Cosenza-Catanzaro, la storia del derby. Gianni Di Marzio, l’eroe dei due mondi

Gianni Di Marzio è scomparso poco più di due anni fa ma Cosenza-Catanzaro appartiene di diritto alla sua storia. Perché, dopo avere scritto la storia del Catanzaro, Di Marzio ha scritto anche quella del Cosenza, riuscendo nell’impresa in cui per 24 lunghi anni non era riuscito nessuno: riportare il Cosenza in Serie B. Gianni Di Marzio è a tutti gli effetti una sorta di moderno “eroe dei due mondi” nella difficile terra di Calabria. Perché ha trionfato sia in giallorosso che in rossoblù, alternando le sue gesta fra panchina e scrivania (solo a Cosenza, però, è stato direttore generale). E’ stato anche duramente contestato per i suoi repentini passaggi da una parte all’altra ma anche in epoche successive c’è sempre stata una parte delle due tifoserie che lo rimpiangeva e ne sognava un ritorno in grande stile per riprovare la scalata nel calcio che conta.

Ma torniamo ai derby tra Cosenza e Catanzaro. Di Marzio è stato fra gli ultimi illustri testimoni dal vivo delle sfide più importanti, quelle di Serie B. Di Marzio allenava le Aquile – che erano ritornate in B una stagione prima dei Lupi – in quella famosa stagione 1988/89. Eppure, appena qualche mese prima, aveva guidato il Cosenza in Serie B dopo 24 anni. Ad appena quattro mesi di distanza dal trionfo di Monopoli, il vulcanico tecnico napoletano aveva deciso di accettare le offerte giallorosse e di sostituire Tarcisio Burgnich. I tifosi cosentini non la prendono molto bene. 

L’accoglienza al buon Gianni al San Vito nella gara di andata è inevitabilmente ironica. La Curva Sud srotola uno striscione che ancora oggi ha del leggendario: “Di Marzio puttana l’hai fatto per la grana”. Gli ultrà ritengono che sia stata proprio un problema di “grana” a far naufragare il progetto del presidente Carratelli di riconfermarlo alla guida del Cosenza in B. Di Marzio, anche a distanza di anni, negherà tutto sdegnosamente.

il 13 novembre 1988 al San Vito finisce 0-0 ma i furiosi incidenti del dopogara tra i celerini e i tifosi rossoblù annulleranno ogni possibile vis polemica.

il 9 aprile 1989 invece ecco un memorabile 3-0 al “Ceravolo” firmato Massimo Palanca. Una tripletta che non lasciò scampo al Cosenza di Bruno Giorgi, ancora in piena corsa per la Serie A e che solo per i perversi meccanismi della classifica avulsa alla fine non riuscì a disputare lo spareggio per la A, che invece giocarono Reggina e Cremonese. Ma quella partita a Catanzaro rimase agli annali perché fu un’altra giornata drammatica di incidenti e scontri. Perché quel giorno nella Curva Est dello stadio di Catanzaro c’erano di nuovo, come nel 1984, 5.000 cosentini e le scene che si videro nel capoluogo ricalcarono pari pari quelle del 1984. Di seguito, l’articolo d’epoca della Gazzetta del Sud.

Tornando alla partita, per anni è aleggiata una sorta di leggenda metropolitana alimentata a dire il vero anche da qualche calciatore. Pare che Di Marzio avesse ordinato un taglio più alto dell’erba dello stadio catanzarese per mettere in crisi i giocatori rapidi del Cosenza. Alberto Urban su tutti. Ma anche in questo caso Di Marzio negava categoricamente e da lì iniziava un racconto tutto d’un fiato che se chiudiamo gli occhi ci sembra ancora di sentire…

