Cosenza, caso “jeans strappati”. Sinistra Cgil: “Provvedimento sessista che offende la dignità di ogni persona”

Pensavamo ingenuamente che la vicenda del “Valentini-Majorana” fosse servita per un cambio di rotta, per una riflessione sulla centralità della personalità di studenti e studentesse nella scuola. Perché di questo parlava quella vicenda.

Quella era di un’abnormità, speriamo unica ed irripetibile, ma rispetto e dignità dei ragazzi e delle ragazze, con le loro peculiarità e le loro visioni del mondo, con il loro essere portatori di diritti, devono essere sempre perseguiti come obiettivo primario nei processi formativi.

Purtroppo, dopo i fari accesi prepotentemente su quella vicenda, nulla è successo. Ci pare che neppure la dirigente, evidentemente ben garantita dall’Amministrazione Scolastica, abbia subito alcun provvedimento.

Così come silenzio tombale sui dati allarmanti resi pubblici in questi giorni che fotografano una situazione dell’istruzione calabrese ancora una volta disastrosa per dispersione ed abbandoni. Ci si aspetterebbe una chiamata alla riflessione e all’azione da parte delle forze politiche e sindacali ma purtroppo non abbiamo ascoltato nulla!

E poi le chicche, quelle che non vorremmo mai commentare ma avvengono e stupiscono tanto sono ridicole. Ci riferiamo alla “censura” tramite nastro adesivo per pacchi operata al Liceo “Della Valle” di Cosenza contro gli “indecorosi” strappi sui jeans di una ragazza. Basterebbe ricordare alla novella Inquisitrice locale che persino in Chiesa si vede tranquillamente utilizzare quel capo di abbigliamento senza urtare la suscettibilità di chicchessia!

L’abbigliamento è uno spazio di espressione potente ed immediato di identità sociale, culturale e generazionale. Si vietano i jeans strappati per “educare” i ragazzi censurando il corpo. Il corpo visto come un ostacolo alla corretta educazione dei ragazzi. Un corpo da “moralizzare”. Imporre un dress code censorio è un provvedimento sessista che offende la dignità di ogni persona.

Bene si è fatto a rendere pubblico quel che è successo, il “buon nome della scuola” si difende non commettendo queste nefandezze ed anche rendendole pubbliche. “Riporre la polvere sotto il tappeto”, pratica tanto diffusa nella nostra Regione in tutte le Amministrazioni, Strutture ed Organizzazioni, non difende mai l’interesse collettivo ma solo quello di qualcuno.

Democrazia e Lavoro, Area della Sinistra CGIL