

Don Saverio e la sua Memi Vian dopo aver vinto il campionato Allievi nel 1966

Lutto nella chiesa cosentina. Si è spento oggi don Saverio Spadafora, storico viceparroco e poi parroco della chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù. Una figura che è stata familiare per tante generazioni di “ragazzi” cosentini che si sono formati in quella parrocchia.

La parrocchia di Santa Teresa si è identificata per quasi mezzo secolo con il nome di don Eugenio Romano, scomparso nel 2004, del quale don Saverio è sempre stato il braccio destro dal 1960 e fino agli anni Novanta. Ricordare don Saverio, pertanto, significa quasi automaticamente ricordare don Eugenio e naturalmente la parrocchia di Santa Teresa.

Recentemente don Giacomo Tuoto l’ha ricordato con un’accorata biografia intitolata “Don Eugenio, un prete cosentino in Paradiso”, edita da “Editoriale Progetto 2000” di Demetrio Guzzardi.

“… Don Eugenio – scriveva Tuoto – è stato un pioniere della chiesa cosentina dei nostri tempi per aver dato inizio a quella meravigliosa avventura pastorale culminata con la nascita della nuova parrocchia di Santa Teresa... istituita dall’arcivescovo Roberto Nogara il 29 dicembre 1939 per servire i fedeli della parte nuova di Cosenza. Ben presto divenne la parrocchia centrale, diretta con sapiente amore da don Eugenio per più di 50 anni…”.

Don Giacomo Tuoto e don Eugenio Romano

Don Eugenio Romano era anche un grande comunicatore ed aveva una intensa attività giornalistica e fu direttore dal 1938 e per circa tre anni del periodico cattolico “Parola di vita” sostituendo don Luigi Nicoletti, costretto a “trasferirsi” dal regime fascista. Sotto la sua direzione, fu l’unico giornale che fece sentire alta la sua voce per condannare pubblicamente l’antisemitismo.

“In tanti anni di attività pastorale – conclude don Giacomo Tuoto nella sua biografia – don Eugenio Romano fece di Santa Teresa una fucina di vocazioni sacerdotali e religiose e una scuola di formazione del laicato… Meritano di essere ricordati i due vescovi, monsignor Tarcisio Pisani e monsignor Augusto Lauro… “.

La chiesa era praticamente una baracca, incombevano i tempi duri del dopoguerra eppure gioia, allegria e serenità straripavano nella Memi Vian ovvero nella Gioventù Cattolica di Santa Teresa, dove don Eugenio animava e guidava quella pattuglia irrequieta.

Ma, come dicevamo, oggi salutiamo per l’ultima volta don Saverio Spadafora, che identificava l’anima sportiva e calcistica della parrocchia. Lo avevo intervistato una decina di anni fa per il progetto “Campioni di Cosenza”, dedicato alle squadre di quartiere della nostra città.

“Dal 1° luglio 1960 – ricordava don Saverio – sono stato nominato dall’arcivescovo Aniello Calcara vicario-cooperatore nella parrocchia di Santa Teresa e quindi giovanissimo sacerdote collaboratore di monsignor Eugenio Romano. L’inserimento in una comunità parrocchiale vasta e viva come Santa Teresa, sotto la sua guida, non era stato difficile. Tra l’altro, ha suscitato in me una straordinaria carica di entusiasmo per una presenza giovanile notevole e ben preparata da don Augusto Lauro, don Giovanni Pedranghelu e don Giuseppe Lamanna“.

Come le è nata la passione per il calcio?

“Da seminarista. Facevo e faccio ancora il tifo per la Juventus. E mi dilettavo anche a giocare, chiaramente con la tonaca addosso. Ma ho giocato anche con i miei ragazzi a Santa Teresa, fino a quando il fisico me l’ha permesso, e qualche volta riuscivo anche a far gol…”.

E il campetto dell’oratorio? 

“Diciamo che un campetto vero e proprio non c’è mai stato. Don Eugenio stravedeva per i giovani ma lo sport non era proprio la sua passione preferita. E così ho dovuto fare di necessità virtù e provare ad ottenere qualcosa. Prima abbiamo “spuntato” due salette e poi anche il campetto. Ma facevamo tutto, non solo il calcio: ping pong, basket, volley, atletica leggera…”. 

