La cosa che fa più male a soggetti frustrati o che si sentono onnipotenti soltanto perché indossano uno straccio di divisa perché dovrebbero “servire” lo stato (senza con questo voler colpire chi quella divisa la indossa con dignità, e per fortuna sono tanti), è il momento in cui cadono i veli e arriva lo sputtanamento. Eh sì, perché prima o poi la verità viene sempre a galla. Per sei lunghi giorni il poliziotto che ha pestato un ragazzo di 23 anni a Foggia colpendolo mentre era a terra e continuando il suo squallido show anche in questura è stato “coperto” da qualcuno che gli voleva bene, poi però è uscito fuori il video che ne documentava le “prodezze” e allora il soggetto in questione ha iniziato a tremare. Ma il suo riverito nome e cognome ancora non era uscito, “protetto” non solo dalle logiche di corporazione della polizia ma anche da quelle del giornalismo “venduto” ai potenti. Oggi quel nome e quel cognome lo conosciamo e ci vergogniamo che questo vigliacco, forte solo con i deboli, è in servizio a Cosenza ed è nato a Mongrassano, un paese della provincia. Si chiama Massimo Ziccarelli, ha superato ormai la cinquantina e tutti capiscono agevolmente che se abbiamo avuto modo di togliergli la maschera è perché qualcuno all’interno della stessa polizia di Cosenza non ce l’ha fatta a mantenere il “segreto” e ce lo ha rivelato, ben sapendo che nel mesto panorama dell’informazione cosentina NESSUNO, a parte noi, avrebbe avuto il coraggio di sbatterlo – per come merita – in prima pagina.
Un calcione in pieno volto, mentre era a terra sotto il controllo degli agenti di polizia che lo avevano fermato poco prima. Questo è il trattamento ricevuto da Leonardo Di Francesco, 23enne di Foggia, vittima di una aggressione da parte dell’assistente capo Massimo Ziccarelli, aggregato a Foggia ma in servizio effettivo nel reparto Prevenzione Cromine Cosenza Nord lo scorso 2 aprile.
Una notizia emersa soltanto grazie al video girato da un residente della zona e postato sui social, TikTok in questo caso, e col caso poi finito in tv nel programma di Rai3 ‘Chi l’ha visto?’. L’omicidio di Stefano Cucchi e la recentissima sentenza di condanna per due carabinieri gradassi come il poliziotto Ziccarelli non ha insegnato niente se siamo costretti ancora ad occuparci di queste vicende.
La cronaca del pestaggio di Foggia grida vendetta. Leonardo viene inseguito per diversi chilometri da una volante della polizia dopo non essersi fermato all’alt degli agenti assieme ad un amico. “Non ho la patente, perché non l’ho ancora presa e la macchina era sottoposta a fermo amministrativo a causa di un precedente controllo dei carabinieri. Sapevo di non essere nel giusto, ho avuto paura e anziché fermarmi sono scappato”, racconta il 23enne a Repubblica. Dopo “una decina di chilometri”, capendo che scappare era inutile, il 23enne si ferma e si butta per terra.
È in quel momento che, come mostra anche il video sui social, arriva di gran carriera il gran buffone dell’agente Ziccarelli, che gli sferra un calcio al volto, tentando poi di continuare a colpirlo e schiacciargli la testa con un piede, venendo fermato soltanto grazie all’intervento dei colleghi.
Immagini che sono finite al centro della denuncia del 23enne e che hanno portato la polizia a prendere provvedimenti immediati. In una nota la questura di Foggia ha fatto sapere infatti di aver avviato l’azione disciplinare. Quanto al trasferimento, è chiaro che compete alla questura per la quale svolge servizio effettivo, che è quella di Cosenza.
Ma secondo Leonardo l’aggressione non sarebbe finita lì. Il 23enne denuncia infatti di esser stato colpito anche all’arrivo in questura. “Sono arrivato in questura alle 17.40 e sono stato rilasciato, per tornare a casa agli arresti domiciliari, intorno a mezzanotte. Mi hanno colpito di nuovo, io continuavo a dire ‘scusate non lo faccio più’ ma non serviva, l poliziotto mi rispondeva: ‘Se continui a chiedere scusa ti ammazzo’ e continuava a colpirmi”, racconta il 23enne.
Inutili i tentativi di chiedere di essere portato in ospedale, alla fine ad accompagnarlo presso il nosocomio foggiano è stata la sorella dopo il rilascio, con una visita che ha dato al 23enne sei giorni di prognosi.
Ecco, sei giorni di prognosi per aver preso un calcio in faccia da un gradasso con la divisa, che mentre legge queste parole magari schiumerà di rabbia contro chi le scrive e si sentirà doppiamente frustrato perché sa che non potrà usare i suoi “metodi”. Sì, i suoi metodi. Perché i poliziotti che conoscono questo mezzo uomo sanno bene che non è per niente nuovo a queste violenze gratuite ed è un recidivo. Sono in tanti che non vogliono avere niente a che fare con questo individuo e che testimoniano di quanto sia difficile lavorare con lui, un esaltato senza arte e né parte che adesso andrà a piangere da qualche dirigente della questura per non farsi mandare in qualche posto sperduto e magari restare ancora qui a rompere i coglioni a qualche poveraccio. Ribadiamo l’invito alla questura di Cosenza: volete salvare questo rottame? Tenetelo in ufficio, non fatelo uscire fuori ma non solo perché così non potrà picchiare più nessuno ma anche perché, prima o poi, troverà qualcuno che gli darà una bella lezione e tutto questo non è certo edificante per la polizia di stato.