Corigliano-Rossano. “Tre ospedali hanno rifiutato il ricovero a mia madre: sono stato costretto a portarla in una clinica”

Mentre Occhiu’ scrive minchiate, Domenico Grillo, cittadino calabrese, denuncia con una lettera a il Fatto Quotidiano che è stato costretto a portare la madre dall’ospedale di Corigliano-Rossano in una struttura sanitaria a Bari dopo che gli ospedali di Catanzaro e Reggio Calabria si sono rifiutati di accoglierla. L’assurdo è che  per effettuare questo trasferimento essendo quella di Bari una struttura privata la madre ha dovuto firmare le dimissioni volontarie e ha dovuto affrontare il viaggio a proprie spese con un’ambulanza privata.

Lo dico al Fatto Quotidiano
Dalla Calabria “Mia madre rischia la vita per i disservizi della Sanità”. 

Cara redazione, vorrei condividere una storia che ha segnato in modo indelebile la mia vita e quella della mia famiglia. Una storia che definire “assurda” è riduttivo. È la storia di mia madre, una donna di 43 anni, coraggiosa e piena di vita, che dal gennaio 2025 sta combattendo contro un tumore al seno. Ma non è stata solo la malattia a metterci alla prova. A renderci davvero impotenti, feriti e increduli è stata soprattutto la gestione sanitaria e istituzionale del suo percorso clinico.

Tutto inizia il 22 gennaio, quando un’ecografia mammaria rivela un nodulo sospetto. Il radiologo consiglia ulteriori accertamenti presso una struttura fuori Regione (la Calabria, nda): l’ospedale di San Giovanni Rotondo (in Puglia, nda). Lì arriva la diagnosi definitiva: carcinoma mammario. I medici decidono di avviare un trattamento chemioterapico pre-operatorio, che mia madre inizia a marzo presso l’ospedale di Rossano Calabro, a 85 km dal nostro paese.

Per facilitare le terapie, le viene impiantato un catetere venoso periferico che purtroppo si rivelerà decisivo nello sviluppo di gravi complicazioni. Dopo alcune settimane, compaiono i primi sintomi: febbre, rossore, spossatezza. Un tampone rivela la presenza di batteri (stafilococco). Nonostante una terapia antibiotica (farmacologica), il ciclo chemioterapico prosegue fino al 25 giugno. Pochi giorni dopo, il 30 giugno, mia madre viene ricoverata d’urgenza nel reparto di Cardiologia dell’ospedale di Rossano: la diagnosi è endocardite. Inizia una terapia antibiotica che inizialmente mostra segni di efficacia, ma ben presto la situazione precipita.

I medici, valutando la gravità del quadro clinico, richiedono un trasferimento urgente presso le strutture ospedaliere di Catanzaro o Reggio Calabria. Entrambe rifiutano l’accoglienza, con motivazioni che definire “inverosimili” è un eufemismo. L’unica alternativa proposta è un trasferimento presso una struttura privata convenzionata: il Mater Dei Hospital di Bari. Ma c’è un ulteriore ostacolo: essendo una struttura non pubblica, l’unico modo per accedervi è firmare le dimissioni volontarie e affrontare un trasporto a nostre spese con ambulanza privata. Manifesto allora la mia contrarietà, scrivo alla direzione sanitaria, ma il personale sanitario mi dice che è l’unica soluzione e non c’è tempo. Siamo così costretti a scegliere tra due possibilità, entrambe assurde: firmare un atto giuridicamente discutibile o rischiare la vita di mia madre. Contro ogni logica, mia madre firma. Viene trasferita a Bari. Il 30 luglio viene operata a cuore aperto per la ricostruzione di due valvole compromesse dall’infezione. A eseguire l’intervento è stato il dottor Daniele Maselli, un medico straordinario a cui dobbiamo gratitudine eterna. Ha ridato una speranza a mia madre e a tutta la nostra famiglia.

Oggi, mentre scrivo, mia madre è ancora ricoverata: l’infezione ha raggiunto anche i polmoni. È ancora in lotta. E noi con lei. Ma resta dentro di noi una ferita profonda. E molte, troppe domande. È normale, in Calabria, che per essere salvati si debba firmare una dimissione volontaria da un ospedale pubblico? È normale che due ospedali pubblici rifiutino un trasferimento urgente e salvavita? È normale che in Calabria una paziente oncologica debba affidarsi alla fortuna, o uscire fuori Regione, per avere una possibilità concreta di sopravvivere? E se non avessimo avuto i mezzi economici per affrontare quel trasferimento? Cosa sarebbe accaduto? lo non credo che questo sia degno di un Paese civile. E men che meno di uno Stato di diritto.

Domenico Grillo