Cosenza Calcio. Guarascio, ma ‘ndo vai se il settore giovanile non ce l’hai?

La Berretti del Cosenza Campione d'Italia 1992-93. In piedi: Florio, Perrotta, Fiore, Di Lauro, Paschetta, Micallo. Accosciati: Visciglia, Nocera, Letorusso, Dima, Miceli,

Le fortune di ogni società di calcio si fondano sull’allestimento di un valido settore giovanile, linfa vitale in termini di “plusvalenze”, come dicono quelli bravi. Perché dietro la prima squadra c’è e ci dev’essere un lavoro certosino e capillare per assicurarsi un buon numero di talenti e possibilmente valorizzarli al meglio. E’ così che società oggi all’avanguardia come Atalanta e Sassuolo, tanto per fare solo due esempi, sono riuscite ad arrivare nell’olimpo del calcio italiano a stretto contatto con gli “squadroni” che fatturano centinaia di milioni, senza averne gli stessi mezzi economici. Ma più in generale tutte le società professionistiche hanno un Centro sportivo e una scuola calcio, che sono a tutti gli effetti la “casa” di una società che si rispetti.

Il Cosenza Calcio, come tutti sanno, fa eccezione a questa regola e tutte le formazioni giovanili – Primavera o Berretti, Under 17 e Under 15 – in questi anni sono state costrette a elemosinare un campo alle scuole calcio “amiche” per poter giocare le partite ufficiali ed allenarsi. Il patron Guarascio su questo tasto è stato irremovibile: niente Centro sportivo e nessun accordo con nessuna scuola calcio. Stefano Fiore, Ciccio Marino e Mauro Meluso, nei rispettivi periodi nei quali hanno svolto il ruolo di direttori sportivi, hanno inutilmente provato a fargli cambiare idea ma senza successo. La motivazione non può che essere una: visto e considerato che l’impegno di Guarascio era inevitabilmente “a tempo”, il patron non ha inteso investire in qualcosa che sarebbe poi rimasto per sempre alla società e quindi niente da fare.

Una formazione dei Boys Demaria

Ora, senza andare troppo indietro nel tempo e ragionando in estrema sintesi, è del tutto evidente che Cosenza e la sua grande provincia hanno espresso negli anni fior di talenti di interesse nazionale e non a caso su otto calciatori calabresi che hanno indossato la maglia azzurra della Nazionale, sette sono cosentini (Franco Rizzo, Pippo Pancaro, Stefano Fiore, Mark Juliano, Gennaro Gattuso, Simone Perrotta e adesso Domenico Berardi) e ce ne sono altre decine che hanno comunque giocato in Serie A. Questo testimonia la grande qualità dei vivai e dei settori giovanili di Cosenza e provincia e in particolare del Cosenza Calcio, che soprattutto negli anni Novanta, hanno sfornato calciatori di grande livello che sono cresciuti proprio nella nostra realtà. E la tradizione si perde nella notte dei tempi, dai pionieri Luciano Gisberti (primo calciatore calabrese a giocare in Serie A) e Ciccio Delmorgine, primi talenti cosentini purosangue negli anni Trenta e Quaranta ai Boys Demaria e alla “De Martino” vicecampioni d’Italia Juniores nel 1947 e nel 1962, allo Scalea Campione d’Italia assoluto Juniores nel 1971 per finire alla Berretti del Cosenza Calcio Campione d’Italia nella stagione 1992-93.

