Cosenza, l’agonia dell’Amaco: la first lady, la combriccola di Posteraro e il regolamento “promozioni”

La first lady Eugenia Meliadò

Nella prima puntata (https://www.iacchite.blog/cosenza-allamaco-tira-cchiu-nu-pilu-ca-na-corda/) vi abbiamo raccontato della bella combriccola che ha messo le mani su quello che rimane dell’Amaco e del ruolo centrale di una first lady che ha condizionato e non poco l’attività dell’ex numero uno ovvero Paolo Posteraro ma anche dell’attuale numero uno, Mastrolorenzo, che agisce in perfetta continuità con chi c’era prima. E nonostante le false rassicurazioni alla commissione Trasporti del Comune circa un risanamento delle casse aziendali, la reale situazione dell’Amaco era già a dir poco disastrosa, come adesso è stato ufficializzato dalla richiesta di fallimento della procura di Cosenza e dal concordato sdoganato in maniera vergognosa dalla stessa procura, nota per la sua corruzione in tutta Italia. In questa seconda puntata, mettiamo ancora di più il dito nella piaga. 

SECONDA PUNTATA

Il pool (ma il termine giusto sarebbe clan) attorno all’amministratore unico Posteraro è guidato dall’ormai celeberrima first lady, entrata in Atac con la qualifica di aiuto magazziniere e diventata capoufficio, anzi “responsabile amministrativo”! Si chiama Eugenia Meliadò e pronunciare il suo nome è altamente pericoloso per le “protezioni” di alto livello (pare sia pure giornalista!) che contemplano anche i salamelecchi del guappo di cartone del Palazzo.

Posteraro è tuttora, nonostante il can can da questa cricca di arrivisti con la faccia di bronzo, che sono ancora intenzionati a scalare i vertici aziendali a danno di autisti e operai, che in maniera sacrosanta puntano il dito all’unisono contro questa first lady, entrata nelle grazie di Posteraro, e protagonista di tutte le decisioni aziendali. Sembra addirittura che non si muova foglia che la first lady non voglia.

Il pool detta le linee guida a Posteraro, facendogli di volta in volta rivedere le decisioni prese verso sindacati e lavoratori. I protagonisti di questo pool erano intenzionati a coprire posti apicali che solo con una modifica al regolamento avanzamento e promozioni avrebbero potuto raggiungere, quindi tutto restava fermo perché per prima cosa si doveva modificare il regolamento avanzamento e promozioni, poi si sarebbe discusso di tutto il resto. E tutto questo con un’azienda ormai praticamente già fallita…

La stessa Eugenia Meliadò avrebbe suggerito di mandare presso l’Asp di Cosenza (a pagamento?) alcuni dipendenti (ausiliari del traffico e officina) con prescrizione medica riconosciuta dal medico aziendale.

Siamo all’assurdo: se non si fidano del medico aziendale, come mai non lo revocano? Si continua a sperperare denaro pubblico invece di spendere soldi opportunamente in pezzi di ricambio per autobus, che tanto servono alla causa, vista la frequenza con la quale i mezzi si fermano.

Al fianco della first lady Eugenia Meliadò c’è poi un factotum aziendale, tale Fulvio Schiumerini, che si occupa del servizio “Al volo”, del piano di esercizio, delle gare (è stato infatti nominato RUP delle gare per l’affidamento del servizio di vigilanza armata – subito ritirato perché sbagliato… – e per l’affidamento delle pulizie) e partecipa alle convocazioni parlando in nome e per conto dell’Azienda. Insomma, s’atteggia a dirigente…

Il factotum di cui sopra, poi, ha citato in giudizio l’Azienda per aver svolto mansioni superiori aprendo un contenzioso a chiacchiera di circa 80 mila euro, che è servito solo per continuare ad affidargli mansioni superiori, e con la modifica al regolamento avanzamenti e promozioni anche lui raggiungerà il suo obiettivo di diventare davvero dirigente fino a che… fallimento non ci separi.

Ma il vero “pezzo grosso” della combriccola di Posteraro è senza dubbio Leonardo Spataro, il fratello dell’orrido Michelangelo, che è lo stratega indiscusso del gruppo distaccato alla società dei magnaccioni ovvero la A.S.M.C.: la prospettiva era quella di diventarne dirigente ma la società pare che sia stata chiusa manco a dirlo per… fallimento. 

La loro strategia per ottenere il consenso dei sindacati confederali venduti al potere alla modifica del regolamento avanzamenti e promozioni era iniziata accontentando capi e capetti con un contratto di circa 20 euro al giorno e infatti della combriccola fanno parte dirigenti sindacali e amici degli amici. Eravamo arrivati, dunque, alla farsa o se preferite alla barzelletta e il tutto andava avanti perché i consiglieri della commissione Trasporti del Comune, all’epoca guidata dall’avvocato Gisberto Spadafora (e già non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro…) non facevano il loro dovere e non controllavano queste manovre di bassa lega, probabilmente perché avevano anche il loro tornaconto. Ma di questo scriveremo nella prossima puntata.

2 – (continua)