di Fabio Menin
Come i cittadini del Comitato per il Porto di Corigliano-Rossano avevano compreso sin dall’inizio, tutta la manfrina della Baker Hughes che vorrebbe realizzare un’industria dentro il nostro porto era ed è una una copertura per qualcosa di più grande che muove molti più soldi dei 60 milioni promessi da questa industria per 50 operai occupati si e no.
La Regione Calabria e chi gli va dietro non hanno detto completamente la verità, o meglio hanno detto solo ciò che gli conveniva dire. Non si è mai visto che una multinazionale dell’energia viene a impiantare una fabbrica dentro un porto a Corigliano per una misera cifra di 60 milioni di euro. Le società energetiche si muovono quando si parla di decine e centinaia di miliardi non certo per pochi milioni di euro.
E così apprendiamo ora che dietro al progetto Baker Hughes ci sta la movimentazione per le pale eoliche di tutta la Calabria, cioè per la terra e per il mare. D’altronde queste megastrutture hanno bisogno di un porto di approdo, perché sono enormi e trasportarle nelle nostre strade è quasi impossibile, e anche via mare senza un porto sicuro è complicato.
Quindi ci troviamo davanti a un bivio: le opere pubbliche che mancano: strade, superstrade, ferrovia elettrificata e doppio binario, porto con le darsene commerciali e turistiche vogliamo realizzarle oppure regalare una sola di queste, il porto, al business delle pale eoliche che significa miliardi per poche aziende del Nord Europa e acqua fresca per i cittadini della Sibaritide e della Calabria?
Cioè: preferiamo aiutare l’economia della Calabria o regalare le infrastrutture ai signori delle multinazionali e guardare attraverso i vetri la Calabria trasformata tra mare e costa in una selva di pale eoliche?
Solo un governo regionale di “favorevoli” ad interessi stranieri può pensare di trasformare la Calabria e il suo porto jonico migliore in un hub (centro di smistamento) di pale eoliche tralasciando dietro di sé le tante incompiute cui siamo abituati, cioè la Sila-Sibari che da molti anni ancora non esiste, la Sila-Mare semidistrutta, la superstrada jonica a 4 corsie che ancora non c’è, la ferrovia elettrificata e il doppio binario che ancora non ci sono e di cui neppure si parla, il porto di Corigliano senza banchina turistiche e commerciale.
Neppure il ministro del mare, Musumeci che è venuto in visita ha tuonato contro la svendita ad interessi multinazionali, pare sia riuscito a convincere i politici calabresi che è meglio pensare di completare le infrastrutture che mancano e utilizzare quelle esistenti come il porto per la nostra economia. E allora i cittadini quando andranno a votare si ricordino non di “destra e sinistra” o “di votare gli amici”, ma di scegliere chi vuole davvero realizzare le infrastrutture che ancora mancano alla nostra terra.