Con la Cultura si mangia solo se sei amico degli amici

E’ chiaro ormai a tutti che con la cultura si mangia. Eccome se si mangia. Specie gli amici degli amici. Gli unici a sguazzare in questa melma che sono diventati gli uffici pubblici e gli assessorati cosiddetti alla “Cultura”.

Parliamoci chiaro, in Calabria l’unico finanziatore di imprese culturali a tutti i livelli è solo ed esclusivamente lo stato. Da noi non esistono imprenditori disposti, come succede dalle altri parti o nelle città ad alta vocazione turistica, ad investire in cultura. Da noi non ci sono filantropi o mecenati. Da noi nessun miliardario spenderebbe un euro per finanziare questa o quella mostra, spettacolo, commedia, film, balletto. Se sei un artista e vuoi lavorare in Calabria devi accriccarti necessariamente con la politica corrotta. Altrimenti non vai da nessuna parte.

Sui Festival, le feste di paese, le sagre, e tutto l’armamentario pseudo culturale che ogni anno la Calabria dei piccoli paesi “mette in scena”, fior di imbroglioni politici hanno costruito le loro fortune politiche. Centinaia di associazioni culturali o presunte tali che in cambio del finanziamento dello spettacolino, ringraziano il politico con pacchetti di voti.  La cultura come mera merce di scambio  politica/elettorale. E’ questo il significato che la politica da alla cultura dalle nostre parti. Diciamoci la verità: senza denaro pubblico i teatri sarebbero chiusi. Senza denaro pubblico non ci sarebbero Festival e concerti. E siccome i soldi sono pochi e i cani all’uassu tanti, ecco che ogni volta scoppia il caso del “finanziamento” agli amici degli amici.

Una guerra  intestina tra compagnie per accaparrarsi questo o quel finanziamento. E giù di esposti, di spifferate, di accuse, gli uni contro gli altri a dirsene di tutti i colori. Spesso l’ultimo “denunciante” in ordine cronologico è colui il quale in passato ha avuto bei finanziamenti ma con il cambio delle guardia “politica” magari a questo giro è restato fuori. E si scaglia contro chi, sempre clientelarmente, ha preso il suo posto, o meglio il “suo” finanziamento.

Certo è che c’è pure chi la fa sporca in tutto questo, ed è il caso dell’amante di Palla Palla la signora Toman, che non si accontenta, e in vista di tempi magri, quest’anno ha deciso di accaparrarsi tutto. Un egoismo schifoso che sa di ladrocinio: 700 mila euro per tre residenze teatrali a lei riconducibili. Ma se oggi come ieri è la Toman a fare man bassa dei finanziamenti, c’è da dire che nessuno di quelli che lavora in questo settore è immune dalla “pastetta”: se non ti adegui a questo squallido mercimonio, facendoti raccomandare dalla politica corrotta, lo spettacolo, non lo fai. Tutti, con qualche eccezione, in un modo o nell’altro hanno percorso questa strada, l’unico modo per lavorare.

Bisognerebbe avere il coraggio di denunciare apertamente lo stato dell’arte in Calabria. Dire chiaramente che se non sei accriccato non lavori. E invece di denunciare i politici e la corruzione che gira attorno alla cultura, gli “artisti” preferiscono scannarsi tra di loro. Invece di fare “quadrato” tutti insieme contro questo sistema, ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino sempre e comunque a discapito di altri “colleghi”. Questa è. Un tempo si diceva che la cultura rende l’uomo libero, ma a me pare che la cultura, qui in Calabria, rende l’artista schiavo.

GdD