La De Martino del Cosenza vicecampione d’Italia a Marassi nel 1962

Negli anni Novanta, con le presidenze Serra e Pagliuso, il Cosenza Calcio è stato tra le società italiane che meglio ha curato il settore giovanile, partecipando più volte e con successo anche al Torneo di Viareggio, vetrina internazionale del calcio giovanile. Serra aveva creato un bellissimo rapporto con le scuole calcio, allora ai primi vagiti, e riusciva ad avere i migliori talenti. Pagliuso aveva continuato sulla stessa scia e aveva allestito il suo Centro sportivo all’Hotel Virginia. Entrambi poi – specie nel periodo in cui era direttore generale Gianni Di Marzio – avevano dato il via a vere e proprie strutture che si interessavano capillarmente della vita dei ragazzi: dalla famiglia alla scuola. La società rossoblù ha avuto straordinari tecnici che si sono alternati nella formazione di questi talenti: dai leggendari “patriarchi” Attilio Demaria e Ciccio Delmorgine a Franco Gagliardi, Enzo Patania, Teobaldo Delmorgine, Alberto Canetti, Pierantonio Tortelli, tanto per citarne solo alcuni. Nel 1993 il Cosenza Berretti si laureò Campione d’Italia superando la concorrenza della Roma di Francesco Totti, della Juventus di Alessandro Del Piero e del Parma – battuto in finale -, tanto per ricordare in breve la storia e di quella squadra, che era allenata da Enzo Patania (Primavera) e Teobaldo Delmorgine, quasi tutti sono diventati grandi calciatori.

Stefano Fiore, classe 1975, è stato il Campione più importante di quella nidiata: vicecampione con l’Italia di Zoff agli Europei del 2000, ha giocato 38 partite in azzurro e ha avuto una carriera grandissima tra Parma (il Cosenza incassò 1 miliardo di vecchie lire per la sua cessione), Udinese, Lazio, Valencia, Fiorentina e Torino. Ma non dimentichiamo i suoi compagni di squadra: Franco Florio (alla Roma per 900 milioni), Salvatore Miceli (che fu ceduto al Venezia anche lui per una cifra vicina al miliardo di vecchie lire), Luca Perrotta, Giovanni Paschetta e Fabio Di Lauro, tutti cresciuti nel settore giovanile del Cosenza e tutti professionisti tra Serie A e B.

Qualche anno prima di loro era toccato anche a Vincenzo Liguori, Walter Perrotta (ceduto alla Sambenedettese), Alberto Aita, Tonino Posa, Bruno Russo, Walter Mirabelli, Luca Altomare (ceduto al Napoli), Antongiulio Bonacci, Pasquale Apa e Brunello Trocini (ceduto alla Juventus). Parliamo di calciatori che hanno avuto carriere molto importanti ma che hanno portato soprattutto incassi ragguardevoli. E anche successivamente alla Berretti Campione d’Italia il settore giovanile rossoblù ha continuato a formare altri talenti importanti: da Francesco De Francesco a Stefano Morrone, da Mario La Canna allo stesso Roberto Occhiuzzi per finire con Adriano Fiore, Andrea Musacco, Ciccio Modesto, Alessandro Pellicori. Senza considerare altri talenti del Nord, che hanno rappresentato ancora altri ottimi investimenti. Due per tutti: Marco Negri e Cristiano Lucarelli.

Dopo il rovinoso fallimento del 2003, era stato Massimo Mirabelli a rinverdire quei fasti e tirare su altri gioiellini come Domenico Danti, Andrea Doninelli, Ciccio De Rose e Alessandro Bernardi ma il tempo che ha avuto a disposizione – tre anni – è stato davvero pochissimo.

Con l’avvento di Guarascio invece questo processo di valorizzazione del vivaio si è completamente fermato e forse la circostanza non è stata sottolineata come doveva dai media, che qui a Cosenza sono tutti concentrati sulla prima squadra e non riescono a guardare oltre la punta del loro naso. Ma tutti gli addetti ai lavori, a cominciare da Pagliuso, al quale tutto si può dire ma non che non capisca di programmazione e organizzazione calcistica, hanno sempre battuto e battono ancora doverosamente su questo tasto.

Va da se allora che il primo passo che dovrà fare il successore di Guarascio dovrà essere quello di dare una “casa” e quindi un Centro sportivo al Cosenza Calcio, in maniera da rinnovarne un’identità completamente smarrita in questi lunghi dieci anni di gestione del faccendiere di Parenti.