Coronavirus. Il governo pensa a un coprifuoco alle dieci di sera

di Monica Guerzoni

Fonte: Corriere della Sera

Coprifuoco alle dieci della sera e didattica a distanza nelle scuole superiori. È su queste nuove misure che nel governo si ragiona e si discute, anche duramente, per provare a raddrizzare in corsa la curva del virus. Con un tweet Giuseppe Conte ha lanciato un nuovo appello agli italiani: «Rispettiamo le nuove disposizioni, seguiamo le raccomandazioni, facciamo del bene al nostro Paese». Parole che rivelano la preoccupazione per il dilagare dei contagi e la paura che il Dpcm appena varato non basti a scongiurare il peggio.

Che per Conte è un altro lockdown nazionale. Nelle conversazioni riservate a margine del Consiglio europeo il capo dell’esecutivo non ha fatto che ripeterlo: «Chiudere tutto sarebbe troppo dannoso, proprio adesso che l’economia mostra segni di ripresa». Conte è «completamente contrario» e non vuole prendere in considerazione nemmeno l’ipotesi di un «reset» di quindici giorni, per far respirare il Servizio sanitario nazionale: «Una cosa che non esiste. Dobbiamo aspettare due o tre settimane per capire gli effetti delle misure attuali, dalla mascherina all’aperto al limite di sei ospiti a casa».

Ragionando con scienziati, collaboratori e ministri, il premier si è però convinto a soppesare altre regole restrittive, sulla falsariga delle norme adottate in Francia. Il coprifuoco è una cosa che si sta valutando, ammettono a Palazzo Chigi, dove stanno arrivando molte pressioni dai cittadini per fermare quel che resta della «movida».

Domani si riunirà il Consiglio dei ministri e se l’idea supererà le resistenze della parte più cauta del governo, un nuovo provvedimento potrebbe imporre a bar, ristoranti e altri pubblici esercizi di abbassare le saracinesche alle 22. E ai cittadini di uscire di casa oltre quell’ora. «A me questa misura non risulta», frena il ministro Roberto Speranza. Sulla necessità di estendere lo smart working, come chiede la ministra dell’Istruzione, sono tutti d’accordo. Mentre tra governo e Regioni e anche dentro l’esecutivo si litiga sulla didattica a distanza per i licei. La proposta dei governatori ha fatto (molto) arrabbiare Lucia Azzolina: «Non è all’ordine del giorno».

La ministra, sorpresa perché sono le stesse Regioni che a giugno non volevano inserire la didattica a distanza nelle linee guida, non ci sta a disperdere «i grandi investimenti e sacrifici fatti». Azzolina lo ha detto ieri mattina a Conte, che ha visto faccia a faccia a Palazzo Chigi. Ma i presidenti delle Regioni, ancor più dopo che De Luca ha chiuso le scuole in Campania, insistono. E se il Pd ha proposto di arrivare al 50% di didattica digitale alle superiori, alternando casa e scuola, tra i 5 Stelle il sospetto è che chiudere le scuole sia «una strategia per bloccare il concorso».

Il ministro Speranza ha visto nei grafici la curva del virus impennarsi e si è convinto che «la situazione è seria, serve la massima attenzione e nessuna sottovalutazione». A Milano l’indice di contagio Rt è schizzato sopra 2. In Campania il Covid-19 ha fatto un balzo di oltre mille contagi in 24 ore ed è scattata la chiusura delle scuole.

Una scelta che ha fatto deflagrare le tensioni nella maggioranza. Per la ministra Azzolina è una «decisione gravissima», mentre il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si è schierato con il presidente Vincenzo De Luca. Al di là delle polemiche, c’è la realtà dei numeri. De Luca è preoccupato per la densità abitativa di Napoli e quando Speranza lo ha chiamato, governatore e ministro hanno concordato sulla necessità di «irrigidire le regole». Correre più veloci del virus non si può, ma accelerare si deve. Se molti temono un lockdown a Natale, il tema nel governo è «cosa fare adesso e non fra due mesi», quando inizieranno le festività.

Speranza ha sentito i governatori uno per uno, per capire in quali territori la rete ospedaliera sia sotto pressione al punto da rendere necessarie «misure anche più dure del Dpcm del governo». I presidenti delle Regioni in base all’ultimo decreto non possono allentare le misure, ma rafforzarle sì ed è questa la strategia del governo.

Agire con chiusure localizzate, facendo scattare le zone rosse in territori anche più piccoli di una Regione o di una città. «Il quadro sta peggiorando, dobbiamo irrigidire le misure di contenimento – ha spiegato Speranza ai governatori -. Il Dpcm è una mattonella comune a tutti. Ora sulla base del monitoraggio capiremo dove conviene stringere». Appena Conte tornerà da Bruxelles vedrà i capi delegazione dei partiti e deciderà la stretta. Il ministro Francesco Boccia ha paventato «l’interruzione di attività sociali e culturali a maggior rischio di assembramento». Palestre, saloni di bellezza, cinema, teatri e sport di base.