Cosenza capitale della sanità mafiosa ma nessuno scioglie l’Asp. Il “vero” problema è la droga!

In tutta Italia si discute, come non era mai successo prima, di Calabria. Sono settimane che la nostra bella regione è sotto i riflettori dei media nazionali per i tanti problemi che da sempre l’affliggono: in primis la sanità. Tutti hanno capito che in Calabria c’è un problema di massomafia. Un’organizzazione potente capace di sovradeterminare anche le prese di posizione politiche del governo centrale. In Calabria, comanda la ‘ndrangheta, e con essa bisogna fare i conti.  A decidere chi potrà “amministrare” la  Calabria, prima ancora che i cittadini e la politica sana, sono gli amici degli amici che con la “cosa pubblica” fanno affari da anni. Del resto la sanità, ad esempio, è una torta enorme che vale 3,5 miliardi di euro. E nessuno degli infami mafiosi ha intenzione di mollare quella che è diventata una vera e proprio gallina dalle uova d’oro.

La Calabria è una regione allo sfascio, abbandonata al proprio amaro destino da una classe politica che più infame non si può: nessuno escluso. In trent’anni di governi di tutti i colori, l’unico risultato ottenuto è stato l’arricchimento sproporzionato delle solite famiglie mafiose e politiche. Una montagna di denaro destinato a curare i calabresi finito nelle tasche di affaristi e lobbisti di ogni risma, senza che nessuno abbia mai fatto qualcosa per porre un freno ad un ladrocinio meschino che non tiene conto di nulla, neanche dei bimbi e dei malati terminali. Non hanno un briciolo di misericordia neanche per chi ha bisogno di farmaci salvavita.

La situazione della Asp calabresi la conosciamo tutti: quantificare i debiti accumulati è quasi impossibile e le Asp di Reggio e Catanzaro sono state sciolte per mafia. La sola Asp di Reggio si dice abbia accumulato oltre un miliardo di euro di debiti. Uno schifo senza fine esercitato alla luce del sole senza temere “ritorsioni” dalla magistratura calabrese che ha sempre protetto le potenti lobby di cui spesso fa parte. È ovvio che ci sono le eccezioni, come Gratteri, Bruni, Facciolla, Falvo ma anche altri. Ma una noce in un sacco non fa rumore. Ed è per questo che i calabresi da tempo si chiedono com’è possibile voltare la faccia dall’altra parte di fronte a situazioni paradossali dove non ci vuole Sherlock Holmes per capire dove sta l’imbroglio. Fatture pagate 3, 4 volte. Determine e atti spariti. Forniture fantasma pagate profumatamente, prestazioni virtuali pagate un occhio della testa. Posti letto e Terapie intensive vere e proprie miniere d’oro e tutta la partita dei contenziosi legali, degli arbitrati con annessi incarichi per milioni e milioni di euro. Per non parlare dell’indegno mercimonio della sanità privata, sfacciatamente finanziata con cifre impressionanti che hanno affossato senza speranza la sanità pubblica e gli ospedali. Sarebbe bastato un pm, anche alle prime armi, per mettere fine a questo indegno mercato. Ma niente è mai successo. I massomafiosi pagano profumatamente giudici e investigatori abituati, oramai, a chiudere tutti e due gli occhi.

Ma per nostra fortuna anche in Calabria c’è un esempio positivo da rendere pubblico. Non tutto è massomafia. C’è anche chi si oppone a tutto questo. E Cosenza è di sicuro la città più civile e legalitaria della Calabria. Infatti a Cosenza non esiste tutto questo e nessuno neanche si permette a pensare di sciogliere per mafia l’Asp, anche se vanta più di 500 milioni di debiti, se ci sono i boss più incalliti e impuniti della sanità privata (fratelli iGreco, famiglia Morrone, gruppo Citrigno, gruppo Parente e troiaio Potestio&Occhiuto) e se l’ospedale dell’Annunziata è l’ufficio di collocamento di un politico soprannominato il Cinghiale.

A Cosenza va tutto bene: non c’è la ‘ndrangheta, non ci sono i corrotti, non c’è la massoneria deviata. A Cosenza l’unico problema che abbiamo sono gli spinelli e qualche prostituta che ogni tanto esagera. Cosenza è una città amministrata a regola d’arte, nonostante il dissesto finanziario, malgrado migliaia di determine fittizie a ditte mafiose, pagate anche 3 volte, senza contare poi tutti gli imbrogli posti in essere in ogni ufficio pubblico cittadino, tant’è che la procura cittadina non ha mai inteso, nonostante le tante circostanziate denunce, promuovere la benchè minima attività giudiziaria nei confronti di amministratori e politici vari. Cosenza è una piccola Svizzera: in città ci sono più banche e finanziarie che alimentari. E chi se ne frega se qui la disoccupazione raggiunge livelli da terzo mondo, qualcuno che deposita capitali in città c’è sempre.

Ad assegnare il premio di “isola felice” a Cosenza è ovviamente la procura cittadina. Per il procuratore capo Mario Spagnuolo, e tutta la sua truppa, a Cosenza i reati prevalenti sono quelli dello spaccio di droga e lo sfruttamento della prostituzione. Per la procura i cosentini sono tutti drogati e non fanno altro che andare a mignotte. Mentre nelle altre città calabresi il più fesso ha un titolo da sgarrista, noi cosentini siamo considerati dei “ricottari”. Perché a Cosenza non c’è la ‘ndrangheta, dice il procuratore Spagnuolo, ma una criminalità liquida che si compone e si scompone in base alle proprie esigenze e che si occupa solo di fornire droga a migliaia e migliaia di cosentini. E di reati contro l’amministrazione pubblica neanche l’ombra.

Infatti tutte le risorse della procura vengono impiegate per grosse operazioni contro i narcos locali, come quella di ieri: 100 carabinieri, due elicotteri, unità cinofile, cacciatori, e squadroni vari, per arrestare 3 persone, notificare 6 ordinanze di arresti domiciliari e sequestrare un chilo di erba e qualche piantina. Sarebbero bastati un maresciallo e due appuntati per portare a termine questa “operazione”, ma c’è bisogno di giustificare la pagnotta agli occhi dell’opinione pubblica. E così un normale arresto di qualche povero pusher, diventa la lotta senza quartiere al narcotraffico. Una finzione che costa tanto alle casse dello stato. E dispiegare tutto l’armamentario, per dare l’idea dell’impegno della procura, è il miglior modo per farsi pubblicità. Cento carabinieri impegnati per niente, e poi dicono che manca il personale nelle forze dell’ordine.

Cosenza è una città fortunata. Una città dove la stella della legalità brilla alta, e a parte qualche spinello di troppo, qui si muore di noia. Mi raccomando: ‘mmucca liù.