Perché la vostra associazione di Azione Cattolica si chiamava Memi Vian? 

“Memi Vian era un valoroso giovanotto veneto ucciso dal regime fascista. Don Eugenio ci ha sempre raccontato con commozione la storia di questo ragazzo, che negli anni Quaranta era diventato un mito per il suo coraggio”.

Parliamo della squadra di calcio?

“L’idea, nel 1965, è stata di “Nandino” Serra, la vera anima ispiratrice della Memi Vian calcistica. Per me è stato facile aiutarlo: il calcio mi ha sempre appassionato e mi piaceva l’idea che il pallone aggregasse tanti giovani e li portasse nella nostra Azione Cattolica. Abbiamo vissuto anni molto belli, di coinvolgimento sincero e di passione autentica. Serra è stato anche il primo presidente della Memi Vian, poi è toccato direttamente a me…”.

I primi risultati?

“Nel nostro primo campionato siamo arrivati ultimi ma abbiamo vinto il Premio Disciplina e già l’anno dopo siamo stati in gradi di vincere il campionato Allievi. Avevamo davvero un bel gruppo. Il più bravo? Pasqualino Curcio, il nostro goleador ma giocavano bene anche il portiere Tonino Falbo, Giampaolo Ricca, Raffaele Mayerà, Tonino Tocci, sempre un po’ scavezzacollo, Sandro Nucci, per quanto fosse sempre un po’ in carne…”.

Eravate una squadra ricca o povera?

“E me lo chiedi? Poverissima. Don Eugenio giustamente aveva altre priorità che non una squadretta di calcio giovanile. Comunque ci arrangiavamo come potevamo. I palloni ce li forniva un dipendente del Comune, Mimmo Reda, e col tempo eravamo riusciti a comprare due divise e una tuta per tutti i ragazzi. Quanto alle scarpette, ci pensava la generosità di don Armando Forgione. Premi partita? Dopo aver vinto il campionato Allievi, ho portato i ragazzi a mangiare una pizza e a bere una birra da Sorrentino, a via Montesanto”.

Don Saverio andava in panchina?

“Magari… Non riuscivo a stare fermo un attimo e così seguivo partite dei miei ragazzi in piedi, correndo lungo la fascia laterale e qualche volta toccava a Mastro Peppe, il custode dello stadio “Morrone” cercare di fermarmi”.

E la gente?

“Devo dire che i parrocchiani sostenevano alla grande la nostra Memi Vian. Quando giocavamo noi al “Morrone” c’era sempre molta gente. Avevamo un seguito numeroso e chiassoso, un bel tifo”.

Cosa dicevano di questo prete così appassionato di calcio?

“Beh, c’erano molti sfottò, era inevitabile. Qualcuno diceva che gli arbitri ci guardavano in modo benevolo perché c’ero io ma non era vero niente. Ci trattavano esattamente come gli altri e qualche volta ci facevano anche torti evidenti. L’antagonismo maggiore c’era quando giocavamo contro il Rende. Il motivo era, evidentemente, politico. A Rende i Principe appartenevano al Partito Socialista e noi eravamo chiaramente vicini alla Democrazia Cristiana. Una volta sono salito persino in tribuna a dirgliene quattro a Sandro Principe, che ironizzava sulla mia tonaca. Ma non sono andato oltre perché aveva un braccio ingessato… Ma c’era rivalità anche con la Popiliana, con la Pro Casali, con la Boca Junior…”.

E dopo la Memi Vian?

“Beh, Nandino e gli altri hanno continuato ancora per qualche tempo con la Libertas. Io ho continuato a fare oratorio in parrocchia e, anche se non avevamo più la squadra, i ragazzi arrivavano a centinaia. Siamo andati avanti soprattutto con la pallavolo. Ma senza mai rinunciare allo storico “campetto” dove ormai non c’è più terra battuta ma una sorta di asfalto sintetico. Così non vedo più ginocchia sanguinanti…”.

Ciao don Saverio, è stato bello conoscerla.

Gabriele Carchidi