«L’ho già detto altre volte ma lo ribadisco: si tratta di una leggenda metropolitana, non è vero niente. Catanzaro-Cosenza rappresenta un orgoglio enorme per me, che ho vinto in entrambe le piazze. Nella stagione 1975/76 portai i giallorossi in serie A, nella stagione 1987/88 i rossoblù in serie B dopo 24 anni di digiuno. Ho stabilito record importanti: la difesa del Catanzaro è stata la meno battuta per 20 anni, a Cosenza collezionai 56 risultati utili in 60 partite a cavallo delle stagioni 1986/87 e 1987/88. Ricordo la passione della gente e le feste memorabili, in particolare quando ci accolsero a Lamezia Terme dopo il salto delle Aquile nel massimo campionato, e a Lagonegro dopo che con il Cosenza abbiamo espugnato Salerno muniti di “elmetti”. Non scorderò mai quei momenti. Le due città sono nel mio cuore…».

Di Marzio ricordando i suoi trascorsi non mancava mai di tracciare un ritratto dei presidenti vincenti insieme a lui: «Innanzitutto Nicola Ceravolo: era un uomo d’altri tempi. Si trattava di uno dei vecchi santoni del calcio italiano, il primo calabrese consigliere di Lega. Anticipò gli altri, stabilendo rapporti d’acciaio con le società del Nord. All’epoca il Catanzaro era leader in Calabria, così come è stato per la Reggina del bravo Lillo Foti. Il Cosenza ha vissuto un periodo d’oro fra gli anni ’80 e ’90, ma gli è mancato quel ruolo che gli auguro vivamente di avere in futuro. La città dei Bruzi meriterebbe il palcoscenico più prestigioso, ma bisogna procedere a forza per gradi, viste le vicissitudini degli ultimi anni».

Arriviamo all’avvocato Carratelli: «Con don Peppino e altri dirigenti si è instaurato un rapporto più affettuoso e diretto rispetto a quelli di Catanzaro». E Gianni coglieva sempre l’occasione, come faceva sempre del resto, per salutare il suo caro amico Paolo Fabiano Pagliuso, che fu il primo ad affidargli una scrivania da direttore generale nel Cosenza degli anni Novanta.

Quando si chiedeva a Di Marzio di riassumere il rapporto di ammirazione ma anche di odio con le due realtà, la risposta era netta. «Se mi hanno richiamato in entrambe le città significa che sono stimato. E’ anche vero che entrambe si sentivano di volta in volta tradite dai cambi di casacca. Metaforicamente ho avuto tante fidanzate  calcistiche, e ho cercato di dare il massimo per sposarle tutte. Io sono un professionista che ha lavorato fra l’altro in società antitetiche: Cosenza e Catanzaro, Catania e Palermo, Brindisi e Lecce, Nocerina e Juve Stabia. Un fattore mi ha dato quasi sempre ragione: i risultati…». E anche in questo caso sembra quasi di sentire la sua voce mentre parla di queste sue “fidanzate”.

E Gianni Di Marzio, puntualmente, fu richiamato a Cosenza anche dopo quel “tradimento” che sembrava insopportabile. E così tornò alla fine del 1989, dopo l’omicidio di Denis Bergamini, e pilotò i Lupi verso una salvezza particolarmente difficile, conquistata all’ultima giornata. A Catanzaro, nella gara di ritorno nella quale era sulla panchina del Cosenza, finì 0-0. Il Cosenza si salvò ma il Catanzaro retrocesse. Nessuno poteva immaginare che quei due derby della stagione 1989-90 sarebbero stati gli ultimi “ufficiali” fino al 2008. Le vicissitudini delle due società sono state infinite. Il Catanzaro, retrocesso alla fine di quel torneo, ha navigato per un decennio in C2. Il Cosenza ha mantenuto il patrimonio della serie B fino al 2003 ma poi è crollato nei Dilettanti per diversi anni.

Poi, finalmente nel derby di Serie C del 27 agosto 2016, favorito anche da una situazione difficile nella società del Catanzaro, il Cosenza tornò a vincere in terra giallorossa dopo 66 anni. Catanzaro-Cosenza 0-3.