Partiamo da un presupposto: i presidenti e i soci delle cooperative sociali di tipo B “devono” avere avuto situazioni gravi di disagio o essere stati detenuti in passato proprio perché questo prevede la logica che ha dato vita all’intervento. Certo, magari non per tutti ma almeno per una quota significativa all’interno di ogni cooperativa.
A Palazzo dei Bruzi, da quando è morto Giacomo Mancini, nessuno è stato più in grado di gestire la situazione. Ma da quando si è insediato Occhiuto, se ne sono viste veramente di tutti i colori.
L’attuale sindaco ha avuto problemi molto seri con tre presidenti di cooperative. Parliamo di Maurizio Rango, Ivan Trinni e Mimmo Plateroti, tra l’altro arrestati proprio per le denunce presentate dal sindaco.
Qualche mese dopo, però, all’indomani di un diverbio tra Trinni e il collaboratore del sindaco Giuseppe Cirò, il presidente di cooperativa era stato pesantemente pestato da Rango e alcuni suoi uomini proprio per “vendicare” l’affronto subito. Il pentito Foggetti (ma non ce n’era neanche bisogno perché Trinni ha presentato regolare denuncia in procura) ha dichiarato che a pestarlo sono stati lui, Rango e Daniele Lamanna. E che l’ordine è partito direttamente dal sindaco Occhiuto.
Da allora, tutto è radicalmente cambiato.
Occhiuto ha preso in mano le redini delle cooperative e ha dato il via a una sorta di repulisti generale.
Sono così cadute le teste di molti presidenti di cooperative di tipo B (una decina) attraverso l’escamotage di una interdittiva antimafia spiccata dalla prefettura. Prima mesi e mesi di attesa per poterla esibire e poi la mazzata della decapitazione delle cooperative. Con la risoluzione delle convenzioni comunali.
Il destino di presidenti e soci? “Parcheggiati”, nella migliore delle ipotesi, in quelle superstiti. Che sono state affidate a un supervisore di fiducia del sindaco, magicamente vincitore di tutti gli appalti relativi ai lavori da affidare alle cooperative. Con massima libertà di non pagare i 6-7 mesi di stipendi che i lavoratori hanno perso aspettando… la prefettura.
Una soluzione autoritaria, che ha messo in seria difficoltà almeno una decina di famiglie.
Questo il testo di una lettera inviata al sindaco da uno dei presidenti.
“… Purtroppo, in età molto giovanile, mi sono macchiato di alcuni peccati e di questo faccio ammenda. Questi miei peccati, però, risalgono alla fine degli anni 80 e da allora mai più sono incappato nella commissione di reati e le mie pene sono state tutte espiate. Negli anni 90 ho avuto la fortuna di potermi inserire nella bella iniziativa che lo Stato ha intrapreso grazie alla legge sulle cooperative sociali, che mi ha consentito, per il tramite del Comune di Cosenza, di poter lavorare onestamente. E così ho dato vita alle prime cooperative con la finalità del reinserimento sociale. All’interno di esse ho sempre svolto il mio lavoro con impegno e onestà…
Improvvisamente, a causa di questa informativa antimafia che ha determinato la risoluzione della convenzione per la mia cooperativa, mi ritrovo come se questi anni non fossero mai passati…
Con le mie cooperative, negli anni, ho dato la possibilità di lavorare a più di 50 persone. Oggi, tutto questo non c’è più…
Lo scopo delle cooperative sociali, cioè quello di reinserire soggetti svantaggiati, è stato messo incredibilmente in secondo piano.
La mia dignità, faticosamente ricostruita, è stata sfregiata e quel che è peggio è che anche i miei figli e mia moglie debbano oggi pagarne le conseguenze. Tengo a precisare che ho sempre lavorato nella legalità, ho sempre rispettato i contratti e gli adempimenti preposti e i lavori sono sempre stati portati a termine e i soci retribuiti.
Oggi, socialmente, mi sento un signor nessuno, la mia vita senza un lavoro è stravolta, così come quella della mia famiglia. Tutto questo non è giusto. Chiedo a lei che possa restituirmi la mia dignità che bruscamente e ingiustamente mi ha levato”.