Cosenza, caso Santoro: le responsabilità dell’Ordine degli avvocati

La vicenda dell’avvocato Santoro ci ha portato ad approfondire l’argomento avvocatura cosentina. Sulla camera penale di Cosenza mi ero già espresso definendola una specie di “locale di ‘ndrangheta”. Perché come questa vicenda ci insegna, al suo interno vige l’omertà. E dove c’è omertà c’è ‘ndrangheta. E La vicenda Santoro pone in evidenza proprio questo aspetto. E lo si evince da un particolare diffuso nella velina dai finanzieri: oltre ai 60 conti correnti e ai 17 appartamenti, dice anche che “l’avvocato Giorgio Santoro è stato altresì segnalato all’ordine professionale per aver omesso di versare, alla cassa forense, contributi per oltre duecentomila euro”.

Ora da profano mi chiedo: possibile che nessuno dell’Ordine, preposto a questo controllo, si è mai accorto che questo non versava un euro di “contributi” da almeno 7 anni? Accumulando una signora cifra. Possibile che nessuno da Roma non ha mai segnalato all’Ordine i mancati pagamenti da parte dell’avvocato Santoro?

Se io non pago l’affitto per due mesi il proprietario mi aspetta tutte le sere sotto casa, e questo con un debito di 200.000 euro con la “cassa forense” se ne andava tranquillamente in giro per il tribunale senza che nessuno gli dicesse niente. Passando anche per una persone perbene.

E’ chiaro che l’Ordine lo sapeva, e fin quando gli ha fatto comodo l’ha coperto, ma quando i fratelli hanno deciso che Santoro leccava a troppi vasetti di marmellata, se lo sono fatto fuori mettendo in piazza i suoi problemi con il fisco. Una faida tra avvocati massoni tutta interna all’Ordine degli avvocati?

Gli avvocati sono, al pari dei politici e dei magistrati, una casta. Tra le più potenti d’Italia. A Cosenza poi se la sono comandata per anni, e ancora oggi continuano a farlo. Gli avvocati corrotti sono l’anello di congiunzione tra il potere giudiziario corrotto, e quello mafioso. I mediatori di ogni losco affare. Perciò occupano un ruolo importante nelle logge massoniche intrallazzate. Attorno a loro si muove un giro vorticoso di denaro, di cui una percentuale tocca a loro. Ma non a tutti. Solo una piccola parte di loro si ingrassa a questa tavola. A tanti altri garantiscono, comunque, una agiata vita borghese di provincia. Ad altri ancora destinano un futuro al pari di qualsiasi altro pubblico impiegato.

Infatti da decenni sono sempre le stesse famiglie di avvocati a Cosenza ad andare sempre avanti, nonostante tutto. Inutile fare nomi li conoscete tutti. E non perché sono bravi nell’eloquenza, o nella conoscenza del diritto, o nel produrre tesi alternative a quelle accusatorie, che poi sarebbe quello che ci si aspetta dagli avvocati in una società normale, ma perché conoscono i giudici che si fanno comprare, i pm che insabbiano, i cancellieri che ritardano, i poliziotti che girano la faccia dall’altra parte. Sono queste le doti che contano a Cosenza, non certo l’oratoria.

Quella dell’avvocato è una professione che a Cosenza va alla grande e pare non conosca, checchè se ne dica e se i numeri hanno un valore, crisi. Sono 2500 gli avvocati iscritti all’ordine a Cosenza, con quasi 300 praticanti al loro seguito.

Penso che non ci sia altra professione con questi numeri a Cosenza. Ad esempio non ci sono sicuramente 2500 macellai, o elettricisti. Come non ci sono 300 apprendisti sarti, o pasticcieri.

Se in tanti vogliono fare l’avvocato un motivo ci sarà. Anche se il “successo” dipende, come dicevo prima, dallo studio dove si va a fare praticantato. Se vai da un Sammarco, tanto per dirne uno, un futuro ce l’hai di sicuro.

Dunque in questa storia dell’avvocato Santoro la responsabilità è riconducibile principalmente all’Ordine, che più che svolgere le sue funzioni, passa il tempo ad inciuciare su come dividersi questa o quella torta. Un magna magna senza fine che miete vittime che non sono i Santoro che alla fine si appatteranno e di fame non muoiono sicuro, ma i cittadini che non potranno mai aspirare ad avere Giustizia a Cosenza. Perché dentro questo squallido sistema di faide, pugnalate alle spalle, infamità, giochi di potere, denaro e malavita, non può esserci “nobiltà di esercizio”. Che è quello che tanti bravi avvocati della nostra città, nonostante tutto, tentano ogni giorno di fare in quella giungla che è il tribunale di Cosenza.

Ogni giorno ne esce una a Cosenza e anche questa vicenda dell’avvocato Santoro, cosi come diciamo da tempo, conferma sempre più l’esistenza di una cupola politica/massonica/mafiosa che governa la città. Altrimenti tutto questo non si spiega.

GdD