Ciao Padre Fedele. “Spezzacatene”, “Papa Giovanni” e l’Oasi rubata: la storia del frate degli ultimi (di Claudio Dionesalvi)

di Claudio Dionesalvi

Fonte: il manifesto 

Francesco Bisceglia, Padre Fedele, non c’è più. È morto a Cosenza all’età di 87 anni. Frate francescano, missionario, icona dei gruppi ultrà del calcio, ha consacrato l’intera sua vita, intensa e movimentata, all’accoglienza di migranti e senza fissa dimora. Si è dedicato alla realizzazione di una quantità impressionante di progetti in diversi Paesi africani, scavando pozzi di acqua e costruendo scuole ed ambulatori.

Clamorose e geniali sono state alcune sue iniziative di beneficenza. Negli anni ottanta, insieme a giovani ultrà del Cosenza Calcio, fondò la Mensa dei Poveri che ben presto si allargò e divenne Oasi Francescana. In essa, migliaia di persone indigenti e sofferenti per disagi psichici trovarono un pasto caldo, un letto ed ascolto. Nel 1997 acquistò un’autoambulanza per il trasporto di anziani abbandonati e malati privi dei servizi essenziali. La comprò ricevendo i fondi che gli furono donati anche dall’attrice porno Luana Borgia. Ciò suscitò le ire di molti alti prelati che in pubblicolo accusarono di eresia. Si difese distribuendo copie del vangelo ai semafori. Ed è proprio dagli incroci stradali che qualche anno dopo iniziò il suo calvario nei tribunali.

Un’inchiesta denominata “Spezzacatene”, avviata dalla procura della Repubblica di Cosenza, portò all’arresto di alcune persone di origine romena, che chiedevano l’elemosina ai semafori, portando con loro i propri bambini. In principio, padre Fedele collaborò attivamente alle indagini. La procura dispose l’intervento dei servizi sociali, i figli furono allontanati dalle rispettive famiglie ed affidati a genitori italiani. A distanza di poche settimane, però, constatato lo stato di prostrazione dei bambini, causato dal distacco forzoso dai genitori, Padre Fedele provò a convincere le autorità a riaffidarli ai rispettivi nuclei familiari, pur mantenendoli sotto controllo e tutela. La procura oppose un secco diniego. Il frate entrò in urto con gli inquirenti. Ne scaturì un’aspra polemica.

Poco tempo dopo, il frate si unì alle proteste esplose intorno ad un altro clamoroso caso, quello della malagestione dell’Istituto “Papa Giovanni XXIII” di Serra d’Aiello. Denunciò lo sfruttamento degli operatori sanitari e le gravi violazioni della dignità umana, a danno di anziani e pazienti ricoverati nella struttura gestita dalla Chiesa calabrese. Anticipò così un’inchiesta giudiziaria che in seguito porterà ad arresti e condanne, anche di sacerdoti. Nel frattempo, l’Oasi Francescana cambiava sede, cresceva e diveniva una delle strutture d’accoglienza più grandi del meridione, finanziata da enti pubblici e donazioni private, mentre padre Fedele continuava a vivere seguendo i precetti del santo di Assisi.

Il 23 gennaio 2006 una slavina giudiziaria, scaturita da vette rancorose, si abbatté su di lui. Fu arrestato con l’accusa di avere violentato una suora. Secondo gli inquirenti, avrebbe permesso, in sua presenza, che altri soggetti commettessero queste violenze, e le avrebbe filmate, in cambio di denaro. Tra i presunti complici di queste mostruosità, la procura individuò anche un magistrato che in precedenza aveva accolto i ricorsi di Padre Fedele nell’ambito dell’inchiesta “Spezzacatene”. Dopo alcune settimane di carcere, al frate furono concessi i domiciliari. In seguito fu rimesso in libertà, in attesa di giudizio. L’Ordine dei frati minori cappuccini gli intimò di ritirarsi in un convento, ma lui disobbedì, si proclamò innocente e lo fece anche in forme eclatanti.

Gli organi di giustizia ecclesiastica avviarono un procedimento nei suoi confronti. Vescovo di Cosenza era Salvatore Nunnari, a suo tempo viceparroco a Reggio Calabria nella rivolta neofascista dei “Boia chi Molla”. L’Ordine dei francescani espulse Padre Fedele. Con un provvedimento poi giudicato “ambiguo” da insigni esperti di diritto canonico, la Congregazione della Fede lo sospese, revocandogli la facoltà di celebrare i sacramenti in pubblico, ma gli confermò il sacerdozio, intimandogli tuttavia di cercarsi fuori dai confini regionali un vescovo disposto ad ospitarlo. Lui si ribellò, continuò ad indossare il saio, pur senza cappuccio, e si dichiarò “chierico vagante”, una figura sanzionata e repressa, sin dal V secolo D.C.. Non poté più entrare nell’Oasi francescana, da lui stesso fondata. La proprietà della struttura restò all’Ordine dei cappuccini. Intanto il processo penale andò avanti. Dopo un lungo e tortuoso iter, nel giugno 2016 Padre Fedele fu assolto, perché il fatto non sussiste.

Padre Fedele reagì ricominciando ad essere sé stesso. Tornò in Africa a scavare pozzi ed a realizzare progetti di solidarietà, mentre a Cosenza fondò una nuova struttura di accoglienza: il Paradiso dei poveri. Già in passato, aveva ricoperto incarichi istituzionali sia in ambito ecclesiastico che civile e sportivo: ministro delle Missioni Estere Frati Cappuccini, presidente del Cosenza Calcio. Nel 2016 il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, lo nominò assessore al Contrasto alle povertà e alla miseria umana e materiale, alla prevenzione del pregiudizio razziale, religioso e della discriminazione sociale.

Nelle ultime settimane, quando le sue condizioni di salute si sono aggravate, migliaia di persone hanno inviato una lettera alle autorità ecclesiastiche, chiedendo che gli fosse restituita la facoltà di celebrare i sacramenti. Il vescovo di Cosenza, Gianni Checchinato, ha accolto la richiesta. A lui si è unito l’Ordine dei Cappuccini, che pur non revocando l’espulsione, in una lettera commossa ha invocato una pacificazione. Nelle sue ultime volontà, Padre Fedele ha chiesto concordia, fratellanza e sorellanza.

Sul “Monaco” è già pronto un docu-film. Sarà salutato per l’ultima volta il 14 agosto, con fumogeni e bandiere, nell’Oasi Francescana che lui fondò e da cui fu espulso. Alla ritualità ecclesiastica si unirà quella altrettanto “religiosa” del mondo delle curve. I funerali saranno scanditi e accompagnati da tamburi, fumogeni e bandiere. Ci saranno gli ultrà.